2019-03-26
In fiera l’imam insegna a picchiare le donne
Nel cuore di Milano un evento promosso dalla ong Islamic relief. Tra i relatori Jasem Al Mutawa, mediatore familiare che spiega come educare mogli e figli agitando dei bastoni pesanti. Ci saranno anche un sostenitore della guerra santa e un teologo oltranzista.Per il momento clou hanno scelto un mediatore familiare in kandura, l'abito bianco lungo fino alle caviglie, tipico dei Paesi del Golfo Persico: si chiama Jasem Al Mutawa, al cognome antepone il titolo di dottore e viene promosso come «esperto in mediazione familiare ed educazione dei figli». Sul Web viene ripreso mentre spiega in arabo come educare mogli e figli agitando dei bastoni pesanti, ma da usare con mano leggera per far capire loro chi comanda. È considerato il Vasco Rossi della predica musulmana, tanto è capace di riempire le sale.E anche gli altri ospiti d'onore hanno carature non da poco. Shaikh Rajab Zaki, presentato come uno dei Sapienti dell'Istituto Al Azhar, allievo di Sheikh Abdel Hamid Kishk, Imam a Londra ed esperto in studi islamici, è stato definito un predicatore d'odio e accusato di sostenere i movimenti fondamentalisti contro Israele. «La guerra santa islamica», è uno dei suoi pensieri, «è un obbligo imprescindibile per tutti i musulmani e le musulmane da espletare in tutti i modi, sacrificando la propria vita o con il denaro, la parola o il cuore». Il terzo nome di peso è quello di Salem Shekhi, un docente di teologia islamica e, soprattutto, membro del Concilio europeo per la Fatwa e la Ricerca, noto per le sue posizioni oltranziste. E, dulcis in fundo, Shaikh Abdullah Al Musleh, «sapiente laureato in teologia islamica, fondatore e segretario generale del comitato internazionale di ricerca e degli studi sui segni scientifici nel Corano e nella Sunnah». Un pezzo grosso della dottrina islamica.Sono i protagonisti della Fiera della speranza, un evento tanto silenzioso quanto atteso dalla comunità musulmana italiana, previsto per il 20 e il 21 aprile, a Milano, in via Mecenate. Concerti, spettacoli di intrattenimento, conferenze, laboratori e un talent show. Altro che congresso di Verona per la famiglia. È l'Atreju musulmana. Ed è organizzata nel cuore della laicissima Milano. La organizza una Organizzazione non governativa che in passato ha fatto tremare i polsi agli israeliani: si chiama Islamic Relief, ossia Sollievo islamico, è stata fondata In Gran Bretagna nel 1984 e ora conta 100 uffici in 40 Paesi di tutto il mondo, dall'Afghanistan all'Albania, dal Pakistan alla Palestina, dalla Somalia al Sudan. Lo scopo, sbandierato su un curatissimo sito Web, è quello di portare aiuto nel caso di catastrofi e realizzare interventi di sviluppo sostenibile per fornire acqua, cibo, alloggio, assistenza sanitaria e istruzione. Nonostante ciò, Israele, nel 2014, ha accusato la Ong di aver dato appoggio alla cellula terroristica che rapì tre ragazzi israeliani. E, ricordava in un servizio sul Giornale Fausto Biloslavo, tra gli esponenti di spicco di questa rete internazionale che raccoglie milioni di euro ci sono «personaggi di spicco della Fratellanza musulmana come Ibrahim El-Zayyat, Essam el-Haddad e Ahmed al-Raw».I Fratelli musulmani, come è noto, sono considerati un'organizzazione terroristica in Emirati Arabi, Arabia Saudita ed Egitto. Ma Islamic Relief ha sempre respinto le accuse sui legami coi Fratelli musulmani. E, anche per questo, forse, questa volta si è preferito far viaggiare la pubblicità di bocca in bocca, un po' come si fa con i rave party. Una locandina da condividere su Messanger o via Whatsapp con tutti i dettagli della manifestazione è stata sufficiente. In passato qualche inghippo con gli eventi pubblici c'è stato proprio per il troppo clamore. Nel 2015, per l'edizione di Torino, fu annunciata la presenza di tale Omar Adbelkafi, uno che si presentava con frasi di questo tipo: «Il Corano riferisce che gli ebrei hanno portato nella loro sto ria la corruzione sulla terra». E che aveva giudicato gli attacchi contro Charlie Hebdo come «la commedia alla quale i musulmani sono assoggettati fino alla nausea in tutto il mondo». Dopo un po' di polemica Abdelkafi annunciò di aver rinunciato a presentarsi. Nel 2016, poi, poco dopo gli attentati di Parigi, a Bologna fu organizzata la Notte della speranza. Nessuno degli imam presenti dedicò una sola parola al ricordo delle vittime del terrore islamista. In quell'occasione, denunciò la docente di Geopolitica all'Università Europea di Roma Valentina Colombo, l'evento avrebbe anche ospitato un imam espulso da Belgio e Usa che predicava l'odio verso i figli di Sion. Da allora, quindi, l'organizzazione della fiera si consuma tutta su Facebook. Ma senza scoprire troppo le carte. C'è una pagina che raccoglie like e presenta gli eventi con accattivanti grafiche e slogan che fanno leva sul grande cuore della carità musulmana. La finalità è far conoscere la Ong e raccogliere fondi. Media partener dell'evento è The Shukran, un social network fotografico che nasce nella comunità musulmana e si rivolge al mondo. Ospita oltre 450.000 utenti e, di fatto, è una grande enciclopedia fotografica del mondo musulmano che, ogni giorno, raccoglie i contributi di utenti da tutto il mondo. Il prezzo del biglietto? 40 euro per tutta la famiglia, 12 euro per ogni adulto e otto per i bimbi. E mentre gli incassi lievitano, crescono anche gli imbarazzi.