
I tedeschi, che hanno chiuso col nucleare, succhiano energia dalla Scandinavia. E il rincaro dei prezzi si fa sentire. Il ministro Terje Aasland ammette: «Situazione di m...».Nel Sud della Norvegia farsi una doccia sta costando caro, troppo: più di cinque euro per dieci minuti sotto l’acqua. Ci sono problemi simili nella vicina Svezia dove i consumatori della città meridionale di Goteborg hanno pagato 190 volte di più per l’elettricità rispetto a quelli della città settentrionale di Lulea. Questo fa sorgere il sospetto che tutte le campagne green anti-sprechi molto in voga nei Paesi scandinavi fossero state spinte più che per aumentare l’efficienza idrica, per far risparmiare le famiglie. Il punto però è un altro: i norvegesi, e anche gli svedesi, danno la colpa del cosiddetto effetto rebound delle tariffe alla Germania. A darne la notizia è stato qualche giorno fa il Financial Times: la Norvegia vuol tagliare i collegamenti energetici con l’Europa mentre i prezzi salgono alle stelle. Il ministro dell’Energia del Paese descrive una shit situation (una «situazione di merda») per i costi schizzati al livello più alto dal 2009. In sostanza, i politici norvegesi hanno avviato una campagna per smantellare i cavi elettrici sottomarini con l’Europa continentale dopo che la decisione della Germania di smantellare le sue centrali nucleari ha provocato un aumento dei prezzi dell’elettricità nella Norvegia meridionale. I collegamenti Skagerrak 1 e 2 (500 MW) sono entrati in funzione rispettivamente nel 1976 e nel 1977 e giungeranno al termine della loro «vita» nel 2026 e nel 2027. Ebbene, adesso i politici locali di alcune zone del Sud esortano il governo norvegese a non rinnovare i due più vecchi collegamenti elettrici del Paese con la Danimarca e la Germania, nel tentativo di ridurre i costi. La Norvegia dispone attualmente di 9 GW di capacità di scambio con i paesi limitrofi, di cui 5,1 GW destinati a danesi, tedeschi, olandesi e inglesi. Il ministro dell’Energia Terje Aasland ha dichiarato di comprendere la rabbia della gente perché, appunto, «è una situazione di merda». Il problema, spiega l’articolo del Financial Times, sono le condizioni meteorologiche che in Germania hanno causato la «Dunkelflaute», letteralmente «calma oscura»: il termine è usato per definire quel fenomeno meteorologico, caratterizzato da periodi di alta pressione atmosferica accompagnati da una fitta coltre di nubi e nebbia, che crea condizioni particolarmente avverse per la produzione di energia da fonti rinnovabili. La «Dunkelflaute» rende impossibile ottenere energia dall’energia eolica e solare durante una giornata fredda e buia con molta richiesta. Poiché ai tedeschi dopo aver smantellato tutte le loro centrali nucleari, rimane ben poca autonomia, stanno tornando a importare energia da altri Paesi, in base alle norme della Ue, con conseguente aumento dei prezzi. Anche per i norvegesi che insieme agli svedesi sono furiosi perché per colpa di Merkel e Scholz che hanno deciso di smantellare il nucleare in Germania, ora gli abitanti della Svezia meridionale e della Norvegia meridionale devono pagare tra i 700 e i 900 euro per 1 megawattora. La questione sta intanto causando un profondo allarme tra i Paesi della Ue sempre pronti ad utilizzare l’abbondante energia idroelettrica della Norvegia (che è anche il più grande produttore di petrolio dell’Europa occidentale e ha sostituito la Russia per molti Paesi europei come principale fornitore di gas) per aiutare a bilanciare i prezzi dell’energia nel Vecchio continente.Quindi, riassumendo, bastano tre giorni di nebbia e zero vento in Nord Europa e il sistema elettrico impazzisce. I tedeschi hanno spento il nucleare, non vogliono il carbone e nemmeno il gas. Ovvero stanno procedendo sulla stessa strada che stiamo percorrendo noi italiani, solo con qualche anno di «vantaggio». Nel frattempo, i francesi stanno rimettendo in discussione il programma di rinnovo del nucleare dopo aver volutamente sovradimensionato il parco infrastrutturale per fare business con l’Italia. Ma avviare una ristrutturazione delle centrali nucleari costa e il budget di Parigi per finanziarla è limitato. Cosa significa? Che il parco delle centrali potrebbe non essere rinnovato tutto e che, per ragioni di bilancio, la Francia si limiterà a risistemare solo la parte necessaria per il fabbisogno interno. E questo rischia di diventare un grosso problema per noi.Ieri, nel frattempo, sono state pubblicate le proiezioni macroeconomiche per l’Italia nel quadriennio 2024-27 elaborate dagli esperti di Bankitalia nell’ambito dell’esercizio coordinato dell’Eurosistema. Nel 2024 l’inflazione rimane contenuta, collocandosi all’1,1% nella media dell’anno, all’1,5% nel successivo biennio e al 2% nel 2027. Al rialzo dell’inflazione, si legge però nel documento, «contribuirebbero principalmente il venire meno del forte contributo negativo della componente energetica e, nel 2027, gli effetti temporanei dell’entrata in vigore della normativa Ets2». Ovvero le regole sul green e sulle rinnovabili.
La transizione energetica non è più un concetto astratto, ma una realtà che interroga aziende, governi e cittadini. Se ne è discusso al primo panel dell’evento de La Verità al Gallia di Milano, dedicato a «Opportunità, sviluppo e innovazione del settore energetico. Hub Italia», con il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, la direttrice Ingegneria e realizzazione di Progetti di Terna Maria Rosaria Guarniere e la responsabile ESG Stakeholders & Just Transition di Enel Maria Cristina Papetti.
A condurre, il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin. In apertura, Belpietro ha ricordato come la guerra in Ucraina e lo stop al gas russo deciso dall’Europa abbiano reso evidenti i costi e le difficoltà per famiglie e imprese. Su queste basi si è sviluppato il confronto con Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, società con 70 anni di storia e oggi attore nazionale nel settore energetico.
Cecconato ha sottolineato la centralità del gas come elemento abilitante della transizione. «In questo periodo storico - ha osservato - il gas resta indispensabile per garantire sicurezza energetica. L’Italia, divenuta hub europeo, ha diversificato gli approvvigionamenti guardando a Libia, Azerbaijan e trasporto via nave». Il presidente ha poi evidenziato come la domanda interna nel 2025 sia attesa in crescita del 5% e come le alternative rinnovabili, pur in espansione, presentino limiti di intermittenza. Le infrastrutture esistenti, ha spiegato, potranno in futuro ospitare idrogeno o altri gas, ma serviranno ingenti investimenti. Sul nucleare ha precisato: «Può assicurare stabilità, ma non è una soluzione immediata perché richiede tempi di programmazione lunghi».
La seconda parte del panel è stata guidata da Giuliano Zulin, che ha aperto il confronto con le testimonianze di Maria Cristina Papetti e Maria Rosaria Guarniere. Papetti ha definito la transizione «un ossimoro» dal punto di vista industriale: da un lato la domanda mondiale di energia è destinata a crescere, dall’altro la comunità internazionale ha fissato obiettivi di decarbonizzazione. «Negli ultimi quindici anni - ha spiegato - c’è stata un’esplosione delle rinnovabili. Enel è stata tra i pionieri e in soli tre anni abbiamo portato la quota di rinnovabili nel nostro energy mix dal 75% all’85%. È tanto, ma non basta».
Collegata da remoto, Guarniere ha descritto l’impegno di Terna per adeguare la rete elettrica italiana. «Il nostro piano di sviluppo - ha detto - prevede oltre 23 miliardi di investimenti in dieci anni per accompagnare la decarbonizzazione. Puntiamo a rafforzare la capacità di scambio con l’estero con un incremento del 40%, così da garantire maggiore sicurezza ed efficienza». Papetti è tornata poi sul tema della stabilità: «Non basta produrre energia verde, serve una distribuzione intelligente. Dobbiamo lavorare su reti smart e predittive, integrate con sistemi di accumulo e strumenti digitali come il digital twin, in grado di monitorare e anticipare l’andamento della rete».
Il panel si è chiuso con un messaggio condiviso: la transizione non può prescindere da un mix equilibrato di gas, rinnovabili e nuove tecnologie, sostenuto da investimenti su reti e infrastrutture. L’Italia ha l’opportunità di diventare un vero hub energetico europeo, a patto di affrontare con decisione le sfide della sicurezza e dell’innovazione.
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Giuseppe Cruciani (Ansa)
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