2019-01-17
Inizia il piagnisteo per il «povero Battisti»
È cominciata la beatificazione di Cesare Battisti. A leggere i commenti, le cronache e le interviste della grande stampa si capisce infatti che, essendo tornato, all'ex terrorista tutto è perdonato. Certo, l'uomo che è stato condannato all'ergastolo per quattro omicidi non è rientrato in Italia per volontà sua, ma perché, pur non essendogli scattate le manette intorno ai polsi, si è trovato circondato da un gruppo di poliziotti che da settimane (...)(...) gli davano la caccia. Ma quello dell'arresto naturalmente è un dettaglio. Pur essendosi fatto beffe per quasi quarant'anni della giustizia italiana; nonostante abbia riso in faccia ai parenti delle sue vittime, uccise senza motivo se non quello di un'astratta rivoluzione proletaria; benché abbia più volte brindato, guardando in faccia i giornalisti per essere riuscito ancora una volta a farla franca grazie agli appoggi e le coperture dei compagni, oggi Cesare Battisti è un uomo malato, stanco, che non è più pericoloso e pensa solo al figlio minorenne, a come mantenerlo ora che è in carcere e non ha più la carta di credito alimentata da chi lo aiutava nella latitanza.Certo, anche il figlio di Antonio Santoro, il maresciallo delle guardie carcerarie di Udine che il 6 giugno di 40 anni fa venne ucciso dal terrorista dei Pac, all'improvviso si trovò a chiedersi come avrebbe fatto la sua famiglia ad andare avanti. Anzi, quel ragazzo, il cui genitore aveva il solo torto di servire lo Stato e per questo venne assassinato, non per colpa sua né del padre si ritrovò orfano e nessuno ebbe pietà o si chiese chi avrebbe ricaricato la carta di credito per mantenerlo. Lo stesso capitò ad Alberto Torregiani, un ragazzino di 15 anni a cui non soltanto Battisti tolse il papà, ma che in quella sparatoria perse per sempre l'uso delle gambe. Il suo ergastolo in sedia a rotelle, il suo dolore, fisico e morale, non venne ricompensato. Niente carte di credito prepagate, nessuna cura garantita, compassione zero, tanto che per un certo periodo fu costretto a nascondersi. E che dire del figlio di Lino Sabbadin che a 16 anni si ritrovò a fare il capofamiglia e a occuparsi delle due sorelline? Il padre, per avere reagito durante una rapina, uccidendo il bandito che gli puntava una pistola, fu punito da un commando dei Pac che lo assassinò a sangue freddo, proprio come accadde a Pier Luigi Torregiani. Ad Adriano Sabbadin non pensò nessuno. Anche per lui niente solidarietà: in fondo, il papà non era una bandito-scrittore come Battisti, ma solo un macellaio di Santa Maria in Sala.Eh già, non possiamo dimenticarci che il terrorista dei Proletari armati per il comunismo ha riposto la pistola, sostituendola con la penna. Vero, ma non ci si può neppure scordare che per anni Battisti ha vergato libri ispirandosi direttamente al suo personaggio. A leggere qualche suo giallo, pare infatti di trovarsi immersi in una sparatoria dei Pac, col doppio risultato di immaginare che non solo l'ex terrorista abbia imbrattato la carta con le sue gesta, ma per anni abbia campato delle sue prodezze, vendendo in libreria l'eco dei suoi delitti. Grazie alla sua nuova attività, Battisti ha agganciato i contatti con quel milieu intellettuale e politico sempre pronto a sposare ogni causa, a patto che sia quella sbagliata. Battisti il perseguitato da uno Stato fascista. Battisti processato ingiustamente. Battisti che se riportato in Italia sarebbe stato torturato dalla Cia. Questa è la réclame che il super ricercato ci ha fatto per anni in giro per il mondo, ostentando il suo ghigno beffardo.Altri tempi, replica il Soccorso rosso scattato sui giornali e in tv. Oggi Battisti non è più quello di prima. L'uomo furbo che trovava ogni mezzo per sfuggire alla giustizia, oggi viene dipinto come un sessantenne rintronato. Che dorme tutto il viaggio e non sa neppure dove si trova. Anzi, appena giunto nel penitenziario che lo dovrà ospitare per il resto dei suoi giorni, chiede: «In quale parte del mondo mi trovo?». Rispondiamo noi. Si trova in un carcere italiano. Una prigione dove non si tortura, ma si sconta una pena, o per lo meno si dovrebbe scontare. Non per vendetta, bensì per giustizia. Oggi nel nostro Paese c'è chi giudica la prescrizione uno scandalo, perché dopo vent'anni senza giudizio chiudere un processo sembra brutto, anzi pare un favore ai delinquenti. Dopo quarant'anni di latitanza, invece, per un pluriassassino si pretende la prescrizione delle condanne per meriti letterari o famigliari. È cambiato, dicono, aggiungendo che ha messo da parte la rivoluzione. Sarà, ma noi non siamo cambiati. E fino a quando esisterà una legge che condanna all'ergastolo gli assassini, per quanto ci riguarda chiederemo che scontino la pena in carcere. Non per farli marcire, ma per farli ripagare il male che hanno compiuto.