2023-11-04
Inneggiava alla jihad contro l’Occidente: arrestato a Genova seguace di Al Qaeda
Il bengalese (con permesso di soggiorno) leggeva su internet come sparare con il fucile mitragliatore: «Cerco il martirio». A Sestri Ponente di Genova c’è una palazzina storica con le persiane verdi che coprono gli infissi. Qui viveva con la sua famiglia Faysal Rahman, 21 anni, operaio dei cantieri navali di Fincantieri per la Sistel Data originario del Bangladesh. Entrato regolarmente in Italia nel 2018, dopo le scuole superiori (che ha terminato in Italia) ha cominciato a lavorare con il padre nella Sistel. La famiglia, che non viene definita estremista, avrebbe però influito sulle frequentazioni della comunità islamica e anche del centro islamico. Nel giro di tre anni (il suo monitoraggio è cominciato nel 2019), stando alle ricostruzioni degli investigatori della Digos di Genova, coordinati dal pm antiterrorismo Federico Manotti e dal procuratore Nicola Piacente, avrebbe messo da parte il caschetto e i guanti da operaio per indossare, dopo aver aderito al movimento religioso Jamaat Tabligh Dawaa (una scuola di islam radicale), gli abiti tradizionali e la kefiah bianconera simbolo di Hamas. Aveva cominciato a definirsi un «Ghuraba», ovvero un estraneo fra gli stessi musulmani. Nella foto che aveva scelto per il suo profilo Facebook, secondo il gip di Genova Elisa Campagna che ha disposto il suo arresto per i reati di associazione con finalità di terrorismo e di istigazione a delinquere con finalità terroristiche (nel fascicolo risultano indagati a piede libero altri due cittadini del Bangladesh, uno a Genova, l’altro a Mantova), si mostrava proprio con abiti tradizionali davanti a un disegno delle moschee della Roccia e di Al Aqsa, situate sulla piana di Gerusalemme, con sovrimpressa una frase dall’esplicito riferimento alla jihad palestinese: «Come posso sorridere e come possono cibo e acqua avere un buon sapore quando Masjid Al Aqsa è nelle mani dei crociati?». Più il clima a Gaza si arroventava, più Rahman, ricostruisce l’accusa, incalzava con la propaganda jihadista sui social. Fino ad arrivare a quelle che il gip definisce «condotte preparatorie per l’azione militare» in nome di Al Qaeda (avendo aderito all’organizzazione terroristica pakistana denominata Tehrik-e Taliban Pakistan, Ttp, associata ad Al Qaeda, con l’obiettivo di rovesciare il governo pakistano per insediare una teocrazia islamica). Tant’è che sui suoi profili scriveva di essere pronto al «martirio» e di voler combattere l’Occidente, mentre seguiva allenamenti fisici «paramilitari». Il combattente della porta accanto, però, risultava ben integrato. La sua vita si ripeteva sempre nello stesso modo: casa e lavoro in cantiere. Nessun precedente penale e aveva un regolare permesso di soggiorno che stava per rinnovare. Poi è diventato «un Jundullah», un guerriero di Dio, come amava definirsi, ha comprato la bandiera dell’organizzazione terroristica e ha cominciato a compiere, secondo l’accusa, «attività di divulgazione, diffusione e propaganda della jihad». Finché, nel luglio 2022, non ha aderito al «Gruppo dei 20», una segretissima organizzazione «i cui componenti, suoi connazionali», annota il gip, «non si trovano in Italia e non sono al momento noti». E non ha cominciato a studiare da guerrigliero islamista, consultando i tutorial online che insegnano a usare l’Ak-47, il fucile mitragliatore dei foreign fighters. L’1 settembre scorso ha pubblicato un video in cui, con evidente trasporto emotivo, pronunciava il «nasheed», un canto apologetico del martirio in nome dell’Islam che conteneva queste frasi: «Trovo la felicità all’ombra del martirio. Il martirio è il suo desiderio. Vuole eliminare i kuffar (gli infedeli, ndr)». Nel giorno in cui Al Qaeda ha celebrato l’attacco di Hamas del 7 ottobre ha messo online un video in cui si vedevano ballare insieme musulmani ed ebrei. In sovrimpressione c’era un monito in caratteri arabi dedicato ai musulmani indicati come «ipocriti». Poi ha pubblicato il post di adesione all’invito pubblicato dall’Aqis (acronimo di Al Quaeda in the indian subcontinent): «L’unica via da seguire per fermare questi crimini è la jihad e il qital (lo stato di guerra, ndr). Quella a Gaza diventa così una «battaglia benedetta (...) che farà dimenticare ai sionisti e ai crociati gli orrori dell’11 settembre». «Nel documento quaedista», scrive il gip, «vengono celebrate la pianificazione e l’esecuzione dell’attacco di Hamas, incitando tutta la comunità musulmana mondiale ad agire contro i crociati, gli ebrei ed i loro alleati», perché «è dovere di ogni musulmano combattere il jihad». Andando a ritroso, gli investigatori hanno registrato commenti contro gli indù, contro le donne e contro i membri della comunità lgbtq. In una chat, invece, conservava il manifesto dei combattenti, con domande e risposte. «Tu sei terrorista?». Risposta: «Sì, io sono terrorista»; «Sì, sono feroce»; «Sì, sono violento»; «Sì, voglio combattere sulla via di Allah». «La personalità di Rahman», valuta il gip, sarebbe «caratterizzata da una deriva sempre più estremista e radicale del suo pensiero religioso nonché da una carica di odio e di disprezzo verso il mondo occidentale». Che arriva a definire come «una prigione dove non riesci più a respirare». Nel luglio scorso avrebbe tentato di radicalizzare perfino il fratellino di undici anni. Quando gli investigatori della Digos lo intercettano mentre chiede informazioni sul costo di un biglietto per una meta imprecisata il livello di allarme era ormai già alto. «Sto finendo il tempo da aspettare», scriveva su Facebook. Per il gip «aveva pienamente accettato il messaggio di glorificazione e del martirio, manifestando in rete la sua disponibilità mediante il compimento di atti suicidi». È stato fermato prima. Probabilmente appena in tempo.
Francesco Nicodemo (Imagoeconomica)
(Ansa)
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