
Perquisito lo studio di Alberto Bianchi, presidente della fondazione Open (ora chiusa). Sequestrati i bilanci della struttura dietro alla Leopolda. Acquisita anche la lista dei finanziatori. L'accusa è traffico di influenze illecite. La difesa: «Reato fumoso».A un anno dalla chiusura della fondazione Open, la cassaforte del Giglio magico che ha finanziato le nove edizioni della Leopolda e che ha accompagnato l'ex Rottamatore e ora scissionista del Pd Matteo Renzi nel suo percorso politica da sindaco di Firenze a premier, il suo presidente, l'avvocato Alberto Bianchi, si ritrova indagato per traffico di influenze illecite. La Procura è quella di Firenze e il pm è Luca Turco, magistrato che qualche stoccata al Giglio magico l'ha già data indagando sulle aziende della famiglia Renzi. L'inchiesta, per quanto se ne sa al momento, sarebbe legata a prestazioni professionali di Bianchi, che è titolare di un importante studio legale fiorentino, che è stato anche consulente di Consip e che siede nel board di Enel. A lui Renzi affidò i forzieri della sua corrente politica nata nel 2012 con il nome di Big bang. Sui conti correnti della fondazione negli anni d'oro sono piovuti milioni: in tutto 6,7. E proprio ora che Open ha chiuso (Renzi l'ha sostituita con una nuova di zecca che porta il suo nome, la Matteo Renzi Foundation, e che ha sede a Milano), la Procura fiorentina ipotizza che il suo dominus abbia brigato con qualche potente.presunto responsabileD'altra parte, il reato di traffico di influenze illecite punisce chi riesce a sfruttare relazioni esistenti per farsi dare indebitamente denaro o altre utilità come prezzo della propria mediazione. Nel frattempo in molti, anche sulla stampa, si sono chiesti quale ragione si nascondesse dietro alla decisione di chiudere Open. Fu proprio l'avvocato Bianchi a chiarire: «È innegabile che una fase si sia chiusa. I conti sono già a posto». E con i giornalisti precisò: «Siamo la fondazione italiana più trasparente in assoluto. Lo certifica anche Openpolis, che ha analizzato 60 istituzioni come la nostra». Restava qualche bega contabile da sanare in vista dell'approvazione del bilancio. Ma con 1,3 milioni di euro che erano ancora in cassa, ha ricostruito il sito web Fanpage, e sarebbero stati chiusi i conti con i fornitori in attesa. E ora che Bianchi è indagato, la chiusura della fondazione inevitabilmente attirerà sospetti su di sé. Con un decreto di sequestro, stando a quanto risulta alla Verità, pare sia stata portata via dallo studio di Bianchi anche qualche scartoffia relativa ai bilanci e ai finanziatori di Open. Ma, si sa, quando la Guardia di finanza entra in uno studio professionale non può trascurare nulla. Soprattutto se l'ipotesi è il traffico d'influenze. I documenti pertinenti, quindi, potrebbero essere di varia natura.«amareggiato» Il suo difensore, l'avvocato Nino D'Avirro, a telefono ha un tono piccato: «Il traffico d'influenze è un reato fumoso». Il legale conferma alla Verità che è «relativo a questioni professionali che sono perfettamente legittime». «Il mio assistito», ha spiegato D'Avirro, «ha messo a disposizione la documentazione richiesta dagli inquirenti nella convinzione che possa chiarire questa antipatica vicenda che lo sta amareggiando pesantemente». Le relazioni con i renziani, suo malgrado, già in passato avevano attirato addosso a Bianchi qualche riflettore. L'avvocato del renzismo compare, infatti, nel capitolo dell'inchiesta Consip che racconta la controffensiva che l'imprenditore napoletano Alfredo Romeo stava organizzando nei confronti di una società concorrente in un super appaltone. Romeo cercava sostegni politici capaci di influire sui vertici di Consip. E tra questi aveva individuato l'avvocato Bianchi. In realtà la connessione con i vertici di Consip Romeo l'aveva cercata con un collettore diverso, l'amico della famiglia Renzi Carlo Russo. In quell'inchiesta babbo Tiziano Renzi è indagato per lo stesso reato di Bianchi, traffico d'influenze illecite. Poco dopo il babbo del Rottamatore ha fatto il bis e si è ritrovato indagato per lo stesso reato anche a Firenze, questa volta (come svelò la Verità) per due fatture (false, secondo la tesi accusatoria del sostituto procuratore Christine von Borries) che l'imprenditore barlettano Luigi Dagostino pagò alla Eventi 6, società di cui Tiziano Renzi e la moglie Laura Bovoli sarebbero amministratori di fatto. il nodo consipQuei pagamenti nasconderebbero, secondo le ipotesi del pubblico ministero, una sorta di remunerazione per un'attività di lobbying relativa al periodo in cui il figlio era presidente del Consiglio dei ministri, a partire dal 2015 in particolare e fino al 2016. Anno, questo, in cui i riflettori, questa volta mediatici, si sono di nuovo accesi su Bianchi, sempre per quelle relazioni con il Giglio magico. È stato il settimanale l'Espresso a puntare l'indice su un contratto dell'avvocato Bianchi con la Nodavia, una delle due società controllata da Condotte, impresa che si è aggiudicata la realizzazione del sottoattraversamento dell'alta velocità a Firenze. L'altra controllata, la Inso, affidò nello stesso periodo un incarico al fratello minore di Maria Elena Boschi, Emanuele. L'ennesima coincidenza all'ombra del Giglio magico.
La maxi operazione nella favela di Rio de Janeiro. Nel riquadro, Gaetano Trivelli (Ansa)
Parla Gaetano Trivelli, uno dei leader del team Recap, il gruppo che dà la caccia ai trafficanti che cercano di fuggire dalla legge.
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Su un testo riservato appare il nome del partito creato da Grillo. Dietro a questi finanziamenti una vera internazionale di sinistra.
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Nel 1937 l’archeologo francese Fernand Benoit fece una scoperta clamorosa. Durante gli scavi archeologici nei pressi dell’acquedotto romano di Arles, la sua città, riportò alla luce un sito straordinario. Lungo un crinale ripido e roccioso, scoprì quello che probabilmente è stato il primo impianto industriale della storia, un complesso che anticipò di oltre un millennio la prima rivoluzione industriale, quella della forza idraulica.
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Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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