2024-03-15
Pure l’islam si butta su TikTok con le influencer del Ramadan
Il mese sacro dei musulmani quest’anno è un trend sul social dei giovanissimi: le protagoniste danno consigli sul digiuno, ma anche su trucco e abiti per pregare. Frivolezze che faranno storcere il naso ai più integralisti.La generazione Tik Tok festeggia il Ramadan sui social. In questi ultimi giorni, se si accede alla piattaforma capita di imbattersi sempre più spesso in video di utenti che con l’hashtag «Ramadan 2024» raccontano il mese (iniziato quest’anno lo scorso 10 marzo) in cui nel mondo islamico si pratica il digiuno in commemorazione della rivelazione del Corano a Maometto. Si tratta di un mese sacro per due miliardi di musulmani, di cui circa 30 milioni in Europa. Ma come funziona il digiuno? Cosa si può fare dall’alba al tramonto? Cosa si deve indossare? Lo spiegano i tiktokers, anzi, le tiktokers. Perché sono soprattutto le ragazze - tra una skin care e la scelta dell’outfit giusto per la giornata - a dare tutte le istruzioni. Le più esperte sono chiaramente le giovani, di famiglia soprattutto marocchina o egiziana. Titolo dei video: «Vi porto con me nel primo (e poi secondo, terzo eccetera, ndr) giorno di Ramadan», oppure «Grwm per andare in moschea» (per i boomer, Grwm è l’acronimo di «get ready with me», ovvero preparati con me). In questo filone è bravissima Mariam Ali: sveglia alle 4.20, la prima cosa che fa è «bere tanta acqua», poi mostra le decorazioni tipiche della festa messe in tutta la casa come le lanterne colorate (fanus, in arabo) . Non mancano mai i datteri, «essenziali per il pasto pre-alba, fonte di fibre e di potassio, le noci per l’omega 3 e le mandorle per il magnesio». Ma anche tanto yogurt bianco perché non fa venire sete il giorno dopo. Quando sorge il sole stop al cibo e all’acqua. Ci si deve lavare e vestire per la prima preghiera del giorno. C’è chi mostra il Corano personalizzato, da leggere tutto entro la fine del mese. C’è chi registra tutorial sulle ricette da preparare per dopo il tramonto e chi fa le prove degli abiti (pardon, l’«outfit per andare in moschea»). Lunghi e larghi. Sotto, il pantalone della tuta e una maglia a collo alto «perché poi fa freddo». E chiaramente il velo, in palette. Trucchi consentiti: quindi mascara, eyeliner e rossetti consigliati. Altre tiktoker preferiscono concentrare l’attenzione sulla tecnologia: ci sono altri consigli sulle app che semplificano la lettura del Corano per chi non è fluent in arabo o sul «Ramadan planner» scaricato sui dispositivi mobili con tutte le «tips»(i suggerimenti) per prepararsi ai giorni di digiuno e pure la «Ramadan challenge» con tutti gli obiettivi da raggiungere giorno per giorno (perché «bisogna uscire dal mese sacro migliori di come si è entrati»). Oggi esistono applicazioni che permettono a chi festeggia di fare tutto, dal cronometrare le preghiere al donare più facilmente in beneficenza tramite smartphone. Una parte importante del Ramadan è la donazione a chi è meno fortunato di te.Non mancano le coetanee che, pur non essendo di religione musulmana, in queste settimane provano il digiuno mostrando le dirette quotidiane davanti a una ring light e alla telecamera del telefonino. Per provare, o per lanciare un «messaggio di pace» con tanto di bandierine pro Pal nel profilo. Altre raccontano invece come è vivere accanto a un fidanzato musulmano nel periodo del Ramadan (non ci possono essere contatti intimi né abbracci e baci). E qualcuna tenta un giorno di digiuno (uno solo e soffertissimo) per solidarietà. Poi c’è il marketing. Quasi 380.000 follower seguono i social di Hijab Paradise (TikTok compreso), boutique di Bologna dedicata alla moda musulmana: dai tutorial su come indossare il velo, come fissarlo, quale tessuto è meglio usare a seconda delle stagioni, il make-up, l’abito da cerimonia e in questo periodo è gettonatissima la Ramadan Collection con calendari, palloncini, decorazioni, libri e federe. Non manca l’adv per il Ramadan Calendar, una specie di calendario dell’avvento per i più piccoli con le finestrelle da aprire ogni giorno del mese. Guardando questa raffica di video su TikTok sorgono molti spunti di riflessione e anche qualche domanda. La piattaforma (controllata dai cinesi di ByteDance) diffonde i contenuti tramite un «sistema di raccomandazione» basato sulla profilazione algoritmica dell’utenza, che seleziona costantemente quali video destinare a ciascun consumatore nelle sezioni denominate «Per Te» e «Seguiti», con l’obiettivo di aumentare le interazioni tra utenti e il tempo speso sulla piattaforma. L’offerta corrisponde alla domanda (e all’interesse dei tiktokers per il Ramadan) o la diffusione di questi video viene «spinta» dalla piattaforma? Viene, inoltre, da chiedersi cosa penseranno i musulmani più integralisti di questi ragazzi e ragazze che stanno facendo diventare social e commerciale il «mese sacro». Rendendolo sempre più simile al nostro Natale, che ha ormai perso il senso più profondo della festività religiosa. Detto in altri termini: è la cultura islamica che sta conquistando i giovani utenti di TikTok (già assai sensibili all’attivismo social su pace e Palestina) o il consumismo più «occidentale» sta conquistando i giovani influencer musulmani? Forse entrambi. Il potere della condivisione, diceva una giovane influencer tanto tempo fa. Prima di finire travolta da un pandoro di Natale.
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
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