
«L’Unione europea sta conducendo un attacco all’umanità». Non ha usato mezzi termini Fernand Kartheiser, parlamentare europeo lussemburghese di Adr (Alternative democratic reform party) e diplomatico di professione, parlando a un incontro internazionale svoltosi nei giorni scorsi a Londra per fare il punto sulla crisi della libertà di espressione nel Vecchio continente.
A margine della riunione ci ha spiegato - offrendo il punto di vista di un insider che non teme di esporsi - che cosa sta diventando questa Unione, come provochi e usi le crisi per portare avanti un piano di dominio degli Stati nazionali e quanto stia standardizzando i nostri comportamenti attraverso la censura (esemplare in tal senso la recente retata condotta in Germania dalle autorità fra 170 cittadini colpevoli di aver criticato i politici sui social) e l’appoggio di media asserviti.
Lei si è fatto un’idea del perché si continui a portare avanti il piano Rearm Europe nonostante i pesanti tagli alla spesa sociale che comporta?
«Perché stanno cercando pretesti per portare l’Ue a essere uno Stato federale. È una strategia di accaparramento del potere: fanno credere di avere un nemico e di essere costretti a riarmarsi, per avere una politica di Difesa e più in generale un sistema decisionale comune. La Russia serve a questo visto che, secondo me, non rappresenta alcuna minaccia reale per l’Ue: c’è un conflitto in Ucraina che va risolto andando alle cause locali ma non c’è una ideologia espansionistica da cui difendersi, eppure il pericolo viene creato artificialmente e promosso dai media mainstream. E comunque, se anche ci fosse realmente una minaccia, andrebbe risolta per via diplomatica, con un rafforzamento delle misure di fiducia e trattati di limitazione degli armamenti. Di questo però nessuno parla perché non è funzionale ai piani di riarmo, il cui principale obiettivo è trasformare l’Unione europea in uno Stato: per farlo serve una crisi e la crisi viene alimentata descrivendo la Russia come un possibile invasore».
L’idea ventilata di un esercito europeo è praticabile?
«Per il momento è troppo difficile per vari motivi, inclusa la resistenza dei parlamenti di alcuni Paesi. L’interesse primario è creare le strutture politiche che permettano all’Ue di usare gli eserciti nazionali e avere una sufficiente capacità di Difesa per condurre una guerra imponente».
Questa entità comune allargherà la propria sfera decisionale in altri campi?
«È molto possibile: se i nostri Paesi perdessero la propria autonomia strategica - gli interessi in materia di sicurezza dell’Italia sono diversi da quelli di Svezia o Danimarca - perderebbero la capacità di prendere decisioni, perché avremmo un Consiglio di difesa comunitario che determinerebbe quali sono gli interessi dell’Unione. Come italiani rischiereste di essere trascinati in conflitti non vostri e così toccherebbe agli altri. È al contempo una perdita di identità nazionale e di capacità di ciascuno Stato di definire il proprio interesse strategico: verremmo tutti ridotti a fornitori di armi e soldati a qualche organismo decisionale europeo che nessuno di noi sarebbe in grado di controllare democraticamente».
E come spiegare l’insistenza sul Green deal europeo che sta danneggiando molti comparti?
«In Europa assistiamo a deindustrializzazione, perdita di competitività, aziende che se ne vanno per la burocrazia e la “pressione verde”: è il risultato di un’agenda puramente ideologica che aveva come obiettivo la creazione di una maggioranza di sinistra nel Parlamento europeo. D’altronde gli attuali leader Ue, come Ursula von der Leyen, vengono proprio dalla sinistra verde. Il Green deal è stato presentato come un progetto che avrebbe generato impiego e ci avrebbe reso più competitivi: assurdità. Semmai è vero il contrario: stiamo diventando ogni giorno più poveri, perdiamo la nostra base industriale, facciamo scappare lavoratori qualificati, non sviluppiamo le nostre fonti di energia ma al contrario ci isoliamo a causa di costi energetici troppo elevati».
Perché accusa l’Ue di condurre un attacco all’umanità?
«Perché vedo una tendenza generale, ispirata dall’ideologia di sinistra, che vuole limitare la nostra libertà in svariati campi: dalla indipendenza accademica e universitaria, alla creatività in campo artistico, al settore legale - basti pensare al reato di ostruzionismo previsto dalla nuova legge francese sul “diritto a morire”, che considera un ostacolo chi cerca di impedire che una persona attui il suicidio assistito. Per non parlare della libertà di parola, laddove attraverso il Digital services act (Dsa) si stabilisce una vera e propria censura».
Come si manifesta in concreto?
«Uniformando: quando riduci la libertà di parola, omologhi le informazioni date da giornali, libri o tv, reprimi la creatività intellettuale e cominci a imporre parole come “islamofobia”, proibendo alle persone di usare i termini che preferiscono, significa che vuoi conformare le masse: non hai più un individuo originale che si differenzia per le sue caratteristiche, positive o negative che siano, ma comportamenti uniformi da parte delle persone. Questa combinazione fa sì che la nostra capacità di analisi dei fatti e la nostra dimensione morale siano sempre più limitate. Ed essere messi tutti allo stesso livello ci rende una folla facilmente controllabile».
Oggi la censura passa anche attraverso le categorizzazioni: due settimane fa lei è stato espulso dal gruppo dei Conservatori e riformisti europei per essere stato in Russia. Cosa è successo?
«Essendo un diplomatico di professione credo nel dialogo come forma di soluzione dei conflitti: sono andato a Mosca per un incontro con i leader della commissione Affari esteri dei due rami del Parlamento e con il governo russo e ho avuto discussioni interessanti e costruttive: abbiamo toccato questioni molto spinose, ho espresso le mie critiche per i crimini di guerra e la preoccupazione per la protezione dei civili e ho trovato i russi molto aperti. Ma il mio gruppo politico ha deciso che con loro non si può parlare e mi ha cacciato: credo che questo atteggiamento non permetta di fare progressi e resto convinto che cercare di stabilire relazioni e negoziare resti la via migliore».
Nessuna solidarietà dagli iscritti al gruppo?
«Era un voto aperto e su un’ottantina di membri molti non si sono presentati mentre alcuni di quelli che hanno votato per l’espulsione mi hanno detto che stanno con me ma che non hanno potuto fare altrimenti per le pressioni avute dai rispettivi partiti».
Quali le reali implicazioni del Dsa?
«Questa norma censoria ha conseguenze anche all’esterno dell’Unione, visto che le piattaforme internet - per definizione globali - rischiano pesanti sanzioni se non cassano contenuti ritenuti illegali o politicamente scorretti. L’Ue non nasconde neanche che la sua intenzione è regolamentare tutto il Web, ben oltre i propri confini. Quanto questo sia realistico nell’America di Donald Trump, in Cina o in Russia non lo so, ma l’influenza europea è enorme ed è cruciale che tutti gli europei, parlamentari e non, si battano per abolire il Dsa».






