2025-06-24
Le basi degli Usa sotto attacco «telefonato»
Il frame di un video dell'attacco missilistico iraniano a una base Usa in Qatar
Dieci missili sull’installazione in Qatar (già evacuata, anche da militari italiani e aerei). Doha: «Testate intercettate, valutiamo se rispondere». Gli Stati Uniti confermano: «Non ci sono vittime». Il «New York Times»: Washington aveva saputo tutto in anticipo.Donald Trump, nel mirino degli ayatollah, allertato al G7 in Canada.Lo speciale contiene due articoli.La ritorsione iraniana contro gli Stati Uniti è arrivata. Ma non sembra essere stata all’altezza dei toni roboanti usati dai vertici della Repubblica islamica. Ieri, poco prima delle 19 italiane, le forze di Teheran hanno lanciato almeno dieci missili contro una base americana in Qatar e uno contro un’altra base in Iraq. Quest’ultimo blitz è stato poi smentito da un funzionario statunitense a Reuters. Più o meno negli stessi istanti, il regime khomeinista confermava l’avvio delle operazioni belliche contro il personale militare statunitense nella regione mediorientale, denominata «Benedizione della vittoria». Alla televisione di Stato iraniana, un funzionario ha definito «devastante e potente» il lancio missilistico. «La Casa Bianca e il Dipartimento della Difesa sono consapevoli di quanto sta accadendo e monitorano attentamente le potenziali minacce alla base aerea di Al Udeid in Qatar», ha invece affermato un funzionario della Casa Bianca, mentre l’attacco era in corso. Nbc News ha frattanto riferito che l’offensiva iraniana è stata monitorata nella situation room dallo stesso Donald Trump insieme al capo del Pentagono, Pete Hegseth. «Le difese aeree del Qatar hanno sventato l’attacco e intercettato con successo i missili iraniani», ha dichiarato più tardi il ministero degli Esteri di Doha, aggiungendo che non si sono registrate vittime. Anche un funzionario statunitense ha detto ieri sera alla Cnn di non essere a conoscenza di feriti o morti. La tv di Stato iraniana ha invece sostenuto che almeno tre missili di Teheran sarebbero riusciti a colpire Al Udeid, mentre con Reuters gli Usa hanno sposato la versione del Qatar. Fox sostiene che anche gli americani abbiano collaborato a intercettare i razzi. Allarmi sono stati diramati anche nelle basi americane situate in Kuwait e Bahrein. «La portata della rappresaglia iraniana, in particolare il numero delle vittime, determinerà la risposta del presidente Trump», ha sottolineato ieri Axios, mentre l’offensiva era ancora in corso. Negli ultimi giorni, l’inquilino della Casa Bianca aveva intimato agli ayatollah di non effettuare ritorsioni all’attacco contro i siti nucleari. È comunque assai probabile che Washington si aspettasse un bombardamento contro la base di Al Udeid: non a caso, nei giorni scorsi, gli americani avevano spostato i loro caccia da quella struttura. Lo stesso governo di Doha ha reso noto ieri che la base era stata precedentemente «evacuata». Ad Al Udeid sono in servizio anche dieci militari italiani che, al momento dell’attacco, erano al sicuro altrove, come ha poi confermato il ministro Guido Crosetto. Particolarmente dura si è rivelata la reazione del Qatar, che ha definito il lancio missilistico iraniano come «una flagrante violazione della sua sovranità e del suo spazio aereo». «Affermiamo che lo Stato del Qatar si riserva il diritto di rispondere direttamente in modo proporzionale alla natura e alla portata di questa palese aggressione in conformità al diritto internazionale», ha aggiunto. Parole che ci portano a formulare due ipotesi alternative. Se Doha ha parlato seriamente, si profila un incremento della tensione tra Qatar e Iran: il che rafforzerebbe il crescente isolamento internazionale in cui versa il regime khomeinista. Esiste tuttavia un’altra interpretazione. Dobbiamo partire dal fatto che Doha e Teheran intrattengono rapporti molto solidi. E infatti, ieri sera i pasdaran hanno blandito i qatarini, sottolineando che l’incursione era diretta contro gli americani, non contro i loro « fraterni amici». La notizia dell’attacco iraniano era stata diffusa dai media diversi minuti prima che si verificasse. Anche il fatto che la base del Qatar fosse stata preventivamente evacuata la dice lunga. Lo stesso New York Times ha rivelato che, in occasione dell’attacco, l’Iran si sarebbe coordinato con funzionari di Doha. Axios ha poi riferito che gli americani sarebbero stati addirittura avvertiti in anticipo. E allora che cosa è successo? È successo che l’Iran doveva salvare la faccia dopo l’offensiva subita sabato dagli americani contro i suoi siti nucleari. Dall’altra parte, non poteva però permettersi ritorsioni in grande stile senza attirarsi addosso una pesantissima controreazione da parte della Casa Bianca. Chiaramente ci stiamo riferendo alla situazione nel momento in cui La Verità è andata in stampa ieri sera. A meno che non si siano verificati ulteriori sviluppi nella notte, non è da escludere che quella di ieri sia stata un’offensiva simbolica, volta a evitare una vera escalation con gli Stati Uniti. È chiaro che, se le cose stessero realmente così, ciò evidenzierebbe, una volta di più, la clamorosa debolezza che caratterizza ormai strutturalmente il regime khomeinista. Quando La Verità andava in stampa, Trump non aveva ancora parlato, la Cnn, citando fonti a lui vicine, assicurava che egli non vuole un maggiore coinvolgimento militare, nonostante l’attacco. Ieri, prima del raid, la Casa Bianca aveva riferito che il presidente era ancora aperto all’opzione diplomatica con gli ayatollah. Dall’altra parte, domenica sera, il diretto interessato era sembrato aprire all’ipotesi di un cambio di regime a Teheran. Inoltre, sempre prima del lancio missilistico iraniano, il presidente aveva auspicato che «tutti tenessero basso il prezzo del petrolio»: un avvertimento rivolto principalmente proprio all’Iran, che starebbe considerando di chiudere lo Stretto di Hormuz. Un ultimo dettaglio interessante è che, ieri, l’Arabia Saudita ha condannato l’attacco iraniano. Quella stessa Arabia Saudita che, pur in una fase di distensione con gli ayatollah dal 2023, ha sempre temuto il loro programma nucleare.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/iran-attacco-basi-qatar-2672419595.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="i-timori-oltreoceano-attentatori-infiltrati-dal-confine-col-messico" data-post-id="2672419595" data-published-at="1750712626" data-use-pagination="False"> I timori Oltreoceano: «Attentatori infiltrati dal confine col Messico» L’Iran avrebbe messo in guardia il presidente Donald Trump, avvertendolo che un eventuale attacco contro Teheran avrebbe attivato cellule dormienti già operative sul suolo statunitense. A riferirlo è l’emittente Nbc, secondo cui il monito sarebbe stato trasmesso a Trump attraverso un intermediario nel corso del vertice del G7 tenutosi in Canada la settimana scorsa. Fonti citate dalla rete statunitense parlano di una minaccia esplicita che ha spinto l’amministrazione americana a elevare lo stato di allerta interna. Il Dipartimento per la sicurezza interna ha infatti diffuso un avviso in cui si segnala un’escalation del rischio: «Il conflitto con l’Iran sta creando un ambiente di minaccia elevata negli Stati Uniti». Ma quella delle cellule dormienti è una minaccia nuova? Solo per chi ha poca memoria. L’Iran, che da decenni esporta il terrorismo in tutto il mondo, ha sempre fatto affidamento su tattiche asimmetriche contro nemici più forti, compresi gli attacchi terroristici.Sono decine invece i tentati rapimenti di oppositori al regime e di giornalisti sgraditi ai mullah, gli omicidi e gli attentati sventati in tutto il mondo, uno tra tutti quello contro lo scrittore dei Versi satanici, Salman Rushdie avvenuto 12 agosto 2022, quando il cittadino americano di origine libanese, Hadi Matar, che era in contatto con i servizi di intelligence iraniani (Vevak), tentò di ucciderlo a coltellate al Chautauqua Institute di Mayville, nello Stato di New York. Matar il 16 maggio scorso è stato condannato a 25 anni di carcere. Nel 1983, gli Stati Uniti accusarono l’Iran di aver orchestrato gli attentati di una caserma dei Marines e dell’ambasciata a Beirut attraverso il suo rappresentante libanese, Hezbollah, uccidendo centinaia di persone; senza dimenticare quello che accadde il 18 luglio 1994, quando un camion imbottito di esplosivo si schiantò contro la sede dell’Amia, l’associazione mutualistica ebraica a Buenos Aires, provocando 85 morti e oltre 300 feriti.Dopo l’uccisione del generale iraniano Qassem Soleimani, avvenuta nel gennaio 2020 presso l’aeroporto di Baghdad tramite un attacco con drone, autorizzato da Trump durante il suo primo mandato, l’Iran rispose con un lancio di missili contro basi militari statunitensi in Iraq. Secondo fonti ufficiali statunitensi e analisti della regione, la risposta di Teheran fu deliberatamente blanda onde scatenare un conflitto aperto con gli Stati Uniti. Da quel momento, tuttavia, Trump è stato considerato «un obiettivo legittimo» dal Vevak. A tal punto che, durante la successiva campagna elettorale, il suo staff chiese all’amministrazione Biden un rafforzamento delle misure di sicurezza per i suoi spostamenti. Una richiesta motivata da un rapporto proveniente da «un Paese alleato», secondo cui l’Iran stava pianificando un attentato per eliminare il futuro presidente mentre si trovava a bordo del suo aereo.Su quanti uomini può contare il Vevak negli Stati Uniti? Certamente centinaia, che negli anni si sono infiltrati in ogni settore della società. Ma il vero pericolo è rappresentato da coloro che sono arrivati illegalmente dal Messico. Secondo quanto riferito da una fonte di alto livello della Us Customs and border protection (Cbp), durante l’amministrazione Biden, oltre 1.500 cittadini iraniani sono stati arrestati mentre cercavano di entrare illegalmente negli Stati Uniti attraverso il confine con il Messico. Di questi, quasi la metà è stata successivamente rilasciata e autorizzata a rimanere nel Paese. Nel dettaglio, tra l’anno fiscale 2021 e quello del 2024, gli agenti della Cbp hanno fermato 1.504 cittadini iraniani. Tra loro, 729 sono stati rilasciati all’interno del territorio statunitense e oggi nessuno sa dove siano e cosa facciano realmente. Di sicuro possono allearsi con le cellule di al-Qaeda (molto presenti negli Usa) che da tempo sognano di fare un nuovo 11 settembre.
Nel riquadro, l'ad di Rina Consulting Michele Budetta (Courtesy Rina Consulting)
I vertici militari Usa riuniti a Quantico, Virginia (Getty Images)
Donald Trump (Getty Images)