2022-11-20
Incantarsi a Brescia nel piccolo paradiso di un parco con il lago
Il giardino pubblico dedicato a Olga Ducos è rinato grazie alla volontà di associazioni e residenti. Ed è un inno alla vita.Noi bresciani ci teniamo alla nostra città. Certo, dipende anche da come tu vedi le cose, perché ovviamente ci sono bresciani e bresciani. Ci sono i bresciani agiati, delle ricche famiglie della città, che abitano i palazzi del centro. E ci sono i bresciani delle ville, ci sono i bresciani che lavorano tutto il giorno per riuscire a mantenere un certo tenore di vita, ci sono i bresciani che vivono di sussidi, tra disoccupazione, lavori precari molto mal pagati, reddito di cittadinanza. Questo capita anche a Bergamo, a Milano, a Como, a Varese, è il solito pentagramma economico e sociale che differenzia le città dei nostri giorni.Brescia ha 200.000 abitanti, un milione e due nella Provincia, la più estesa della Lombardia. Da buoni bresciani e da buoni lombardi, sentiamo il bisogno di lavorare tutta la vita, di produrre, noi lumbard, noi brescià(n), de Bressà. Inequivocabilmente, il denaro è metro di molte faccende: quale lavoro svolgi determina anche le amicizie che puoi avere, perché si è ragazzi e magari anche simpatizzanti di certe questioni, di certe idee rivoluzionarie, per dire, ti avvolgi al collo la kefiah, la sciarpa filo-palestinese, ma appena rientri nella geometria lavoro-matrimonio-casa-automobile-figli beh, certe cose è meglio lasciarle dove sono, tanto in Medio Oriente si odiano e si fanno la guerra da prima ancora che tu venissi al mondo. Dunque, che ci puoi mai fare? Come si dice, pensa a te, pensa ai fatti tuoi, cura i tuoi interessi, il resto lascialo a chi se lo può permettere, a chi ama portare le croci.Io ho rifiutato questi modelli, anche se li capisco, ovviamente molti amici hanno fatto questo passo, sono entrati nel mondo della produzione, del lavoro, anche per non scontentare i padri, le madri, le famiglie, gli amici. Io mi arrangio in un altro modo. Sono forse rimasto uno dei pochi che è cresciuto nei palazzoni attorno al lago del Parco Ducos quando, a dirla tutta, il centro della città sembrava più lontano rispetto ad ora.Ma certe cose sono cambiate soltanto in apparenza. Certo, nei non proprio sfavillanti anni Settanta del secolo scorso, quando io ero bambino, qui tirava un’aria poco allegra, tra questi meravigliosi tronchi di tassodio o cipresso delle paludi si incontravano curiosi tipi umani, prostitute, tossici e compagnia cantante. Non era certamente un bel parco rispettabile dove venire a passeggiare con serenità. In questi decenni qualcosa è cambiato, i palazzi si sono ammodernati, la città si è allungata e ci ha raggiunti, anzi, superati, e certe curiosità da fine del mondo se ne sono andate, magari per spostarsi nemmeno troppo lontano. Le vedi la sera, lungo le strade che portano ai centri commerciali.Per un certo periodo l’area era addirittura diventata scenario delle esibizioni acrobatiche di alcuni motociclisti (motocross). Da quel che ho saputo, il Parco Ducos, dedicato a Olga Ducos, nasce nel Settecento, quando era parte dei giardini dei conti Salvanego-Ducos, sostenitori di Napoleone Bonaparte. Fu abbandonato per decenni e infine donato dai proprietari al Comune negli anni Sessanta, grazie al lavoro di Italia Nostra e del consiglio del quartiere di Porta Venezia, composto da sognatori, comunisti, ma anche persone del quartiere che amavano questo piccolo parco. E così sono riusciti a farlo diventare uno spazio pubblico, aperto e curato a partire dal 1981, cercando anzitutto di risparmiarlo dagli appetiti dell’edilizia, ovviamente voraci oggi quanto nella seconda metà del secolo scorso. Oggi questo parco di circa 21.000 metri quadrati è stato più che raddoppiato con l’aggiunta di alcuni giardini oltre il corso della ferrovia, detti Ducos 2.La parte bella, originale, del parco è quella attorno al laghetto, dove vive stabilmente una piccola comunità di germani reali, in comunione con una piccola colonia di tartarughe d’acqua, qualche airone e altri uccelli di passaggio. Una schiera di esemplari secolari di Taxodium disticum crea un ambiente suggestivo, con alcuni esemplari che superano i tre metri di circonferenza del tronco. Questi alberi vivono affascinati dall’acqua, la cercano, anzi, si completano proprio immergendosi con le loro cortecce grigie in pozze, ruscelli, rii artificiali, laghetti. Quando crescono nella terra e sono circondati soltanto da erbe, è come se mancasse loro qualcosa, come se fossero al mondo ma non per quello scopo primario per il quale Dio, o chi per lui, li ha generati. L’autunno avanza e il loro ampio e fitto manto piangente color verde chiaro, oramai, si è macchiato di ruggine. Alcuni alberi sono addirittura tutti porporati, come se fosse un conclave di romantici vescovi medioevali, magari dipinti dalla mano di un Johannes Vermeer. Seguendo un percorso che si avvicina al laghetto e sfugge sulla sinistra e si incunea accanto ai primi cipressi, se ne contano sette, quindi c’è una solitaria sequoia della California, col suo manto irrimediabilmente verde e le foglie, come si diceva un tempo, a forma di tasso, sebbene più morbide. Due ponticelli di legno, dal gusto orientale, e poi la terra scende a sposarsi con l’acqua, in un ambiente davvero improvvisamente suggestivo, che ti strattona in qualche lembo di costa che ti immagini in Louisiana.Poi un breve viale, doppiamente alberato, a sinistra quanto a destra, composto da una quarantina di esemplari di varia generazione, che si proiettano in una calotta colorata, lassù, capace di nascondere il cielo. Si gira intorno e si arriva dalla parte opposta, dove alcuni cipressi circondano le panchine. C’è un’isoletta minuscola al centro del laghetto, sopra hanno radicato diversi tassodi e ci sono anche due casette in legno, una verde e una mattonesca. Credo siano le dimore notturne per le anatre che galleggiano qui intorno. Direi che alcune chiome potrebbero superare i trenta metri di altezza. E poi le acque, dove si sta formando una nutrita popolazione di nannufari, o ninfee gialle, piante acquatiche.La mattina, soprattutto nei giorni feriali, le visite possono essere solitarie, a parte qualche ragazzo che si nasconde sotto un cappuccio e che forse continua a cercare di vendere qualcosa che aiuti a star meglio, dal suo punto di vista quantomeno. In estate e nei fine settimana, la domenica anzitutto, la pace svanisce per fare posto a una variopinta e talora confusa allegria.
Cristian Murianni-Davide Croatto-Andrea Carulli