2018-04-12
Dalla Isoardi a miss Dzeko. Quando gloria o disfatta dipendono dalla dolce metà
«Cielo mio marito!», ma adesso anche «Cielo mia moglie!». O «il mio compagno!», «il mio convivente!», eccetera. Anche dietro gli allori degli eroi si celano sempre il peso dei retroscena, dei misteri e delle ombre lunghe proiettate dalle famiglie mediatiche dell'era postmoderna. E così, per una singolare coincidenza, dietro le prime pagine e i protagonisti di questi mesi, appare sempre più prepotente il segno del coniuge che con il suo capriccio o con la sua volontà decide per l'altro, si impunta, cambia il corso della storia, il profilo dell'immagine e determina il destino di chi ha scelto di dividere con lui/lei la propria vita.Gli ultimi, anzi le ultime eroine, moderne Erinni del lare domestico - per dire - vestono di giallorosso, e hanno avuto un ruolo decisivo nella vittoria della Roma sul Barcellona. Perché le partite iniziano molto prima dei 90 minuti regolamentari: oggi tutti sono giustamente intenti a parlare degli eroi dell'Olimpico, dell'impresa storica e dei gol di Edin Dzeko e Kostas Manolas, dell'impatto del modulo 4-3-3 o del 4-3-2-1 di Eusebio Di Francesco. Ma a caldo, nella bolla di euforia che si è sprigionata come un fungo nucleare dallo stadio di Roma, nessuno ha pensato che per quella vittoria si dovesse pagare un tributo di riconoscenza alle mogli dei marcatori. Lacrime negli abitacoli delle auto in coda che sciamavano via dal Foro Italico, tutte sintonizzate sulla radio della Roma, e lacrime copiose, con commozione anche per chi ha vissuto il dopopartita a casa. Pochi, facendo uno più uno, nelle ore delle feste febbrili hanno ricordato la bellissima Amra Silajdzic, 33 anni, modella per nulla fatua ma anzi piena di sale in zucca, al punto da impuntarsi, a dicembre, quando il trasferimento del suo Edin al Chelsea era cosa già fatta. Ingaggio quasi raddoppiato, una squadra importante, un euro-allenatore come Antonio Conte che ti vuole a tutti i costi. E invece arriva Amra che ti dice: «Che sei matto?». A te, centravanti bosniaco e cittadino bosniaco, cresciuto sotto le bombe di Sarajevo, poi diventato ricco in Inghilterra, ricorda di tua figlia, nella tua bella villa a Casal Palocco, a metà fra la città e il mare, un passo dal campo di allenamento di Trigoria, in una città a dimensione umana (buche a parte) con i figli che sono contenti delle loro maestre. E quindi quando parla Amra il parametro aritmetico della convenienza cambia, si sposta: vedi di cambiare i suoi criteri, la tua dimensione, il tuo tornaconto. «Lasciamo perdere i soldi!», ha detto Dzeko con la sua bella voce, nella notte della vittoria, a Francesca Benvenuti, inviata di Sport Mediaset, che a caldo gli ricordava del corposo ingaggio sfumato pur di restare in giallorosso. Solo sei mesi prima un destino parallelo era toccato all'altro marcatore della giornata, Kostas Manolas. Il centrale greco, uno dei punti di orgoglio del mercato di Walter Sabatini, stava per fruttare alla Roma una plusvalenza mostruosa: pagato 13 milioni di euro, avrebbe potuto farne incassare 40 con un contatto già firmato dalla società con lo Zenit di San Pietroburgo. Tutto pareva deciso, senonché improvvisamente - nello stupore generale - si scopre che l'accordo salta per via di una richiesta parentale. Nella notte, viene rivelato che a far saltare il colpo è stato un clamoroso «No» di Niki Prevezanou, dea pappe statuaria e solare, nonché moglie del numero 44 della Roma. I dirigenti dello Zenit le hanno ripetuto che l'accordo (che fra l'altro prevede anche il passaggio dell'argentino Paredes) era blindato. E allora ecco il colpo di genio della signora ai manager della squadra russa: «Noi ci trasferiamo solo se il contratto viene onorato in dollari!». Detto ai russi putiniani suona come una bestemmia. E così Paredes va a San Pietorburgo, Manolas resta a Roma, e al suo posto viene ceduto il compagno di squadra Tonino Rudiger. «Forse non verrà convocato» per il ritiro, si legge sui giornali. Invece Niki vince il braccio di ferro, Kostas torna ad allenarsi, ridiventa titolare inamovibile, baluardo, e persino goleador di Champions. Cambia totalmente il campo da gioco, e si arriva alla politica. Dove da trenta giorni si assiste alla rivincita mediatica di Elisa Isoardi. Era stata dipinta come la classica donna ferita dalle voci e dai paparazzi, era stata a sua sorpresa dai fotografi con un altro uomo, alimentando titoli di panna montata. Poi il suo fidanzato ufficiale, Matteo Salvini, diventa candidato premier ed Elisa diventa sulla propria pelle «Spin girl» e comunicatrice in grado di dettare l'agenda. Prima scatena un putiferio con la battuta sulla «donna che deve restare un passo indietro al suo leader». Quindi monopolizza i social con la ormai celebre foto in cui stira le camicie. La rete si scatena, persino nelle parodie. Dapprima con il meme che la ritrae al fianco di Matteo: entrambi vestiti in cotone bianco, lui con il bollo di una di bruciatura a forma di ferro da stiro. Sublime. Ma trattandosi di due scaltri comunicatori non si può non constatare che con quel ferro da stiro Salvini sta facendo cambiare la percezione della sua figura, passando dall'immagine del ragazzo nudo con la cravatta, indossatore di felpe da battaglia, a possibile premier in doppiopetto. Quando ieri mattina un'intellettuale di sinistra come Cristina Comencini ha attaccato la Isoardi dai microfoni di Circo Massimo («Professa subalternità gradita») l'impressione è che la trasformazione in potenziale «conservative first lady» sia già riuscita. Di nuovo nel calcio, ecco Wanda Nara: ex modella vamp, ex sfasciafamiglie, ex divorziata che si sposa con il fidanzato toy boy (nonché ex migliore amico del marito, Maxi Lopez) Mauro Icardi. Ma in due anni la donna dello scandalo cambia la sua immagine e quella del partner: prima donna manager, abile dosatrice di tweet, una che con una battuta su Instagram fa salire o scendere le quotazioni e alimenta le voci di mercato. Ma poi ci sono due (ex) mogli di leader pubblici che con la loro storia in queste ore stanno riscrivendo anche il diritto italiano. La prima è Lisa Lowenstein, già signora dell'ex ministro Vittorio Grilli, che (forse senza volerlo) con la propria causa di separazione produce una sentenza della Corte costituzionale. Che abolisce in suo nome l'istituto controverso del «mantenimento». In nome di un'altra divorziata eccellentissima - Veronica Lario - proprio in queste ore si combatte il conflitto in seno alle istituzioni, su quella sentenza. In alcuni casi invece è l'ex marito che mette nei guai la moglie, come accadde a Virginia Raggi, con la lettera d'amore struggente (però anche imbarazzante) pubblicata subito dopo l'elezione. E in un altro caso sempre nel M5s (dove evidentemente le donne sono emancipate e capofamiglia) c'è l'integerrima deputata Giulia Sarti a rischiare di non esser ricandidata, per una vicenda surreale di bonifici effettuati su delega dall'ex fidanzato che conservava le chiavi informatiche del conto anche dopo la separazione. Per ore l'Ansa e le agenzie - alla vigilia del voto - davano notizia degli interrogatori della deputata e del suo poliedrico ex consulente, ex fidanzato, ed ex collaboratore Bogdan Andrea Tibusche, detto Andrea De Girolamo. Ma una moglie non ancora ex aveva messo nei guai l'ex comandante Gregorio De Falco, quando i verbali di un colloquio per aggressione (non trasformato in denuncia) erano finiti sui giornali. In appena 48 ore, per i sostenitori del comandante la macchia diventa medaglia quando con un altro colpo di scena Raffaella Iebba, la signora in questione, prende parola è dichiara pubblicamente: «Non ho deposto in questura contro mio marito né ho affermato che avrebbe usato violenza su di me. Credo in lui, nella sua capacità e onestà». Era vera la pela notizia o la smentita? Nel circo dei social l'ultima notizia lascia il segno. Verità, indiscrezioni, correzioni di parabola, come e più di prima si giocano sul terreno del privato, dell'indiscreto, del boomerang mediatico cavalcato per essere disinnescato. La moglie di Bonolis con i suoi aereopost sui social. Oppure l'ultimissimo colpo di scena, l'asta che a 5 anni dalla separazione dall'ormai ex moglie Danielle Spencer, Russel Crowe organizza a Sidney per ammortizzare le spese legali del divorzio. Per altri sarebbe stato stato un boomerang, per lui diventa un trionfo, soprattutto quando si scopre che i suoi fan hanno pagato 70.000 dollari per una biga del Gladiatore e 7.000 per un sospensorio (sic!) usato in Cinderella Man. Risultato? In cinque ore Crowe raccoglie 3,7 milioni di dollari australiani, vendendo 192 dei 227 articoli inseriti in un catalogo intitolato The art of divorce. Geniale. La storia si chiude con il post sarcastico di Russel: «Non volevo separarmene. Spero che tu sia felice e impegnata». Negli anni Settanta si diceva che il pubblico era privato, perché ogni gesto doveva avere in ogni caso un significato politico, a partire dal corpo nudo di John Lennon e Yoko Ono. Oggi è il privato che diventa pubblico in un unico flusso social-mediatico-comunicativo. I potenti, chiusi nella gabbia di vetro di un reality in cui nulla può essere più velato, trasformano la storia privata in narrazione. La scelte coniugali in pubblica strategia. Chiedete ai tifosi della Roma se non sono contenti degli effetti.