2022-07-02
In Germania si potrà cambiare sesso senza consenso dei genitori. Basterà avere 14 anni
Sarà sufficiente un’autocertificazione. La nuova normativa entro pochi mesi sarà adottata dal governo e andrà alle Camere.Trentino-Alto Adige: Una nuova legge, approvata entro l’estate, vieterà tutte le iniziative «fluide» in classe.Lo speciale contiene due articoli.Chi crede che le priorità politiche europee ora siano la guerra in Ucraina, la crisi energetica o i rincari alle stelle, è fuori strada. I partiti hanno altro in mente. In particolare, l’agenda progressista è orientata altrove, come provano sia l’enfasi con cui da noi il segretario Pd, Enrico Letta, ha rilanciato il tema dello ius scholae, sia l’attivismo del governo tedesco, che in questi giorni ha fatto sapere d’essere al lavoro per facilitare il «cambio di sesso».Proprio così: giovedì l’esecutivo di Olaf Scholz ha annunciato una proposta per agevolare l’iter di riassegnazione sessuale prevedendo, per i giovani di 14 anni o più, la facoltà d’avviarlo anche senza il permesso dei genitori. Si potrà, cioè, cambiare sesso e nome sulla base di una semplice autocertificazione, registrando agli uffici competenti la nuova identità. Viceversa, la normativa vigente, che risale al 1981, prevede almeno due passaggi, quali l’incontro con due esperti in materia di transessualismo nonché la decisione di un tribunale, che validi il cambio di genere sui documenti ufficiali.La legge in vigore, ha spiegato ai giornalisti il ministro della Famiglia tedesco, la verde Lisa Paus, «respira lo spirito degli anni Settanta», quando «lo Stato voleva aiutare persone che considerava malate psicologicamente e poneva dinnanzi a loro ostacoli elevati». Per questo furono fissati dei requisiti alla riassegnazione sessuale, ha aggiunto Paus, «profondamente umilianti, ma soprattutto completamente superflui». Ora, però, la Germania volta pagina e, nelle intenzioni governative, c’è pure un non meglio specificato risarcimento per le persone transgender e intersessuali che siano state «colpite da lesioni fisiche o divorzi forzati ai sensi della legislazione precedente». Rispetto a questo, come sottolineato da Associated Press, c’è da dire che negli anni la Corte suprema tedesca ha già parzialmente smantellato la legge, in particolare annullando le disposizioni che richiedevano alle persone transgender di divorziare e sterilizzarsi.Tuttavia, i paletti generali della norma del 1981 sono rimasti in piedi e la volontà è di farli a pezzi, come ha fatto capire il ministro della Giustizia di Berlino, il liberaldemocratico Marco Buschmann, aggiungendo che manca poco, al massimo qualche mese, perché la nuova norma possa passare in Consiglio dei ministri e quindi alle camere, dove la coalizione che sostiene Scholz è numericamente blindata. A onore del vero va detto che, in effetti, la compagine di governo aveva promesso di riformare la legge sulla riassegnazione del genere già quand’era salita al potere, nel dicembre 2021. Inoltre, le associazioni Lgbt chiedono da tempo una norma più aggiornata, denunciando anche il problema dei costi che comporta l’iter chirurgico e ormonale senza cui il «cambio di sesso» non è possibile. A richiamare l’attenzione sul tema economico, alcuni mesi fa, era in particolare stata Felicia Rolletschke, attivista transgender, che aveva denunciato come solamente per avviar il processo di riassegnazione sessuale le fossero stati chiesti 1.600 euro. Troppi, specie per chi ha poco più di vent’anni e non ha ancora risparmi da parte.Poi c’è la questione del doppio parere positivo, che i militanti arcobaleno assicurano essere del tutto inutile. «Il 99% delle opinioni degli esperti alla fine arriva alla stessa conclusione di ciò che la persona trans di sé», ha sottolineato Kalle Hümpfner di Bundesverband Trans*, realtà che dal 2015 chiede apertamente il cambio della normativa tedesca; e proprio nella direzione che ora il governo tedesco intende seguire. A prescindere che a Berlino facciano sul serio, come pare, o meno, c’è comunque già chi critica questo progetto di legge. Su National Review l’avvocato ed intellettuale conservatore Wesley J. Smith ha scritto che «consentire il cambio di sesso e del nome con lo schiocco delle dita non garantisce la serietà del desiderio di cambiare. Semmai è il contrario». Senza dimenticare, poi, quello che è il vero nocciolo della legge che il governo tedesco intende mettere in pista: l’estensione della possibilità di cambiare identità sulla base d’una semplice autodichiarazione, e in barba al parere genitoriale, già a 14 anni di età. Una mossa a dir poco azzardata alla luce non solo dei tantissimi casi di detransitioners, i «trans pentiti» che con fatica decidono di tornare al sesso originale, e che spesso denunciano di essere stati frettolosamente assecondati più che ascoltati, quando la loro identità di genere era in crisi, ma anche della letteratura scientifica.Recentemente Eric Kaufmann, docente al Birkbeck College, ha pubblicato per il Center for the study of partisanship and ideology, un lavoro in cui mostra come ormai, tra gli adolescenti, dichiararsi trans o «non binari» stia diventando una sorta di moda, che però risulta associata al peggioramento delle condizioni di salute. Motivo per cui su questi temi le istituzioni dovrebbero restare caute. Invece la Germania ora preme il pedale sull’acceleratore.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/in-germania-si-potra-cambiare-sesso-senza-consenso-dei-genitori-bastera-avere-14-anni-2657599097.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="le-scuole-del-trentino-alto-adige-diventeranno-le-prime-gender-free" data-post-id="2657599097" data-published-at="1656710094" data-use-pagination="False"> Le scuole del Trentino-Alto Adige diventeranno le prime gender-free Se c’è una ideologia nuova che sta intorpidendo le acque di mezzo mondo, dalle scuole alle università, fino allo sport e alla cultura, questa è l’ideologia del gender. In tutte le sue pervasive forme di femminismo isterico, iper-sessualizzazione precoce, wokismo ante litteram, cultura della cancellazione (delle differenze), negazionismo del sesso biologico, eccetera. E se c’è una zona d’Italia dove, di solito, le tradizioni (religiose, culturali, folkloristiche) vengono mantenute e onorate, quello è il Nordest. E in special modo il Trentino Alto Adige. Questi due universi si sono incontrati di recente, a causa del disegno di legge regionale, (numero 148, datato 3 giugno), che alcuni politici della Regione Trentino vorrebbero far approvare. Con lo scopo di impedire qualunque lavaggio (gender) dei cervelli nelle scuole pubbliche e private di ogni ordine e grado. I politici in questione sono i consiglieri Alessia Ambrosi, Claudio Cia e Katia Rossato di Fratelli d’Italia, oltre a Luca Guglielmi di una lista civica. Come ricordava Luca Marcolivio sulla Bussola, il passaggio che sta al cuore della proposta di legge, è quello in cui si parla della «attività che non rientrano nel curricolo obbligatorio e attività relative a temi sensibili». Su cui si richiede la massima vigilanza delle famiglie circa i contenuti proposti agli studenti, specie se minorenni. Sottoponendo ogni lezione che rientri nella fattispecie citata a «un’informativa specifica e dettagliata inviata ai genitori dei minori o agli studenti maggiorenni almeno una settimana prima dell’inizio dell’attività» (articolo 3.2). Molte attività extra curriculari, infatti, transitano in punta di piedi e quasi sottovoce nel mondo della scuola. Venendo presentate dal preside, dal dirigente, dal consiglio di classe o dal Piano triennale dell’offerta formativa (noto come Ptof), come doverose attività formative contro il bullismo, l’omofobia, il razzismo o la transizione ecologica. E pare proprio che certi pedagogisti eversivi abbiano così trovato il grimaldello per scardinare quelle regole naturali della società secondo cui sono i genitori i primi educatori dei propri figli. Diritto inalienabile e dovere rigoroso che tutti i papà e le mamme sanno di dover, spesso a fatica, esercitare. Come riconosciuto, pacificamente, dalla stessa Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (1948) e dalla meno nota Dichiarazione universale dei diritti del fanciullo (1959). Secondo il disegno di legge, che dovrebbe essere approvato entro l’estate e che avrebbe vocazione a diventare un archetipo di livello nazionale ed europeo, non è assolutamente consentita «la realizzazione, con il coinvolgimento di studenti, di progetti o attività basati sulla prospettiva di genere, che promuovano la fluidità di genere o dell’identità sessuale, oppure che insegnino a dissociare l’identità sessuale dal sesso biologico» (articolo 3.5). E se il consenso dei genitori ad alcune attività ipoteticamente «educative» non c’è, gli studenti «possono astenersi dalla frequenza», fruendo della possibilità «di partecipare ad una attività alternativa» (articolo 3.6). La sinistra, che il vizio dell’ideologia e dell’indottrinamento ce l’ha ancora, pur se a livello paucisintomatico, è sbottata in vario modo. E sempre con la tecnica di imbrogliare le carte. All’inizio, con negazionismo sovietico, si affermava che «la teoria del gender non esiste». Poi che il gender altro non è che la lotta all’omofobia, e quindi esiste ma è cosa buona. Poi che, vista l’autonomia scolastica, ogni istituto, specie nelle regioni a statuto speciale come il Trentino, fa ciò che vuole. Da ultimo, i cosiddetti centri sociali di Trento sono scesi in piazza per contestare la legge regionale e in particolare il consigliere Claudio Cia. Il quale a proposito della auspicata legge in corso di approvazione ha dichiarato: «Non baratto la famiglia, dove tutto si genera, per piacere a qualcuno. Il ddl tanto osteggiato rivendica il principio del primato della famiglie sull’educazione dei figli e non specula su scelte di vita di studenti e professori. Tantomeno sulle tragedie». Non si tratta di mere questioni locali o di battaglie moralistiche e di nicchia. Infatti «Elisa», la piattaforma di monitoraggio usata dal ministero dell’Istruzione «per intervenire efficacemente sul tema del bullismo e del cyberbullismo» prevede nell’ultimo questionario, inviato di recente a docenti di tutta Italia, la domanda sul sesso di appartenenza del docente (quesito numero 104). Che potrebbe essere maschio, femmina, altro…