2021-10-21
Pensioni, sul tavolo 2,5 miliardi.E la Lega tratta con Draghi
Con la stesura del documento programmatico di bilancio, al dopo quota 100 e agli assegni anticipati va un budget di circa 2,5 miliardi. Da oggi fino a mercoledì il tavolo diretto tra Lega e Palazzo Chigi per trovare un punto di caduta tra quota 102 e quota 104.Terminato il trambusto del Consiglio dei ministri di martedì, il tema pensioni torna sul tavolo delle trattative. Il documento programmatico di bilancio inviato a Bruxelles, pur nella sua complicata lettura, serve a individuare delle macro aree di spesa. Per il dopo quota 100, le uscite anticipate dal mondo del lavoro dei cosiddetti precoci e l'Ape sociale vengono stanziati oltre 2,5 miliardi di euro. All'interno di questo perimetro parte da oggi la trattativa tra Palazzo Chigi e i vertici della Lega per trovare la quadra. Posto che la capacità di spesa si può spalmare sui tre anni, l'obiettivo del Carroccio è sfruttare tutti i margini. La scelta di quota 102 il primo anno e poi subito quota 104 rappresenta uno scalone troppo grosso che non consentirebbe di utilizzare il tiraggio completo al di là del fatto politico. La Lega ha ottenuto di rinviare la scelta tecnica al prossimo cdm, che sarà mercoledì e riguarderà l'approvazione della manovra. Il voto con riserva è stato giustificato da Giancarlo Giorgetti proprio per garantire margini di trattativa. La novità sta nel link diretto con Palazzo Chigi al di là del Mef. Che potrebbe garantire nuovi punti di caduta. Nella cabina di regia precedente al cdm di martedì le uniche due opzioni previste per il dopo quota 100 sono state 102 flat nel triennio, oppure 101-102-103. Preso atto della sorpresa servita in cdm, adesso i leghisti provano a inserire delle clausole e soprattutto a fornire a Palazzo Chigi e al Mef una via di uscita senza che nessuno perda la faccia. Nessuno vieterebbe la possibilità di avviare quota 104 nel 2023 e al tempo stesso inserire una serie di categorie in grado di usufruire di finestre dedicate. Nessuno ipotesi di differenziazione tra pubblico e privato ma tra tipologie di lavoro. D'altronde chi sta sempre alla scrivania non può essere equiparato a un operaio di una fonderia e nemmeno a un autotrasportatore. Giorgetti potrebbe trovare una minima sponda anche nel Pd che difende Ape social e non è detto che sia sordo alle categorie più penalizzate, magari creando un tipologia intermedia rispetto a chi già è classificato tra gli usuranti. Per il resto ieri è stato stampato il Dpb, il documento programmatico, da cui si evincono le linee guida relative anche alle altre misure che saranno contenute in manovra. Circa 23,4 miliardi di perimetro pari all'1,2% del Pil. Il documento evidenzia che gli ultimi dati disponibili indicano un «miglioramento» del quadro di finanza pubblica per l'anno in corso. Il monitoraggio delle entrate versate con F24 e acquisite a tutto settembre, comprensive anche delle imposte in autoliquidazione dei contribuenti Isa posticipati al 15 settembre, indica che «il gettito definitivo per il 2021 dovrebbe essere superiore alle stime della Nadef per 800 milioni circa». Di conseguenza, «la previsione delle entrate contributive per l'anno in corso è rivista al rialzo, rispetto alla Nadef, per 300 milioni circa». Se dal lato delle entrate i dati consuntivi superano le previsioni, la stima del Pil «sconta un rallentamento della crescita congiunturale nel quarto trimestre 2021». Tra i possibili fattori di freno ci sono il prezzo del petrolio, «più elevato in confronto alla previsione di aprile»; il rincaro del gas naturale e dell'energia elettrica; l'aumento dell'inflazione che «sottrae potere d'acquisto alle famiglie e accresce i costi di produzione delle imprese». Inoltre «le carenze di materiali e componenti che si stanno manifestando a livello globale». Passaggi che contrastano con le dichiarazioni ottimistiche dei vertici Ue e pure di Bankitalia. E che devono far alzare le antenne. Imponendo maggiore attenzione proprio agli interventi mirati a smuovere il mondo del lavoro e al tempo stesso a tutelare il potere di acquisto. Sarebbe importante consentire un ampio taglio delle imposte, invece alla riforma del fisco per ridurre il carico a famiglie e imprese saranno destinati nel 2022 6 miliardi (0,317% del Pil) di nuovi fondi. A queste risorse vanno aggiunti i 2 miliardi già stanziati lo scorso anno. Cifre così ridotte da rendere impossibile avviare una piattaforma da cui avviare la riforma fiscale. Anche sul fronte immobiliare non ci sono scelte forti in grado di portare l'Italia sulla strada dei maxi investimenti. La legge di bilancio conterrà la proroga «dei bonus per ristrutturazioni edilizie, riqualificazione energetica, mobili, sisma, verde». Lo stanziamento aggiuntivo è minimo, meno di 40 milioni nel 2022, mentre nel 2023 sono previsti circa 500 milioni che salgono a 2 miliardi e mezzo nel 2024. In manovra dovrebbe poi trovare posto la proroga delle garanzie e delle esenzioni di imposte per facilitare l'acquisto della prima casa per i giovani, al momento in vigore fino alla metà del 2022. Invece, il bonus facciate non andrà avanti e il Superbonus 110% arriverà al 2023 e sarà valido solo per i condomini. Giuseppe Conte ieri si è lamentato avanzando una critica di facciata. La misura era stata un cavallo di battaglia dei 5 stelle. Ma il mugugno è durato poco. Coperto dai complimenti per la scelta di Draghi di aumentare la capienza del reddito di cittadinanza. Anche in questa occasione i 5 stelle dimostrano di non capire quali bandiere facciano bene al Paese. Sono le gru a tirare su il Pil di un Paese non i divani.