2024-05-12
Caso Toti, il re del porto arrestato: «lo sanno tutti che io sono del Pd»
Il 29 ottobre 2021 l’imprenditore pedinato dalla Gdf ospita l’ex governatore e altri membri del Pd per parlare di una concessione. Toti intercettato si lamenta del doppio gioco: «Imbecilli, vogliono alzare l’asticella».Il presunto grande corruttore del governatore della Liguria Giovanni Toti, ovvero l’ottuagenario imprenditore Aldo Spinelli, ha spedito in soffitta la Liguria del turbo-governo di centrodestra, del Ponte ricostruito in un anno grazie al cosiddetto modello Genova, della diga foranea da 1 miliardo di euro, del tunnel sottomarino. Giornali e siti sembrano ansiosi di archiviare la stagione dei parvenu della politica capaci di picconare il granitico feudo rosso. Ma non considerano che le cose non cambieranno in fretta perché i potentati economici che controllano da sempre la Regione non si dimetteranno con Toti. Anzi. E non faticheranno a cambiar bandiera. Quando, nell’autunno del 2021,sui giornali spunta la notizia della visita di tre esponenti democratici sul suo yacht, Aldo Spinelli non sembra turbato e in una clamorosa conversazione con il figlio, registrata dagli investigatori, confessa: «Vabbé Roby, che siamo vicini al Pd lo sa tutto il mondo». Meno i giornali che in questi giorni stanno raccontando un altro Spinelli, uno Spinelli che non esiste, l’Aldo di centrodestra. Nella chiacchierata che abbiamo appena citato Spinelli junior prova a contraddire il padre: «Noi non siamo vicini a nessuno...». E il babbo si adegua: «No, noi siamo con tutti Roby... noi siamo imprenditori, giusto?». Sembra ripetere un ritornello che ha dovuto memorizzare con poca convinzione. In fondo a chi gli aveva chiesto conto di una donazione al sindaco di Genova Marco Bucci, manager d’area leghista, aveva spiegato: «La faremo anche per altri e l’abbiamo sempre fatto: per il Pd, per Forza Italia, per la Lega, per chi ce lo ha chiesto». In un’altra conversazione, questa volta dell’agosto 2022, con l’ex presidente dell’Autorithy portuale, Paolo Emilio Signorini, spedito martedì nel carcere di Marassi, specifica: «Io non sono mai voluto entrare in politica perché oggi sei alle stelle e domani sei zero... l’imprenditore deve fare l’imprenditore… deve stare con tutti e con nessuno… io il contributo lo do a tutti». E cita la Lega e il Partito democratico, definito «l’unico che mi ha chiesto… 20.000 euro». Desiderio prontamente esaudito: «Io glieli ho dati, però, non so più niente, se li ha pagati il mio direttore, se non li ha pagati, perché è venuto Margini (probabilmente Mario, ex assessore regionale con Pci e Ds ed esponente della Fondazione Diesse, ndr)». Spinelli pensa che sia giusto aiutare la politica: «I partiti se no come vivono?». Ma forse non tutti vengono beneficiati allo stesso modo. In un’altra intercettazione u sciu Aldo riferisce a Burlando le presunte lamentazioni di qualche big del centrodestra, dopo una sconfitta alle urne: «Hanno dato la colpa a me, adesso, che Savona ha perso le elezioni... perché io non posso più fare finanziamenti ai partiti, adesso, essendo con i fondi, no? E non ho mandato una lira a nessuno...». Quindi sembra riportare le parole di un misterioso interlocutore: «Abbiamo perso le elezioni perché tu non ci hai aiutato!». Accusa prontamente rispedita al mittente: «Gliel’ho detto bello chiaro: “Io non posso aiutarvi, i fondi me lo hanno proibito, purtroppo non ci posso mica fare niente”».Ieri questo pimpante vecchietto, accusato di corruzione e per questo agli arresti domiciliari nella sua spettacolare villa di Quarto dei Mille, si è presentato da solo in tribunale per rendere l’interrogatorio di garanzia. Ma il confronto con la gip Paola Faggioni è stato rimandato a lunedì per l’assenza dei suoi avvocati. La cancelleria si sarebbe dimenticata di notificare la convocazione. «Mi hanno lasciato solo. Non so perché» ha dichiarato l’indagato. Il quale, prima di tornare a casa, ha definito Signorini «un amico» e sui finanziamenti ha svicolato: «Male non fare, paura non avere». Nell’informativa riepilogativa, datata 15 dicembre 2023, della Guardia di finanza sulle indagini svolte nell’ambito della cosiddetta operazione Janua, viene ricostruita la visita di Burlando e dei due esponenti dem sullo yacht Leila 2 di Spinelli, in quel momento fresco di varo e attraccato a un molo della marina della Fiera di Genova.Sono giorni particolarmente agitati per l’ex presidente di Genoa e Livorno che non riesce a far rinnovare la concessione trentennale per l’utilizzo del terminal rinfuse. Teme che il suo «nemico» Gianluigi Aponte, patron della compagnia Msc, stia cercando di subentrargli e quindi combatte con tutte le sue forze. E rispolvera i contatti nel Pd. In particolare rimette in pista Burlando, che ha sponsorizzato per anni, diventando anche promotore della sua associazione culturale Maestrale, utilizzata anche come terminale di erogazioni liberali. Nella loro annotazione gli investigatori della Guardia di finanza collegano l’appuntamento alla «fase di stallo venutasi a creare intorno al rinnovo della concessione». Il capitolo si intitola «Il pranzo sullo yacht di Spinelli con Claudio Burlando e altri esponenti locali del Partito democratico» e racconta che il 29 ottobre 2021, verso l’ora di pranzo, l’ex ministro dei Trasporti sale sull’imbarcazione insieme con due dirigenti del Pd: il vicepresidente del Consiglio regionale Armando Sanna e la componente della segreteria dem di Genova Vittoria Canessa Cerchi. Con loro c’è anche Giovanni Battista Poggi, per tutti Gian, dirigente comunale in passato considerato uomo di fiducia dei principali amministratori democratici di Genova e Regione, dallo stesso Burlando a Giuseppe Pericu e Marta Vincenzi. Completa la combriccola Giulio Schenone, uno dei maggiori imprenditori portuali italiani, rappresentante dei terminalisti della commissione consultiva dell’Autorità portuale. I finanzieri sorvegliano il summit grazie al sistema di videosorveglianza attivo nell’area. Subito dopo il pranzo Roberto Spinelli viene contattato da un giornalista che sta preparando un articolo sul meeting, servizio che in effetti viene pubblicato il giorno successivo. L’imprenditore, intercettato chiede al cronista chi l’abbia informato, mostrando di sospettare che la fonte sia dentro al Pd. Alla fine il padre la prende con filosofia e spiega all’erede che l’uscita dell’articolo può diventare un’opportunità per «dare la sveglia anche agli altri». Il timore di Spinelli jr è che la notizia possa essere interpretata dal governatore come uno sgarbo («A questo punto Toti, belin, la prenderà come un tradimento»), preoccupazione che si dimostra fondata, tanto che il politico, per gli investigatori, inizialmente tenta di rallentare la pratica di concessione, sino alla «mezza pace» seguita a una telefonata di chiarimento. Toti con il cronista sbotta: «Con tutto quello che abbiamo fatto, con l’attenzione che abbiamo riservato a chi investe su questo territorio… e quelli poi vanno a riesumare i morti». Poi chiede un aiuto: «Fai tutto il retroscenone, scrivi te del nostro malumore». Il presidente, con Signorini, riprende il concetto, definendo Spinelli e Schenone «una banda di imbecilli» che pensano «di alzare l’asticella e fare l’asta di qua e di là» e che, nonostante le attenzioni ricevute dall’Autorità portuale, tentano una «garetta al rialzo». Quando il manager informa Toti del fatto che l’ex governatore sembra voglia esporsi pubblicamente contro la costruzione della nuova diga foranea, l’attuale presidente della Regione gongola: «Così impara Spinelli a farci i suoi pranzi, visto che la diga sostanzialmente è per lui!». Passano pochi giorni e i due contendenti provano a spiegarsi. Toti rimprovera Spinelli: «Fate i pranzi con Burlando... vi spartite il porto». L’uomo d’affari ribatte che al pranzo avrebbe dovuto partecipare solo l’ex governatore dem e che gli altri due ospiti sarebbero arrivati a sorpresa. Nelle settimane successive la coppia di litiganti si ritrova sulla barca. E l’argomento vira nuovamente sui rapporti clandestini con il Pd dell’imprenditore. Spinelli non rinnega gli antichi legami e descrive un Burlando in piena forma, che sembra aver abbandonato la sua vita da Cincinnato nell’eremo di Torriglia, paesino dell’entroterra ligure. «Claudio non l’ho mai visto così attivo… mamma mia» esclama Spinelli. Il figlio gli fa eco: «Si è rimesso tutto in gioco». Toti dà corda ai due interlocutori: «Io l'ho visto, è ancora giovane Claudio, non c’è un cazzo da fare...». Spinelli spiega il segreto della forma dell’amico: «È in pensione e se ne batte il belino... lui va per funghi...». Toti segna il territorio: «Nel Pd sono dei pigmei, quindi fa anche bene […] la corrente di Claudio ha perso il congresso, perché c’era Sanna che ha perso il congresso, lo hanno preso a schiaffi, insieme a Romeo... ora, secondo me, contro Bucci candidano Terrile di bandiera». Il discorso passa su altre tematiche. Aldo non tocca più l’argomento Burlando. Ma Claudio gli resta nel cuore. Come dimostra la conversazione del 4 novembre 2021 che i due hanno avuto dopo l’uscita dell’articolo sul pranzo in barca. Un dialogo tra vecchi compagni che rimembrano i bei tempi che furono. Burlando chiama e chiede: «Te lo danno o no?». Il riferimento è probabilmente al terminal, ma l’imprenditore, prima di rispondere, vuole prima fugare i sospetti di esser stato lui la fonte del giornalista. Burlando replica: «O sei tu o è tuo figlio. Piantala lì, perché mi incazzo. […] Io ho ricevuto un messaggio del Secolo che mi chiedeva se le lasagne erano buone e dovevano ancora arrivare… quindi…». Poi lo mette in guardia: «Sai qual è il problema? Questa pubblicità ti danneggia». Spinelli non si spaventa: «Lo so, ma me ne frego […] quanti anni è che siamo amici io, te e Schenone?». Burlando: «Ah, sì, sì, belandi». Il colloquio si fa intimo. Spinelli: «Siamo andati insieme là, dove cazzo è, là a Bangkok…». Burlando aggiunge: «In Cina…». Spinelli conferma: «In Cina, belin…». Subito dopo insiste: «Io non so chi ha parlato, te lo giuro». Assicura di aver cercato consigli dal vecchio sodale e che si erano «aggiunte altre persone». Burlando replica: «Quelli sono venuti per conoscerti, che cosa vuol dire?». Spinelli ammette che «la ragazza è anche simpatica». Poi invita l’amico a «battersene il belino». L’altro fa sapere di essere «tranquillo come un papa». Parlano delle nuove leve del Pd («Abbiamo un po’ di giovani bravi sai?») e Spinelli preconizza che potrebbero dare del filo da torcere al sindaco Marco Bucci nelle elezioni del giugno 2022, «se trovate l’intesa tra tutti». Burlando predica calma: «Quest’anno è ancora presto per vincerla, la prossima volta forse sì, ma uno ci prova sempre». Per Spinelli, il primo cittadino «comanda tutto lui» ed «è onnipotente», mentre Toti «è in gran disgrazia e «Signorini, poverino, fa quello che dice il sindaco». Burlando conferma l’impotenza dell’ex presidente del porto: «Non conta un cazzo». Concordano sul fatto che a Genova comandi Bucci e nessun altro. Poi parlano di un dirigente dello scalo marittimo che «si ubriaca di vino». E Spinelli conclude: «Mi aveva portato a Ricaldone con Bersani a vedere la tomba di un attore o di un cantante, non mi ricordo più di chi». Burlando non ha dubbi: «Di Luigi Tenco». Spinelli chiude la chiacchierata con un ultimo pensiero alle sue concessioni: «Io non lo chiamo il sindaco, aspetto qualche settimana […] e poi scateno gli avvocati». Se questo è il miglior amico della destra, preferiamo non immaginare i suoi nemici.
Thierry Sabine (primo da sinistra) e la Yamaha Ténéré alla Dakar 1985. La sua moto sarà tra quelle esposte a Eicma 2025 (Getty Images)
La Dakar sbarca a Milano. L’edizione numero 82 dell’esposizione internazionale delle due ruote, in programma dal 6 al 9 novembre a Fiera Milano Rho, ospiterà la mostra «Desert Queens», un percorso espositivo interamente dedicato alle moto e alle persone che hanno scritto la storia della leggendaria competizione rallystica.
La mostra «Desert Queens» sarà un tributo agli oltre quarant’anni di storia della Dakar, che gli organizzatori racconteranno attraverso l’esposizione di più di trenta moto, ma anche con memorabilia, foto e video. Ospitato nell’area esterna MotoLive di Eicma, il progetto non si limiterà all’esposizione dei veicoli più iconici, ma offrirà al pubblico anche esperienze interattive, come l’incontro diretto con i piloti e gli approfondimenti divulgativi su navigazione, sicurezza e l’evoluzione dell’equipaggiamento tecnico.
«Dopo il successo della mostra celebrativa organizzata l’anno scorso per il 110° anniversario del nostro evento espositivo – ha dichiarato Paolo Magri, ad di Eicma – abbiamo deciso di rendere ricorrente la realizzazione di un contenuto tematico attrattivo. E questo fa parte di una prospettiva strategica che configura il pieno passaggio di Eicma da fiera a evento espositivo ricco anche di iniziative speciali e contenuti extra. La scelta è caduta in modo naturale sulla Dakar, una gara unica al mondo che fa battere ancora forte il cuore degli appassionati. Grazie alla preziosa collaborazione con Aso (Amaury Sport Organisation organizzatore della Dakar e partner ufficiale dell’iniziativa, ndr.) la mostra «Desert Queens» assume un valore ancora più importante e sono certo che sarà una proposta molto apprezzata dal nostro pubblico, oltre a costituire un’ulteriore occasione di visibilità e comunicazione per l’industria motociclistica».
«Eicma - spiega David Castera, direttore della Dakar - non è solo una fiera ma anche un palcoscenico leggendario, un moderno campo base dove si riuniscono coloro che vivono il motociclismo come un'avventura. Qui, la storia della Dakar prende davvero vita: dalle prime tracce lasciate sulla sabbia dai pionieri agli incredibili risultati di oggi. È una vetrina di passioni, un luogo dove questa storia risuona, ma anche un punto d'incontro dove è possibile dialogare con una comunità di appassionati che vivono la Dakar come un viaggio epico. È con questo spirito che abbiamo scelto di sostenere il progetto «Desert Queens» e di contribuire pienamente alla narrazione della mostra. Partecipiamo condividendo immagini, ricordi ricchi di emozioni e persino oggetti iconici, tra cui la moto di Thierry Sabine, l'uomo che ha osato lanciare la Parigi-Dakar non solo come una gara, ma come un'avventura umana alla scala del deserto».
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