2025-01-31
Investitori in fuga dai fondi Esg già prima del ciclone The Donald
Antonella Massari, segretario generale associazione italiana Private banking (Imagoeconomica)
Massari (Private banking): «Non si vede l’impatto reale, già nel 2022 trend cambiava».«Già due anni fa l’indagine sulla clientela Private in Italia realizzata da Aipb in collaborazione con BVA-Doxa ci aveva detto che la percentuale di clienti fiduciosi nelle tematiche Esg era scesa del 7%, passando al 33% contro il 40% del 2021. E nonostante l’ultima ricerca condotta nel 2024 su una base rappresentativa della clientela Private abbia certificato un lieve miglioramento resta alta la percentuale degli scettici: il 33% resta convinto che si tratti di operazioni di facciata e il 22% non ha una opinione, andando a formare una maggioranza che si mostra ancora lontana dalle tematiche Esg. Il 31% inoltre, non ha mai considerato il settore Esg nei suoi investimenti e addirittura il 48% non soltanto non li ha considerati, ma non intende farlo in futuro». A spiegare le dinamiche degli investimenti rispettosi del fatore ambientale, sociale e della governance alla Verità è Antonella Massari, segretario generale associazione italiana Private banking. L’industria del Private banking (servizi bancari rivolti a una clientela dotata di patrimoni di entità rilevante) gestisce 1.242 miliardi, quasi la metà della ricchezza investita delle famiglie italiane e ha quindi uno sguardo privilegiato rispetto alle nuove tendenze della finanza. I recenti dati di Morningtar, evidenziati dal Sole 24 Ore, parlano di riscatti record nell’ultimo trimestre del 2024, quando i fondi Esg hanno registrato il record di uscite, 7,3 miliardi di euro ritirati solo dai fondi europei. Cosa vuol dire? «L’industria dei servizi finanziari», evidenzia ancora la Massari, «continua a pensare che l’Esg sia un tema molto importante, il punto è che bisogna riuscire a spiegare meglio all’investitore il reale impatto delle aziende in cui si investe. L’Europa sta ora procedendo verso una veloce semplificazione portando in approvazione il prossimo 26 febbraio il pacchetto Omnibus per smuovere un settore di cui aveva fatto una bandiera e che, al netto dell’eccesso di adempimenti, può rilanciare gli obiettivi di diversificazione delle fonti di energia e la spinta verso una governance più evoluta delle aziende». Insomma, al di là dell’effetto Trump che c’è stato e ci sarà - difficile per esempio dire fino a che punto l’elezione di The Donald, che ha un approccio assai critico verso il Green deal, abbia inciso sulla decisione dei maggiori asset manager globali di abbandonare la Net zero asset managers initiative -, la crisi dell’Esg in Europa va ricondotta alla difficoltà di calcolare il reale impatto degli investimenti che si fanno sul sociale e sull’ambiente e alla complessità normativa. A questo proposito, va segnalato che la nuova agenda europea parla di un massiccia opera di semplificazione normativa che riguarderà soprattutto le tematiche verdi. Ma evidentemente c’è tantissimo lavoro da fare. Da gennaio è entrata in vigore la Corporate sustainability reporting directive, meglio conosciuta come Csrd. Di cosa si tratta? È la direttiva europea che obbliga molte aziende a pubblicare una relazione focalizzata su aspetti legati alla sostenibilità, come ambiente, sociale e governance. Esg, appunto. La Csrd va a sostituire la Nfrd, introdotta nel 2014, e considerata insufficiente. La nuova direttiva garantisce quindi informazioni comparabili, affidabili e utili, ma alla fine impone nuovi orpelli burocratici a manager e aziende. Numeri? Circa 50.000 imprese sono coinvolte. Tutte quelle con più di 250 dipendenti che hanno un fatturato di 50 milioni. Ma non solo. Sono ricomprese pure le piccole e medie imprese quotate in borsa e le aziende extra-Ue con un fatturato annuale superiore a 150 milioni di euro nel mercato europeo. I gruppi sottoposti alla nuova disciplina dovranno, per esempio, dare informazioni sulle emissioni di Co2, la diversità di genere all’interno del consiglio di amministrazione, oppure le condizioni di lavoro tra subappaltatori e fornitori. Ma ci sono richieste anche sul rispetto dei diritti umani e le corrette politiche di welfare. In tutto ben 1.178 campi Esg da compilare. Roba da far scappare anche il più scrupoloso degli imprenditori.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)
13 agosto 2025: un F-35 italiano (a sinistra) affianca un Su-27 russo nei cieli del Baltico (Aeronautica Militare)
La mattina del 13 agosto due cacciabombardieri F-35 «Lightning II» dell’Aeronautica Militare italiana erano decollati dalla base di Amari, in Estonia, per attività addestrativa. Durante il volo i piloti italiani hanno ricevuto l’ordine di «scramble» per intercettare velivoli non identificati nello spazio aereo internazionale sotto il controllo della Nato. Intervenuti immediatamente, i due aerei italiani hanno raggiunto i jet russi, due Sukhoi (un Su-27 ed un Su-24), per esercitare l’azione di deterrenza. Per la prima volta dal loro schieramento, le forze aeree italiane hanno risposto ad un allarme del centro di coordinamento Nato CAOC (Combined Air Operations Centre) di Uadem in Germania. Un mese più tardi il segretario della Nato Mark Rutte, anche in seguito all’azione di droni russi in territorio polacco del 10 settembre, ha annunciato l’avvio dell’operazione «Eastern Sentry» (Sentinella dell’Est) per la difesa dello spazio aereo di tutto il fianco orientale dei Paesi europei aderenti all’Alleanza Atlantica di cui l’Aeronautica Militare sarà probabilmente parte attiva.
L’Aeronautica Militare Italiana è da tempo impegnata all’interno della Baltic Air Policing a difesa dei cieli di Lettonia, Estonia e Lituania. La forza aerea italiana partecipa con personale e velivoli provenienti dal 32° Stormo di Amendolara e del 6° Stormo di Ghedi, operanti con F-35 e Eurofighter Typhoon, che verranno schierati dal prossimo mese di ottobre provenienti da altri reparti. Il contingente italiano (di Aeronautica ed Esercito) costituisce in ambito interforze la Task Air Force -32nd Wing e dal 1°agosto 2025 ha assunto il comando della Baltic Air Policing sostituendo l’aeronautica militare portoghese. Attualmente i velivoli italiani sono schierati presso la base aerea di Amari, situata a 37 km a sudovest della capitale Tallinn. L’aeroporto, realizzato nel 1945 al termine della seconda guerra mondiale, fu utilizzato dall’aviazione sovietica per tutti gli anni della Guerra fredda fino al 1996 in seguito all’indipendenza dell’Estonia. Dal 2004, con l’ingresso delle repubbliche baltiche nello spazio aereo occidentale, la base è passata sotto il controllo delle forze aeree dell’Alleanza Atlantica, che hanno provveduto con grandi investimenti alla modernizzazione di un aeroporto rimasto all’era sovietica. Dal 2014, anno dell’invasione russa della Crimea, i velivoli della Nato stazionano in modo continuativo nell’ambito delle operazioni di difesa dello spazio aereo delle repubbliche baltiche. Per quanto riguarda l’Italia, quella del 2025 è la terza missione in Estonia, dopo quelle del 2018 e 2021.
Oltre ai cacciabombardieri F-35 l’Aeronautica Militare ha schierato ad Amari anche un sistema antimissile Samp/T e i velivoli spia Gulfstream E-550 CAEW (come quello decollato da Amari nelle immediate circostanze dell’attacco dei droni in Polonia del 10 settembre) e Beechcraft Super King Air 350ER SPYD-R.
Il contingente italiano dell'Aeronautica Militare è attualmente comandato dal colonnello Gaetano Farina, in passato comandante delle Frecce Tricolori.
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