
Lo stilista britannico: «Per far crescere il mio marchio ho dovuto spostare la produzione nella Penisola. Qualità, artigianalità e innovazione: non c’è luogo simile al mondo. Mi hanno influenzato Bowie e i Sex Pistols. Adesso firmo case e hotel esclusivi».Diresti che è inglese al solo vederlo. E se facesse parte di una band, sarebbe altrettanto ovvio. Non è un caso che a ispirare John Richmond siano state rockstar come David Bowie, Mick Jagger e Freddie Mercury, ma anche i Led Zeppelin e Jimi Hendrix. «Il lavoro di uno stilista, però, non è come quello di un cantante che lancia un disco e ha tutto il tempo per trovare l’ispirazione. Nella moda hai dei tempi precisi da rispettare», spiega lo stilista che ha anticipato tante mode ed è facile pensare che abbia fatto scuola a tanti giovani designer che da lui hanno trovato idee e creatività.Quando è nata la tua passione per la moda? «I miei primi ricordi legati alla passione per la creazione di abiti risalgono a quando avevo circa 6 anni: realizzavo vestiti per il mio Action Man, una popolare action figure militare per ragazzi. Tuttavia, è stato intorno agli 11 anni che ho iniziato a sviluppare una vera consapevolezza dello stile e del vestirsi bene. Da quel momento, ne sono diventato completamente dipendente».Qual è stato il tuo percorso fino alla creazione del brand che porta il tuo nome? «È stato un lungo viaggio, iniziato nella Londra dei primi anni Ottanta, un periodo di grande fermento creativo. A metà di quel decennio ho lavorato con un’azienda giapponese, contribuendo all’apertura di 15 negozi in Giappone. A fine anni Ottanta sono tornato a Londra e ho aperto un piccolo negozio a Soho, frequentato da molte star della musica dell’epoca. All’inizio degli anni Novanta ho creato un’etichetta separata, Destroy, che è rapidamente diventata il brand di riferimento per la scena clubbing del periodo. Alla fine del secolo ho capito che l’unico modo per far crescere il marchio e renderlo davvero internazionale era spostare la produzione in Italia. Da lì sono seguite sfilate a Milano, l’apertura di negozi, l’introduzione di licenze per profumi, occhiali e altri prodotti. Intorno al 2015 il lato business ha subito un po’ di instabilità, ma oggi siamo davvero tornati sulla giusta strada».Il rock è un filo conduttore del tuo stile: sono i cantanti a ispirarti o è la musica stessa? «Mi viene spesso associata l’etichetta rock, ma in realtà amo la musica che ha uno stile ben definito. Ero appassionato tanto della disco quanto del punk. Mi hanno sempre affascinato i generi musicali che ruotano attorno a uno stile di vita e a un’estetica precisa: il glam rock con Bowie, il punk con i Sex Pistols, i new romantics con Steve Strange... e la lista potrebbe continuare».Quali elementi delle tue collezioni sono inglesi e quali italiani? «La mia storia è profondamente legata alla sottocultura britannica: punk, glam rock, new romantic, ecc. L’influenza italiana si manifesta nella maestria artigianale e nella qualità dei materiali e della produzione».L’Italia rimane il tuo punto di riferimento principale? «Il mondo, oggi, è un luogo senza confini, viviamo su Instagram, non nei singoli Paesi».Hai inventato i jeans strappati e quelli iconici con la scritta «Rich» sul retro. Ci sono altri pezzi iconici nelle tue collezioni? «Spero che ci siano molti capi distintivi, ma credo che sia il pubblico a doverlo decidere. Se fossi io a sceglierli, diventerebbe solo una strategia di marketing. Credo nel processo creativo organico, non forzato». Quali personaggi famosi hai vestito? «Nei primi anni, c’era una vera e propria fila di musicisti e celebrità che indossavano i miei capi: Madonna, Mick Jagger, Bowie, Depeche mode, Sinéad O’Connor, Take That, New kids on the block e molti altri. Venivano nel mio negozio, sceglievano ciò che amavano e lo acquistavano. Oggi, invece, le celebrità vedono i vestiti come un modo per monetizzare il loro status, il che è comprensibile».Sei riuscito a reinventarti e ora arriva un grande ritorno. Qual è stata la tua forza più grande? «Non considero questo un ritorno o una reinvenzione. Non sono mai cambiato né sono mai davvero sparito. È semplicemente il momento giusto per tornare alla ribalta». Dove avviene la produzione? «Quasi tutta la produzione è in Italia, che rimane il luogo migliore per qualità, artigianalità e innovazione. Non esiste un altro Paese come questo». Quali sono i tuoi obiettivi futuri? «Godermi quello che faccio e continuare ad andare avanti. Sono un Capricorno: vedo la vetta della montagna davanti a me e continuo a scalarla».Mira Developments, azienda leader negli Emirati Arabi Uniti, e il Gruppo Arav, proprietario del brand John Richmond, hanno annunciato una partnership globale per realizzare residenze di lusso, hotel a cinque stelle e caffè esclusivi, tutti caratterizzati dal design audace di John Richmond, ispirato al rock ‘n’ roll e alla cultura urbana. Le prime realizzazioni sorgeranno in località chiave negli Emirati Arabi Uniti, tra cui Dubai, Abu Dhabi e Ras Al Khaimah, e prevederanno creazione di residenze completamente arredate, servizi esclusivi in stile alberghiero e spazi comunitari curati nei minimi dettagli. I materiali, realizzati in collaborazione con FormItalia luxury group, daranno vita ad ambienti in cui moda e interior design si fondono in armonia. «Quando avevo sedici anni, sono stato accettato all’Università di Manchester per studiare architettura. All’ultimo momento ho cambiato idea e mi sono trasferito a Londra per studiare moda. Non ho mai perso l’amore per l’architettura e partecipare a questo progetto è come realizzare un sogno che unisce le mie due passioni».
Massimo Recalcati (Ansa)
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2025-11-04
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