2022-08-26
Anziché fermare la guerra fermiamo le trivelle
Dato che siamo alla canna del gas, l’Italia si permette il lusso di buttare un po’ di soldi dalla finestra: in fondo, quando c’è da scialare siamo i numeri uno. Così, nel pieno della più grave crisi energetica dopo lo shock petrolifero di mezzo secolo fa, con un prezzo del gas che ha raggiunto i 324 euro a megawattora, cioè dieci volte di più rispetto a inizio 2021, ci togliamo lo sfizio di risarcire con 190 milioni l’azienda inglese a cui, per le proteste dei verdi, abbiamo impedito di estrarre metano in Adriatico. Era il 2016 quando la Rockhopper ottenne il via libera per trivellare entro le 12 miglia dalla costa chietina. Peccato che a quell’epoca gli ecologisti fossero sul piede di guerra per impedire le estrazioni in mare e Matteo Renzi fosse con il piede sull’acceleratore per farsi incoronare padre costituente della seconda Repubblica. Dunque, siccome i comitati protestavano contro le ricerche in Adriatico e l’allora presidente del Consiglio aveva bisogno della pace sociale per far approvare la riforma della Costituzione, le trivelle della Rockhopper furono fermate. Non abituati a essere stoppati dalla politica, quelle teste quadre dei sudditi di Sua Maestà si rivolsero perciò a un tribunale per veder riconosciute le proprie ragioni e, soprattutto, per ottenere un risarcimento come conseguenza dello stop ingiustificato. Probabilmente, a Palazzo Chigi scommettevano sui tempi lunghi della giustizia all’italiana, nella speranza che gli inglesi prima o poi si stancassero e rinunciassero alla causa. In effetti, ci sono voluti sei anni per ottenere una sentenza di primo grado, ma alla fine la condanna per lo Stato è arrivata e fanno 190 milioni più interessi che, con l’attuale inflazione, rischiano di essere un salasso. A questa notizia, che già lascia di stucco perché oggi di quel benedetto gas che sta sotto i fondali marittimi avremmo un gran bisogno per ridurre la dipendenza da Mosca, se ne aggiunge un’altra. In Basilicata, le compagnie petrolifere hanno raggiunto un accordo con la Regione che consentirà alle famiglie lucane di vedere dimezzata la bolletta. In pratica, a chi abita nella regione verranno abbuonati i consumi e si dovranno versare solo gli oneri di sistema e i costi di trasporto. Pur di continuare a estrarre gas in Basilicata, le compagnie hanno infatti accettato di «regalare» agli utenti della zona 200 milioni di metri cubi di metano l’anno, all’incirca un quinto di ciò che viene pompato. Ovviamente, le multinazionali che trivellano il sottosuolo non si sono trasformate in Onlus pronte a fare beneficenza nei confronti di chiunque viva a Matera e dintorni. Semplicemente, visto l’andazzo e anche quello che è successo in passato alla Rockhopper, alla British gas o alla Repsol, due colossi a cui è stata impedita la costruzione di rigassificatori, vogliono evitare noie con gli ambientalisti e dunque per risarcire i disagi si sono dichiarate pronte a mettere mano al portafogli preventivamente. Non si sa mai.Tutto ciò la dice lunga su come siamo messi. Quest’inverno rischiamo di battere i denti e molte aziende stanno alzando bandiera bianca perché le bollette ormai sono roba da milionari, ma in tema di trivellazioni, ricerca di nuovi giacimenti e di impianti di stoccaggio, continuiamo a fare gli schizzinosi. Il caso più clamoroso è quello toscano, dove a Piombino comitati e autorità locali hanno fatto muro contro la realizzazione del rigassificatore galleggiante, opera che pur non risolvendo il problema delle forniture energetiche, di certo aiuta, ma in città è presentata come una bomba ambientale e dunque osteggiata in tutti i modi. In una tale situazione e con il prezzo della materia prima alle stelle, delle forze politiche che abbiano a cuore il futuro del proprio Paese dovrebbero impegnarsi per proporre soluzioni o, quantomeno, per dire qualche cosa di concreto su come ridurre per le tasche dei cittadini l’impatto del prezzo del gas. Invece a che cosa assistiamo? Enrico Letta parla di tutto, del video postato da Giorgia Meloni sulla violenza a Piacenza, degli asili e di aborto, ma su come salvare i bilanci familiari si astiene. Luigi Di Maio, convinto di essere uno statista internazionale, invece è partito per l’Ucraina: naturalmente dopo che ci sono stati tutti gli altri. Carlo Calenda, il più furbo, per aiutare gli italiani propone di fermare la campagna elettorale e non si capisce se è per risparmiare benzina o risparmiarsi una sconfitta. Sì, anche nel momento più difficile, la politica dà il peggio di sé e non dice ciò che sussurra a mezza voce nei corridoi, ovvero che il modo più rapido per fermare la crescita del prezzo del gas è fermare la guerra. In un mondo in cui anche i leader politici sono abituati a fare i macho con la pelle degli altri, nessuno vuol passare da cacasotto.
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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Mark Zuckerberg (Getty Images)