
La benedizione alle coppie gay e l’anniversario della morte di Benedetto XVI fanno montare la tensione attorno a Bergoglio: conclave non più scontato. Georg Gänswein e Federico Lombardi tornano sulla scena. Ratzingeriani e vescovi del Terzo mondo pronti all’alleanza.I fumi dell’incenso, usato per i riti di queste festività, non bastano a offuscare la tensione che aleggia in Vaticano da quando è uscita Fiducia Supplicans. Il documento sulla benedizione delle coppie irregolari, incluse quelle omosessuali, licenziato dal prefetto della Fede, monsignor Víctor Manuel Fernández, ha prodotto un effetto paradossale: a ribellarsi alla linea della Santa Sede non sono stati soltanto i cardinali conservatori. Il dissenso, stavolta, è trasversale. Tucho ha agito di propria iniziativa, esautorando la Feria Quarta, la commissione di esperti del Dicastero che dovrebbe discutere e votare le questioni teologiche da sottoporre al Pontefice. Ma al di là dei mormorii della Curia, sta destando preoccupazione, a Santa Marta, il disagio che promana da Asia e Africa. Quelle «periferie», in senso geografico e spirituale, che Francesco aveva eletto a luogo evangelico speciale. E ad agitare le acque, c’è stato pure l’anniversario della morte di Benedetto XVI, con lo strascico di mai sopite polemiche sul rapporto tra i due Papi.Jorge Mario Bergoglio si dice convinto del sostegno degli episcopati e riduce le dispute a un battage della stampa di destra. Ma deve aver intuito che la Dichiarazione dell’ex Sant’Uffizio rischia di sparigliare le carte che lui, negli anni in cui ha governato la Chiesa, aveva lavorato in modo certosino a sistemare. Non sono sfuggiti, a tal proposito, gli apparenti segnali di disgelo con la fronda antimodernista.È stato rilevante il faccia a faccia che l’argentino ha avuto con il cardinale Raymond Leo Burke, capofila dei tradizionalisti, al quale il Papa aveva fatto togliere l’appartamento, la pensione e - insiste la reporter Diane Montagna - l’assicurazione sanitaria. Venerdì scorso, al termine dell’incontro, l’Eminenza statunitense si è limitata a un commento laconico: «Sono ancora vivo». I provvedimenti contro di lui non risultano revocati. Alla vigilia di Capodanno, poi, è tornato nella Basilica di San Pietro padre Georg Gänswein, che ha celebrato la messa per Joseph Ratzinger, di cui fu a lungo segretario personale. Il prelato tedesco aveva ricevuto il benservito da Francesco, dopo la diffusione del suo memoriale, Nient’altro che la verità, una sorta di resa dei conti col Pontefice in carica. La ricorrenza legata alla figura di Benedetto si presta, in realtà, a una duplice operazione: da un lato, prove generali di tregua; dall’altro, un passaggio solenne per rilanciare la sfida ai progressisti.Difficile aspettarsi roboanti proclami. Men che meno da padre Federico Lombardi, ex direttore della Sala stampa e oggi a capo della fondazione dedicata al Papa teologo. Quando si parla di ciò che accade Oltretevere, bisogna imparare a leggere tra le righe, a cogliere i piccoli segnali. Come la breve intervista che il gesuita ha rilasciato l’altro ieri al Tg3. Pur avendo negato elementi di discontinuità tra i mandati di Benedetto e Francesco, perché Ratzinger è stato l’ultimo Pontefice ad aver vissuto «dall’interno» la stagione di cambiamento del Vaticano II, padre Lombardi ha però aggiunto una precisazione interessante: la Chiesa di Bergoglio, ha esortato, «deve continuare a camminare, a mettere in pratica il Concilio, sulla base solida della fede ricevuta dalla tradizione». Una frecciatina all’audacia del cardinale Fernández e al pasticcio che ha combinato, dichiarando incorrotta la dottrina, quando la stava stravolgendo nella pratica.Che la rievocazione di Benedetto XVI abbia ravvivato le schermaglie tra le fazioni ecclesiali lo dimostra anche un altro episodio, di segno inverso. Stando a quanto ha riferito Silere non possum, un sito d’informazione vaticana di solito molto attendibile, dalle casule appartenute al Papa defunto sono stati appena tolti i suoi stemmi, sostituiti con tiara e chiavi decussate. Una mossa certo priva di conseguenze tangibili, che però ha un valore simbolico: nessuno aveva osato toccare i paramenti di Paolo VI, Giovanni XXIII o Giovanni Paolo II, tutti custoditi nella sacristia pontificia. Chi ha preso una decisione del genere? Difficile credere che l’ordine sia partito da Francesco. Può darsi ci sia un maestro delle cerimonie più realista del re, uno che così confida di compiacere il sovrano. In ogni caso, il connubio tra strappi nell’etichetta e sforzi di riaprire i canali di comunicazione con i «nemici» del vicario di Cristo tradiscono il nervosismo che serpeggia tra i riformisti, finora talmente sicuri di aver blindato la loro egemonia, da essersi presi la libertà di ignorare i protocolli. Prassi che, nel mondo liturgico delle tonache, non sono banali orpelli. Il futuro della Chiesa è di nuovo incerto. Sempre nel nome dell’attenzione alle periferie, Bergoglio aveva ridisegnato il conclave in modo da ridurre l’influenza del clero europeo. Con l’ultima infornata di porporati, a settembre, egli ha definitivamente ribaltato gli equilibri dell’assemblea che sceglierà il suo successore: se nel 2013 il 53% degli elettori proveniva dal Vecchio continente, adesso la quota si è ridotta al 38%. Il combinato tra nomine di fidatissimi e calo dell’età media pareva aver monopolizzato il conclave. Nondimeno, come ha notato sulla Verità lo storico Roberto de Mattei, l’incidente di percorso di Fiducia Supplicans ha rimesso in discussione quelle geometrie. Un esempio? Il capo dei vescovi africani, monsignor Fridolin Ambongo Besungu, critico verso il testo del Dicastero, è proprio uno dei cardinali creati da Francesco.Inizia un anno che potrebbe già essere decisivo: al Papa si augura lunga vita, ma le sue condizioni di salute sono precarie. Anzi, non è da escludere che l’improvvisa accelerazione impressa da Tucho, uomo del quale Bergoglio si fida al punto da aver firmato il testo sulle benedizioni senza nemmeno leggerlo, risponda alla volontà del Pontefice di consolidare un’eredità tangibile.A Roma, bisognerà attendere ancora qualche mese prima che ricompaia il proverbiale ponentino. Intanto, in Vaticano, soffiano altri venti. Venti di guerra.
Toghe (Getty)
L’associazione dei magistrati dell’Aquila invita a non commentare le scelte dei giudici. Giorgia Meloni: «Molto colpita». Matteo Salvini: «Mi vergogno dello Stato». Il governatore abruzzese Marco Marsilio: «Non hanno fatto male a nessuno».
La vicenda dei bambini che vivevano con i genitori nel bosco di Palmoli, in provincia di Chieti, ha colpito molti. Tanto da attirare anche l’attenzione del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Il premier valuta di incontrare il padre per approfondire il caso. Inoltre, d’accordo con il guardasigilli Carlo Nordio e dopo le opportune verifiche, potrebbe inviare gli ispettori del ministero della Giustizia per fare luce sul caso. Una vicenda che aveva sollevato anche l’attenzione del vicepremier Matteo Salvini: «Da genitore mi vergogno per come si sta comportando lo Stato italiano», ha dichiarato. Si tratta di una «madre australiana che ha fatto l’insegnante e di un padre che ha fatto lo chef con tre bambini, che hanno fatto una scelta di vita diversa, non di vivere in centro tra fretta e ansia ma a contatto con la natura, con un’insegnante privata per i figli».
Ornella Vanoni. (Milano, 22 settembre 1934 - 21 novembre 2025) (Getty Images)
La cantante e attrice si è spenta nella sua abitazione milanese a 91 anni. Dal teatro con Strehler alla canzone romantica con Gino Paoli, la sua voce dal timbro inconfondibile ha attraversato la storia della canzone italiana collaborando con tutti i grandi, da Modugno a Dalla a Eros Ramazzotti. Da Lucio Battisti fino a Carmen Consoli.
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Se n'è andata nella sua Milano, quartiere Brera, a pochi passi dal teatro che porta il nome del suo grande maestro (e amore) Giorgio Strehler. Con lui arrivò nel dopoguerra il successo per Ornella Vanoni, figlia di industriale farmaceutico, diplomata all'Accademia di Arte Drammatica dove insegnava proprio il grande regista e autore triestino. Milano come protagonista del primo repertorio con le canzoni della «mala» (Ma mi, Senti come vosa la sirena e tante altre). Pupilla di Nanni Ricordi, dalla fine degli anni Cinquanta sarà interprete della canzone romantica anche grazie al legame sentimentale con Gino Paoli. Indimenticabili le interpretazioni di »Me in tutto il mondo», «Senza fine», «Il cielo in una stanza». Il sodalizio continuerà anche dopo la fine della relazione che si tradurrà in duetti di successo. Protagonista del Festival di Sanremo in otto edizioni dal 1965 al 2018, ha vinto per due volte il premio Tenco. Nel 1981, quando fu la prima donna a conquistare il prestigioso riconoscimento e nel 2022 quando le è stato conferito il Premio Speciale Tenco. Presenza costante della televisione italiana, è stata ospite fissa di diverse trasmissioni popolari, l'ultima in ordine cronologico «Che tempo che fa». Ha avuto un figlio, Cristiano, dal matrimonio con Lucio Ardenzi, scomparso nel 2002.
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La famiglia della casa nel bosco (Ansa). Nel riquadro, i genitori dei bambini
L’uomo smentisce la Procura: «Stanno con i bimbi dei nostri amici, socializzano eccome. Vogliamo poter scegliere ciò che fa per noi».
Le accuse che gli muovono sono pesantissime. «In considerazione delle gravi e pregiudizievoli violazioni dei diritti dei figli all’integrità fisica e psichica, all’assistenza materiale e morale, alla vita di relazione e alla riservatezza, i genitori vanno sospesi dalla responsabilità genitoriale», si legge nelle carte del tribunale dell’Aquila. «È inoltre necessario ordinare l’allontanamento dei minori dall’abitazione familiare, in considerazione del pericolo per l’integrità fisica derivante dalla condizione abitativa, nonché dal rifiuto da parte dei genitori di consentire le verifiche e i trattamenti sanitari obbligatori per legge». Nathan Trevallion e sua moglie Catherine sono ritenuti dall’istituzione giudiziaria cattivi genitori, tanto che i loro tre bambini gli sono stati tolti e portati in una casa famiglia, dove la mamma li ha potuti raggiungere e il padre li ha potuti incontrare per qualche minuto ieri. Scrive ancora il tribunale che è «confermato il provvedimento di affidamento esclusivo al servizio sociale adottato in fase cautelare. Il servizio sociale è inoltre incaricato di disciplinare la frequentazione tra genitori e figli, con modalità idonee a prevenire il rischio di sottrazione».
Donald Trump e Volodymyr Zelensky (Getty)
Donald Trump: «Accettate il piano o basta armi». Il leader ucraino, al bivio, apre di malavoglia alla proposta: «Dobbiamo scegliere tra il perdere la dignità o un alleato strategico». Fra le condizioni, anche elezioni entro 100 giorni e niente ingresso nella Nato.
Ha ormai preso forma il piano di pace elaborato dalla Casa Bianca per portare a conclusione la guerra in Ucraina. Secondo una bozza pubblicata da Reuters, il progetto, in 28 punti, prevedrebbe varie componenti. L’Ucraina riceverà «solide garanzie di sicurezza», ma dovrà impegnarsi a non aderire alla Nato e a ridurre le sue forze armate. Per quanto riguarda i territori, nel testo si legge che «la Crimea, Luhansk e Donetsk saranno riconosciute di fatto come russe, anche dagli Stati Uniti», mentre «Kherson e Zaporizhzhia saranno congelate sulla linea di contatto». «La Russia rinuncerà agli altri territori concordati sotto il suo controllo al di fuori delle cinque regioni», si legge ancora. Per quanto invece concerne le aree del Donbass da cui si ritireranno le forze di Kiev, esse saranno considerate «una zona cuscinetto demilitarizzata neutrale, riconosciuta a livello internazionale come territorio appartenente alla Federazione russa».















