2019-12-11
L'irpef dei dipendenti delle ambasciate manda in confusione le Entrate
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L'imposta sul reddito dei lavoratori delle rappresentanze diplomatiche in Italia manda in tilt l'Agenzia. L'Amministrazione fiscale nel 2018 ha infatti iniziato a richiedere ai dipendenti delle delegazioni estere gli arretrati non versati a partire dal 2012. Negli anni passati aveva però risposto a un'interpellanza: no all'obbligo di presentare alcun tipo di dichiarazione dei redditi. I lavoratori delle ambasciate non si sono mai preoccupati di versare l'Irpef dovuto perché hanno sempre ricevuto un Cud con la dicitura «reddito esente da imposte» (diversi) pareri rilasciati dagli uffici del ministero degli Affari esteri (Mae) ai consulenti legali delle diverse delegazioni estere che confermavano l'esenzione fiscale. E attestati, da parte dell'ambasciata di riferimento, dove veniva specificato come si è «esenti dal pagamento di ogni tasse ed imposta, personale o reale, nazionale, regionale e comunale». Nel documento, siglato dall'ambasciata, che la Verità ha visionato, si legge anche come «il presente attestato è rilasciato, su richiesta dell'interessato, per servire e valere a tutti gli effetti di Legge». Oltre a questo documento, negli anni passati c'è stata anche la risposta dell'Agenzia delle entrate. Secondo i documenti, l'Amministrazione fiscale, avrebbe infatti risposto come i lavoratori dell'ambasciate fossero esonerati dalla dichiarazione dei redditi. Il quesito chiedeva dunque se gli «impiegati dell'ambasciata debbano presentare dichiarazione di reddito (solo lavoro dipendente) e se in fase di liquidazione debbano dichiarare anche la liquidazione. Di solito i Cud delle ambasciate sono vuoti, cioè hanno solo il reddito inserito». Il quesito specificava anche come «consideri che molti di noi sono nullatenenti e percepiscono busta paga con lordo che corrisponde al netto». L'Agenzia delle entrate aveva risposto come «in merito a tale problematica… qualora lei sia titolare solo dei redditi descritti nel quesito è esonerato dalla presentazione della dichiarazione dei redditi».L'Amministrazione fiscale aveva dunque chiarito, a tempo debito, come gli impiegati delle ambasciate non dovessero essere soggetti alla dichiarazione dei redditi e dunque al pagamento dell'Irpef. Eppure, nonostante tutto ciò l'anno scorso l'Amministrazione fiscale ha iniziato a richiedere pagamenti risalenti al 2012 di Irpef non pagato. Le incongruenze però non finisco qua, perché non sapendo o ignorando la risposta dell'Agenzia delle entrate, Giovanni Tria, ex Ministro dell'economia e delle finanze, aveva risposto ad un'interrogazione sulla materia come «le ragioni giuridiche a sostegno della pretesa erariale (da parte dell'Agenzia delle entrate)» fossero legittime. Ma che si sarebbero dovuti avviare dei tavoli tecnici con le rappresentanze diplomatiche e l'Agenzia delle entrate per trovare delle soluzioni ai problemi. Da allora però questa riunione non c'è stata. Si è solo tenuto un incontro il 28 novembre presso il Ministero del lavoro, conclusosi con un nulla di fatto. Sergio Giangregorio, Segretario generale Ceuq – Fq, ha dichiarato come sia «davvero sorprendente che negli anni non si abbia saputo cogliere il segnale di sofferenza e difficoltà di questi lavoratori atipici costretti a svolgere la propria attività senza tutele». Il tavolo tecnico, non ancora in programma, risulta però essere importante per due motivi. Il primo, dirimere una volta per tutti questo problema fiscale con l'Agenzia delle entrate. I lavoratori delle rappresentanze diplomatiche in Italia devono dunque sapere con certezza se devono o no pagare l'Irpef. Secondo, il tavolo tecnico è necessario dato che i lavoratori non possono rivalersi né contro le rappresentanze diplomatiche, visto che queste non hanno l'obbligo di fare da sostituti di imposta, né sui propri datori di lavoro, dato che sono coperti dall'immunità all'esecuzione forzata. La soluzione del problema è ancora lontana e per il momento gli unici sui quali si sta rivalendo l'Agenzia delle entrate sono proprio i dipendenti che hanno seguito le indicazione del Mea, dei vari legali, dell'Ambasciata di riferimento e della stessa Amministrazione fiscale. L'aspetto che però rimane particolare è come abbia fatto il Ministero dell'economia e delle finanze a non sapere della risposta data dall'Agenzia delle entrate ai lavoratori delle ambasciate in merito al pagamento dell'Irpef, prima di formulare una risposta durante un'interrogazione parlamentare.