Il sindaco di Bologna regala pipette di crack ai drogati

- L’amministrazione di sinistra farnetica di «riduzione del danno» perché così i tossici non consumeranno il devastante stupefacente con strumenti artigianali.
- Il centrodestra si scaglia contro l’iniziativa del sindaco bolognese, Matteo Lepore. Marco Lisei: «Presenterò un’interrogazione parlamentare». Matteo Salvini: «Follia a spese dei cittadini». Critiche anche da Elena Bonetti (Azione): «Misura dannosa».
Lo speciale contiene due articoli
Finora avevamo incontrato le istituzioni compiacenti, quelle che non vogliono dichiarare guerra alla droga ma pensano a renderla legale e nel frattempo consentono l’espansione del business della cannabis a bassa intensità. Il Comune di Bologna, però, ora ci conduce dritti in una nuova dimensione: quella in cui le istituzioni non solo non ostacolano ma addirittura aiutano i tossicodipendenti a consumare stupefacenti. E non canne, ma droghe pesantissime. Dalle prossime settimane l’Azienda dei servizi alla persona del Comune guidato dal piddino Matteo Lepore distribuirà pipette per il crack ai consumatori che ne faranno richiesta. Volendo, i preziosi strumenti in alluminio si potranno ritirare anche presso gli spazi di Fuori binario in via Carracci, vicino alla stazione.
A quanto risulta, per questa inimitabile operazione le istituzioni cittadine hanno stanziato la bellezza di 3.500 euro per l’acquisto di 300 pipe in alluminio, che per altro non saranno nemmeno sufficienti visto che - stando ai dati dell’Ausl - i fruitori bolognesi della pericolosa sostanza sono in aumento da anni: da 353 censiti nel 2023 si è passati a 456 nel 2024 e poi a 518 lo scorso giugno. Invece di aiutarli a smettere, magari evitando che si facciano uccidere dalla droga, il Comune li agevolerà nel consumo. La chiamano «riduzione del danno».
Secondo l’assessore Matilde Madrid «il crack resta una sostanza con gravi effetti sulla salute, ne siamo consapevoli». Ma «la politica di riduzione del danno punta principalmente a intercettare queste persone: il 55% sono italiani. La sperimentazione ha dimostrato che l’utilizzo di strumenti adeguati consente di ridurre il consumo e le patologie secondarie come sanguinamenti, tracheiti, infezioni derivate dall’utilizzo di materiali improvvisati e condivisi per questo la estendiamo».
In effetti nei mesi scorsi Fuori Binario ha affidato a Raimondo Pavarin, professore ed epidemiologo dell’Università di Bologna, una sperimentazione che prevedeva la distribuzione di 40 pipe ai consumatori. A parere del professore, «distribuire le pipe, attrezzature adatte all’uso per inalazione, sembra una pratica efficace per ridurre comportamenti pericolosi e danni alla salute tra i consumatori di crack». Beh, tutto dipende dal punto di vista da cui si osserva il problema: si potrebbe infatti obiettare che i danni alla salute ai consumatori li provochi soprattutto il crack, la cui diffusione sarebbe da ostacolare in ogni modo e non da tollerare.
Tuttavia l’orientamento del Comune di Bologna è quello che molto spesso si ritrova in una parte della sinistra: poiché le droghe vengono consumate e non si può arrestarne la diffusione, si dice, tanto vale puntare in basso, rinunciare alla lotta mentre si mette qualche pezza qua e là. Il professor Pavarin, alla fine di luglio, ha esposto i risultati della sua ricerca al consiglio comunale, spiegando che «fornire strumenti più sicuri per fumare crack può promuovere la salute e coinvolgere le persone nel trattamento, e che la distribuzione delle pipe ha contribuito in modo significativo alla diminuzione di pratiche iniettive e della condivisione degli strumenti di consumo, con riduzione del rischio infettivo e l’aumento del passaggio dall’uso iniettivo a quello inalatorio e della capacità di autoregolare i consumi e di contattare i servizi di rete».
Insomma, non si cerca di eliminare l’abuso ma ci si rassegna alla sua esistenza e si presenta come una grande conquista il fatto che chi si droga utilizzi una pipetta fornita dal Comune e non una artigianale. Bella soddisfazione. In aggiunta, le istituzioni forniranno anche test per il drug checking, cioè strumenti utili a valutare le sostanze prima di consumarle: «Capita che le persone acquistino sostanze da spacciatori sconosciuti e il rischio che siano letali esiste ed è frequente», dice l’assessore Madrid a Repubblica. Sempre lo stesso approccio: non si prova ad abbattere il consumo, lo so accetta illudendosi di fornire qualche forma di sicurezza e di «sensibilizzare» i tossicodipendenti che negli spazi comunali «non trovano solo pipe ma anche spazi di decompressione, la possibilità di mangiare, persino cineforum e laboratori». Non sembra che tutto ciò funzioni granché: pare che lo scorso anno siano stati una settantina coloro che si sono rivolti al Sert per disintossicarsi, mentre i consumatori abituali continuano a essere varie centinaia e sono in aumento (con una crescita preoccupante fra le donne).
Sempre Repubblica informa che «Bologna è anche capofila della Rete Elide (Rete delle città italiane per l’innovazione delle politiche sulle droghe) che porterà a novembre a Roma alla Conferenza nazionale sulle dipendenze la richiesta dell’implementazione delle stanze del consumo al momento illegali in Italia». Secondo l’assessore competente «sarebbe un passo ulteriore, in Europa ne esistono un centinaio. La riduzione del danno fa parte dei Livelli essenziali di assistenza».
Non solo distribuiscono le pipe, ma vorrebbero anche sdoganare le stanze per drogarsi. Manca solo che procurino gli stupefacenti: a quel punto il servizio sarebbe completo. Verrebbe da fare dell’ironia amarognola e dire che la scelta del Pd bolognese non stupisce: se vogliono essere votati devono drogare gli elettori. Ma non si può ridere di una cosa del genere: il crack ammazza le persone in un modo atroce, dopo averle schiantate e ridotte a larve. Rifiutarsi di combatterlo e di fatto agevolarne il consumo è delirante. Ancora una volta, con la scusa della tolleranza, si propone un approccio falsamente dolce che va a danno dei più deboli. E mentre i politici si sentono buoni, progressisti e all’avanguardia, qualche poveretto continua a morire e a disfarsi la vita.
Fdi: «Denunciamo Lepore e la giunta per istigazione al consumo di droga»
«Siamo di fronte a un Comune spacciatore. La giunta Lepore, il Comune di Bologna, ha deciso che con i soldi pubblici dei bolognesi pagherà le pipe del crack per tenere così i tossicodipendenti nella gabbia della droga, una scelta che incentiva l’assunzione di cocaina ed eroina» ha dichiarato il senatore di Fdi, Marco Lisei, che ha aggiunto: «Fratelli d’Italia denuncerà questa incitazione al consumo e allo spaccio di droghe. Presenterò una interrogazione parlamentare nel merito e stiamo anche valutando di denunciare Lepore e la giunta bolognese per istigazione a delinquere. Dopo la promozione della cannabis in più occasioni da parte della sinistra bolognese e le ripetute battaglie per la legalizzazione delle droghe, la sinistra adesso ha deciso di fare il passo successivo e di agevolarne addirittura direttamente il consumo. Follia pura» ha concluso Lisei. L’iniziativa del Comune bolognese è arrivata nel giorno in cui la premier Giorgia Meloni, dal palco del Meeting di Rimini aveva pronunciato parole piuttosto nette: «La droga fa schifo» concetto poi ribadito durante la visita a San Patrignano in segno del sostegno alle comunità di recupero e per sottolineare «l’assoluto rigore nella lotta alla droghe».
Contro il progetto dell’assessore al Welfare Matilde Madrid si scaglia anche l’europarlamentare di Fdi Stefano Cavedagna: «Denunciamo Lepore e la Giunta per incitazione al consumo e allo spaccio di droghe. Distribuire pipette gratis per consumare crack, peraltro impiegando soldi dei bolognesi, è davvero inaccettabile e oltre ogni scelta assennata. Pare una vera e propria istigazione a delinquere. Lepore finisce per promuovere il consumo di droghe. Bloccheremo con ogni mezzo questa follia e dopo la denuncia per istigazione a delinquere andremo anche alla Corte dei conti perché i soldi pubblici non si possono buttare così».
Anche per il capogruppo di Fdi alla Camera, il bolognese Galeazzo Bignami si tratta di «una vera e propria induzione al consumo di droga e alla dipendenza di sostanze stupefacenti. Una ragione per essere orgogliosi di Giorgia Meloni, del suo governo e della differenza che ci distingue da questa sinistra. Non ci stancheremo mai di ripeterlo: la droga fa schifo!».
Il vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli, Fdi, ha sottolineato che «sembra di essere tornati alle sperimentazioni degli anni Novanta quando la sinistra, preparando il terreno alla società fluida e ansiosa di gestire generazioni di zombie, non volle debellare la tossicodipendenza proponendo metadone libero e stanze del buco in alternativa alle comunità terapeutiche e alla loro missione di ricostruire la personalità e lo spirito di un essere umano afflitto dal germe della devianza».
Stessa posizione per Maurizio Gasparri, presidente dei senatori di Forza Italia: «Il Comune di Bologna, invece di contrastare la diffusione delle droghe, si mette a fare l’aiutante degli spacciatori. Chi entra nell’orribile tunnel delle dipendenze deve essere aiutato per uscirne grazie al grande lavoro che fanno le comunità. Questa assurda decisione del Comune a guida Pd, è una vergogna».
Anche il vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini ha affidato ai social il suo commento: Pipe per il crack distribuite dal comune di Bologna a spese dei contribuenti? Questa è follia. La droga è morte e fa schifo. Va fermata non incentivata». Per Anna Cisint, europarlamentare della Lega, e Matteo Di Benedetto, capogruppo della Lega in comune a Bologna, l’iniziativa di Lepore «dal punto di vista giuridico si potrebbe configurare il reato di istigazione, proselitismo o induzione all’uso di sostanze stupefacenti, di cui all’art. 82 del testo unico sugli stupefacenti mentre dal punto di vista politico presenteremo una interrogazione in Comune e una interrogazione al Parlamento europeo per verificare la compatibilità con la normativa europea».
In una nota congiunta, i consiglieri comunali Samuela Quercioli (Bologna Ci Piace) e Gian Marco De Biase (Al Centro Bologna) hanno dichiarato che la proposta «viola i principi costituzionali e mette seriamente in dubbio il rispetto dell’articolo 32 della Costituzione, che tutela la salute come diritto fondamentale dell’individuo e interesse della collettività».
Non solo dai partiti di centrodestra sono piovute critiche per la decisione anacronistica del Comune di Bologna, città dove il problema delle droghe è particolarmente sentito. Molto critica infatti anche Elena Bonetti, deputata di Azione di cui è vicecapogruppo a Montecitorio: «Esiste un problema enorme di traffico di droga che è anche di sicurezza a livello internazionale. Detto questo, una misura di riduzione del danno che non comprenda una presa in carico della persona con servizi adeguati, sia sul fronte educativo che di accompagnamento, rischia non solo di essere inefficace ma anche di risultare dannosa».
Tranchant il commento del fondatore di Villa Maraini-Cri di Roma Massimo Barra, da 40 anni impegnato per la cura e la riabilitazione da droghe: «Le pipette gratis è una misura spot che serve ai Comuni per fare bella figura o per far vedere che sono sensibili ai problemi dei tossicomani, ma servono a poco. Anzi: servono a scandalizzare i benpensanti, a fare clamore, a finire sui giornali. Ma non servono ai tossicodipendenti. È perfettamente inutile distribuire le pipe se poi a valle non hai la possibilità di curare la gente, di incontrarla quotidianamente e di ridurre globalmente il danno dell’assunzione. Ai tossicodipendenti serve la cura».






