2025-05-08
In Vaticano c’è voglia di chiudere l’era Bergoglio
«Sulle riforme di Francesco non è possibile il passo indietro», confidava al Corriere della Sera un cardinale prima di rinchiudersi in conclave. «Chi sarà eletto percorra la strada di Bergoglio», intimava perentoriamente dalle pagine di Repubblica un altro porporato. Nei giorni che hanno preceduto la riunione dei grandi elettori, almeno sulla carta gli eredi del pontefice scomparso hanno la maggioranza, considerando che più di 100 sono stati nominati proprio da papa Francesco. E dunque, se volessero eleggere un «simil Francesco», non avrebbero problemi. Invece, da quanto si capisce, i cosiddetti bergogliani, quelli che a parole, quanto meno nelle interviste rilasciate nei giorni antecedenti la convocazione in San Pietro, dovrebbero essere uniti nella scelta di un pontefice se non fotocopia, almeno delfino di Bergoglio, sono divisi come mai. Anche se in comune hanno la nomina del Santo Padre scomparso dopo 12 anni a capo della Chiesa, si capisce non solo che il «partito» di Bergoglio è diviso fra latinoamericani, africani e asiatici, ma che all’interno ci sono fazioni più o meno in contrasto. Non tutti vogliono spingere sulle riforme, ma anzi qualcuno pensa che Francesco su alcuni temi sia andato troppo in là e sia meglio prendersi una pausa prima di lanciarsi verso altre aperture, lasciando intendere che forse anche qualche passo indietro non sarebbe male. Sono troppe le cose lasciate a metà, come il ruolo delle donne, l’apertura ai gay e ai divorziati, la riforma delle finanze vaticane: tutte questioni che richiedono di essere pensate se non ripensate. E poi anche fra cardinali che provengono dallo stesso Paese le opinioni sul da farsi sono contrastanti. Dalla Germania infatti, arrivano prelati con posizioni ultra progressiste e altri con richieste ultra conservatrici, al punto che sembrano appartenere a due chiese separate. Lo stesso dicasi degli Stati Uniti, con cardinali che non sembrano parlare la stessa lingua.Su un punto tuttavia tutti sembrano d’accordo: nessuno dei partecipanti al conclave vuole un altro Bergoglio, ovvero un monarca assoluto, che possa decidere in totale libertà di cacciare e nominare cardinali, mettendo mano alla dottrina ma soprattutto all’organizzazione, in particolare della curia romana. A differenza delle interviste di facciata, si capisce che dietro le mura vaticane, ma non solo, il decisionismo di papa Francesco non era amato. Piaceva la sua aria pop, l’abbraccio con i fedeli e l’apparente giovialità. Molto meno la sua voglia di cambiare tutto e di stravolgere le gerarchie, a volte con misure contraddittorie. Sotto il cupolone hanno visto passare re e dittatori e nonostante il Vaticano sia una delle poche monarchie resistite nei secoli, non amano l’uomo solo al comando.Sarà un caso, ma ieri, durante la santa messa Pro eligendo romano pontifice, l’omelia del decano del collegio cardinalizio, Giovan Battista Re, non ha mai citato Bergoglio né la sua opera. Forse in ossequio al motto «morto un Papa se ne fa un altro». Per poi gridare: «Viva il papa».
Francesca Albanese (Ansa)
Andrea Sempio. Nel riquadro, l'avvocato Massimo Lovati (Ansa)