2024-02-25
Ora la «truffa» Gedi finisce nelle carte della Corte dei conti
La sede del gruppo editoriale Gedi a Torino (Ansa)
Lo scandalo dei presunti prepensionamenti truccati nel dossier del nuovo anno giudiziario: «Nove milioni il danno all’erario».Mentre il procedimento penale con 101 indagati (tra cui diversi importanti manager) e a cinque società sembra essersi incagliato sulle richieste di patteggiamento che erano state rigettate dal gip perché considerate troppo morbide, il procuratore regionale della Corte dei conti del Lazio Paolo Crea ha inserito il caso Gedi, la casa editrice della famiglia Agnelli-Elkann, tra quelli segnalati all’inaugurazione dell’anno giudiziario contabile dell’altro giorno: «Con riguardo ai danni arrecati al patrimonio delle amministrazioni pubbliche», ha scritto l’inquirente contabile nella sua relazione, «si segnala l’invito a dedurre per la truffa all’Inps per finti demansionamenti, trasferimenti e prepensionamenti di funzionari e dirigenti, non aventi titolo, riconducibili al cosiddetto Gruppo Gedi». Evidenziando anche «il danno contestato», pari a 9.027.431 di euro. Le decine di lavoratori mandati in quiescenza senza i requisiti sono stati privati dell’assegno previdenziale e hanno ricevuto richieste di risarcimento da centinaia di migliaia di euro. L’Inps ha smesso di erogare i bonifici sub judice, lasciando molti ex dipendenti di Gedi senza pensione e senza lavoro. Per il potenziale danno erariale i magistrati contabili hanno messo nel mirino nove impiegati e due ex dipendenti (gli stessi che compaiono nel procedimento penale), tutti accusati di una condotta («antigiuridica») che avrebbe comportato «l’illecita fuoriuscita dalle casse dell’Ente di un importo ingente», ovvero i 9 milioni di euro. Che nel procedimento penale, invece, sono 22,3, con un risparmio sul personale delle società del gruppo da 38,9 milioni. I numeri della Procura contabile sono più bassi perché le pratiche considerate ascrivibili ai dipendenti Inps individuati sono 43, rispetto alle 83 prese in considerazione dai magistrati della Procura ordinaria. Il fascicolo istruttorio della Procura contabile è stato aperto il 14 febbraio 2022, «a seguito dell’acquisizione di diversi articoli stampa pubblicati su alcune testate giornalistiche a rilevanza nazionale aventi ad oggetto una presunta truffa all’Inps». Tutte notizie pubblicate dalla Verità. Le toghe contabili hanno riassunto così nel loro atto d’accusa (che in gergo tecnico si chiama «invito a dedurre») i giochi di prestigio per far risparmiare Gedi: «Il sistema truffaldino ipotizzato si basava sul trasferimento di alcuni dipendenti che godevano di stipendi alti, «passati» con qualifiche drasticamente rimpicciolite (da manager a grafici) da aziende che non avevano diritto ad ammortizzatori sociali ad altre infragruppo, grazie alle quali sono stati concessi milioni di contributi in danno dello Stato, quantificati in oltre 38 milioni, oggetto di sequestro preventivo subito dalla società editrice Gedi, somma che l’autorità giudiziaria penale ha ritenuto essere stata sottratta al bilancio dell’Inps». Le toghe spiegano anche che dirigenti, non prepensionabili, sono stati demansionati a livello di quadro, ma «agli stessi è stato comunque riconosciuto il medesimo livello retributivo del periodo in cui erano dirigenti, attraverso altre voci salariali indicate in busta paga (ad esempio il «superminimo assorbibile»), oltre ad ulteriori benefit dirigenziali». La frode si sarebbe basata pure su illeciti riscatti di annualità mai lavorate, per le quali non risultavano i relativi versamenti contributivi (i libretti di lavoro sarebbero stati truccati) e su trasferimenti di personale eseguiti (in svariati casi solo sulla carta) per poter accedere «indebitamente» agli scivoli previsti per la sede/società di destinazione. Creando così l’ipotizzato danno erariale. Non l’unico, per la verità, sul quale è concentrata in questo momento la Procura contabile. Nella sua relazione Crea ha inserito anche il caso dell’Ama, la municipalizzata che a Roma gestisce la raccolta dei rifiuti, ritenendo il procedimento rilevante «per l’impatto sul territorio romano» ma anche «per gli importi dei danni». Nel corso del 2023 è stato emesso un invito a dedurre, spiega Crea, «per il danno causato dal maggior costo sostenuto dalla società per i canoni pagati per l’utilizzazione full service di 28.050 cassonetti», il cui costo complessivo, stando ai calcoli dei magistrati contabili, supererebbe quello dell’acquisto «della stessa quantità di cassonetti». Mentre in materia di appalti, sempre Crea segnala il caso dell’Istituto poligrafico Zecca dello Stato, per un affidamento diretto, «simulando la sussistenza del requisito dell’infungibilità», che avrebbe avvantaggiato un operatore economico, «con aggravio di spese». In questo caso c’è già una sentenza di condanna per la cifra di 1.100.000 euro.
Jeffrey Epstein e Donald Trump (Ansa)
L'ad di SIMEST Regina Corradini D'Arienzo
La società del Gruppo Cdp rafforza il proprio impegno sui temi Esg e conferma anche la certificazione sulla parità di genere per il 2025.
SIMEST, la società del Gruppo Cassa depositi e prestiti che sostiene l’internazionalizzazione delle imprese italiane, ha ottenuto l’attestazione internazionale Human Resource Management Diversity and Inclusion – ISO 30415, riconoscimento che certifica l’impegno dell’azienda nella promozione di un ambiente di lavoro fondato sui principi di diversità, equità e inclusione.
Il riconoscimento, rilasciato da Bureau Veritas Italia, arriva al termine di un percorso volto a integrare i valori DE&I nei processi aziendali e nella cultura organizzativa. La valutazione ha riguardato l’intera gestione delle risorse umane — dal reclutamento alla formazione — includendo aspetti come benessere, accessibilità, pari opportunità e trasparenza nei percorsi di crescita. Sono stati inoltre esaminati altri ambiti, tra cui la gestione degli acquisti, l’erogazione dei servizi e la relazione con gli stakeholder.
L’attestazione ISO 30415 rappresenta un passo ulteriore nel percorso di sostenibilità e responsabilità sociale di SIMEST, in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni unite, in particolare quelli relativi alla parità di genere e alla promozione di condizioni di lavoro eque e dignitose.
A questo traguardo si affianca la conferma, anche per il 2025, della certificazione UNI/PdR 125:2022, che attesta l’efficacia delle politiche aziendali in tema di parità di genere, con riferimento a governance, crescita professionale, equilibrio vita-lavoro e tutela della genitorialità.
Valeria Borrelli, direttrice Persone e organizzazione di SIMEST, ha dichiarato: «Crediamo fortemente che le persone siano la nostra più grande risorsa e che la pluralità di esperienze e competenze sia la chiave per generare valore e innovazione. Questi riconoscimenti confermano l’impegno quotidiano della nostra comunità aziendale nel promuovere un ambiente inclusivo, rispettoso e aperto alle diversità. Ma il nostro percorso non si ferma: continueremo a coltivare una cultura fondata sull’ascolto e sull’apertura, affinché ciascuno possa contribuire alla crescita dell’organizzazione con la propria unicità».
Con questo risultato, SIMEST consolida il proprio posizionamento tra le aziende italiane più attive sui temi Esg, confermando una strategia orientata a una cultura del lavoro sostenibile, equa e inclusiva.
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