2018-07-04
Inchiesta sul pm che andò da Lotti: «Soldi per far tacere gli inquisiti»
Luigi Dagostino, coindagato di babbo Renzi, è coinvolto anche con Antonio Savasta, il magistrato che era titolare del suo fascicolo. L'accusa è quella di aver fatto circolare soldi per comprare il silenzio dei testimoni.Secondo gli investigatori, l'imprenditore pugliese documentò finanziamenti mai esistiti per l'acquisto di una villa. In realtà sarebbero serviti per coprire i buchi.Lo speciale contiene due articoli.Nell'inchiesta che coinvolge l'ex pm Antonio Savasta, accusato di corruzione in atti giudiziari insieme con l'imprenditore Luigi Dagostino e l'avvocato Ruggiero Sfrecola, gli inquirenti non contestano solo delle utilità «in natura» (gli incontri con il sottosegretario Luca Lotti e il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini), ma anche vere e proprie mazzette, per l'esattezza 53.000 euro pagati in quattro tranche. Per la Procura Dagostino «quale mandante, offriva, prometteva e o consegnava» quel denaro ai coindagati l'8 e il 21 maggio 2015, il 21 gennaio e il 6 febbraio 2016. In particolare tali somme erano annotate sull'agenda di Dagostino a fianco del nome di Sfrecola che ha, però, sempre negato di aver ricevuto soldi dall'imprenditore.La Procura collega le due presunte elargizioni più consistenti (20.000 euro e 25.000 euro, quelle del maggio 2015) agli interrogatori di tre degli indagati che nei loro verbali non fecero il nome di Dagostino come utilizzatore finale delle fatture e di denaro cash proveniente da una banca di Barletta. Dario Dimonte venne ascoltato il 4 maggio 2015, Ruggiero Rizzitelli il 22 maggio, Ruggiero Belgiovine il 29 giugno. Addirittura due di loro, Rizzitelli e Belgiovine, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere nei recenti interrogatori fiorentini. «Lo hanno deciso loro» ha assicurato Sfrecola. Non basta. Tra gennaio e febbraio 2016 Dagostino avrebbe consegnato 8.000 euro per pagare le spese legali di due assistiti di Sfrecola. Il legale ha respinto l'accusa: «Faccio l'avvocato dal 1991 e non ho mai ricevuto del denaro da Dagostino da dare ai miei clienti per fargli fare dichiarazioni mendaci o omissive o per avvalersi della facoltà di non rispondere».Comunque Sfrecola non esclude di aver incontrato Dagostino in un bar di Barletta l'8 maggio 2015, il giorno della presunta prima dazione (nella memoria del suo cellulare gli investigatori hanno trovato la foto del biglietto da visita di Dagostino). Più nitida la memoria dell'appuntamento successivo: «Ricordo con esattezza di aver incontrato Dagostino il 21 maggio 2015 a Savalletri, piccolo porto con delle casette, insieme al dottor Savasta (cioè colui che il giorno dopo avrebbe dovuto interrogare il suo cliente Rizzitelli, ndr) che conosco perché sono stato con lui nella stessa classe di liceo classico di Barletta. L'incontro a Savelletri è avvenuto perché Dagostino mi disse di aver rilevato lì un b&b (in realtà una masseria ndr) molto bello, e che poteva farmi uno sconto laddove avessi voluto passarci qualche giorno. Siccome anche negli anni passati avevo già trascorso dei fine settimana con il dottor Savasta proposi a Savasta di andarlo a vedere insieme. (…) a quel punto ho presentato Dagostino a Savasta. Visitammo il b&b che non piacque al dottor Savasta». Il giorno dopo in ogni caso ci fu l'interrogatorio del presunto complice di Dagostino. Con gli inquirenti Sfrecola ha ricordato: «Conosco Dagostino da quando eravamo piccoli e giocavamo a a calcio insieme. Nel 2014 o 2015 lo rincontrai a Barletta e mi chiese il numero di telefono per dargli alcuni consigli legali per alcuni sui amici che ne avevano bisogno e io glieli diedi». Tra gli amici di Dagostino c'era Tiziano Renzi che si presentò nel porticcolo di Trani il 2 luglio 2015 e, ufficialmente, chiese una consulenza per la sua vicenda giudiziaria genovese.Dagostino riportò con sé in Puglia Tiziano e la moglie Laura Bovoli il 12 settembre 2015, per farli soggiornare nella sua masseria di Savelletri, una frazione di Fasano. Nella stessa giornata avrebbe approfittato per incontrare, alle 15, Savasta all'Igloo bar di Barletta. Quel giorno Sfrecola rivide i Renzi: «Fu un incontro veloce per un saluto» assicura oggi l'avvocato. Ma all'epoca scrisse questo sms a una conoscente: «Abbiamo pranzato a Savelletri con i genitori di Matteo Renzi». Il legale quel pomeriggio fece alcune foto con il cellulare e «in una di esse era presente un uomo da identificarsi in Tiziano Renzi» hanno annotato gli investigatori. Sfrecola scrisse anche quest'altro messaggino: «Doveva stare pure Renzi figlio, ma è andato a New York per la finale del Master Pennetta Vinci». Una millanteria? «Forse, ma non mi ricordo» svicola Sfrecola con il cronista. Proprio quel 12 settembre Renzi era atteso all'inaugurazione della Fiera del Levante di Bari, un appuntamento fisso per i presidenti del Consiglio italiani, che il Rottamatore disertò a sorpresa proprio per volare a New York. Sfrecola alla pm von Borries ha anche riferito la sua versione sulla trasferta a Roma del 17 giugno 2015, quando lui, Dagostino e Savasta incontrarono l'allora sottosegretario Luca Lotti: «Antonio Savasta che era mio amico mi confidò che era stanco di ricevere esposti che lo avevano portato a subire procedimenti penali, alcuni come indagato, altri come persona offesa, trattati dalla Procura di Lecce. (…) Mi disse che per evitare questa situazione di tensione voleva cambiare aria ed essere quindi trasferito da Trani e dalla Puglia. (…) Siccome Dagostino mi aveva detto che era in buoni rapporti con Luca Lotti, dissi a Savasta che potevo aiutarlo fissando un appuntamento con Lotti che all'epoca era sottosegretario alla presidenza del Consiglio (…). Chiesi a Savasta se poteva essere interessato e lui mi chiese chi poteva essere in grado di fissare quell'appuntamento e io gli dissi che era Luigi del b&b, a quel punto Savasta mi disse che era interessato ad avere un incontro con Luca Lotti, io lo dissi a Dagostino e questi lo fissò (…)».I passi e alcune foto dei telefonini confermano che la combriccola entrò a Palazzo Chigi. In un'immagine compare Sfrecola e in un'altra un uomo allo specchio di spalle identificato dagli investigatori in Savasta. Secondo Sfrecola il giudice inquisito avrebbe scodellato davanti a Lotti le sue competenze in materia di norme ambientali, ottenendo i complimenti «per l'esposizione tecnica» da parte dell'allora sottosegretario. Ma di fronte a questa versione dell'incontro, la pm ha fatto presente che era «veramente poco credibile che avendo fissato un appuntamento da Lotti perché Savasta voleva andare via dalla Procura di Trani, tale incontro alla fine si sia svolto senza mai fare riferimento a questa intenzione di Savasta».Sfrecola a questo punto si è arroccato: «Alla mia presenza non fu chiesto nulla di esplicito, ma in realtà Savasta esponendo le problematiche della normativa ambientale si era messo a disposizione di Lotti, laddove avesse avuto bisogno di comporre una qualche commissione di studio a Roma».Von Borries ha chiesto a Sfrecola se all'incontro a Palazzo Chigi ci fosse anche il manager calabrese Roberto Franzè, ottenendo una risposta negativa. La domanda rivela che su questo personaggio sono in corso verifiche. Con La Verità, Sfrecola non esclude che Franzè quel 17 giugno fosse uno degli ospiti che entrarono prima di lui, Dagostino e Savasta da Lotti e che erano stati identificati dall'ufficio passi. Franzè il 5 maggio 2015 era diventato consigliere di Cassa depositi e prestiti, la società di investimenti pubblici che nell'aprile 2015 ricevette le offerte di alcune società per l'acquisito del Teatro comunale di Firenze, che venne assegnato a fine maggio dello stesso anno a un'azienda di cui era socio lo stesso Dagostino a un prezzo dimezzato rispetto a quello auspicato qualche mese prima dall'allora sindaco di Firenze Renzi.Giacomo Amadori<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/inchiesta-sul-pm-che-ando-da-lotti-soldi-per-far-tacere-gli-inquisiti-2583569259.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="lex-socio-di-tiziano-falsifico-i-verbali" data-post-id="2583569259" data-published-at="1758137789" data-use-pagination="False"> L’ex socio di Tiziano falsificò i verbali Pezzo forte dell'ultima inchiesta che coinvolge l'ex socio di babbo Tiziano Renzi, Luigi Dagostino, è il falso verbale d'assemblea che doveva servire per tirare fuori dai guai l'immobiliarista barlettano e che ora, invece, a sentire la Procura, si è trasformato in una prova a suo carico. Con quel verbale, come raccontato domenica dalla Verità, Dagostino si è messo nei guai da solo, perfezionando l'acquisto di una villa venduta all'asta e comprata con un giro di soldi sospetto dalla Nikila invest Srl. I beni sono stati sequestrati dal Tribunale di Firenze. E Dagostino è finito dentro. A opporsi a una richiesta di scarcerazione, ieri, nell'aula del Tribunale del Riesame, c'era il procuratore Christine von Borries in persona. Lo scorso mese di maggio l'avvocato Matteo Faggioli e il commercialista Federico Ariano, consulenti di Dagostino e della sua compagna Ilaria Niccolai, erano in ufficio con Dagostino e sono stati intercettati mentre mettevano a punto la strategia. Quella scenetta, finita sulle bobine degli investigatori, si è trasformata in un'accusa precisa per i due consulenti che, secondo la Procura, «redigevano nel maggio 2018 un falso verbale di assemblea della Nikila invest datato 31 ottobre 2016, assemblea che in realtà non si era mai tenuta, nella quale si dava mandato all'amministratore Dagostino di acquistare il 60% del capitale sociale della Syntagma e, visto che la Syntagma si era aggiudicata all'asta l'immobile di Villa Banti e che per perfezionale l'acquisto doveva ancora pagare 1.957.500 euro, si autorizzava e dava mandato a Dagostino di effettuare finanziamenti sino a un massimo di 1.700.000 euro alla Syntagma in modo da dotarla delle risorse finanziarie per il perfezionamento dell'acquisto». Con questo giochetto, Dagostino avrebbe creato quella che la Procura definisce una «fittizia giustificazione documentale e contabile al trasferimento di denaro avvenuto tra Nikila e Syntagma di 1.690.000 euro con la giustificazione fittizia “acquisto quote Syntagma"». L'atto doveva essere pezzo forte dell'istanza di dissequestro per la proprietà ed è stato falsificato, sostiene l'accusa, «in un estremo tentativo di fornire una giustificazione ai delitti commessi». A quel punto la Procura ha indagato avvocato e commercialista per favoreggiamento. La difesa rappresentata dall'avocato Alessandro Traversi ha chiesto la scarcerazione principalmente per tre motivi: delle 14 società citate nell'ordinanza e che avrebbero usufruito delle false fatture due sole sarebbero ancora attive e nella disponibilità di Dagostino, la Nikila Invest e la Uno Invest; le fatture, salvo poche eccezioni, risalgono al periodo 2012-2015 e quindi non sono particolarmente recenti; l'indagato ha fatto ricorso al ravvedimento operoso e ha restituito al Fisco 3,7 milioni di euro e nei giorni scorsi ha attivato uno studio di tributaristi fiorentini per completare l'opera e fare definitivamente pace con l'Erario. La pm Christine von Borries ha ribattuto sottolineando l'importanza degli importi delle false fatture (10 milioni di euro) e ha evidenziato il pericolo della reiterazione del reato citando una vicenda emersa in un altro fascicolo riguardante Dagostino (legato al sequestro di una villa). Saranno il presidente del Riesame, Livio Genovese, e i giudici a latere Rossela Tarchi e Pier Francesco Magi a decidere sulla richiesta di scarcerazione. Fabio Amendolara
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