2018-09-13
In Emilia Romagna si è taciuto sulle morti causate da West Nile?
La Regione: «Volevamo evitare il panico». Premi ai dirigenti dell'Asl nonostante l'emergenza. Il caso finisce in Parlamento.Il virus West Nile sta mietendo vittime. Non poche, per essere una malattia che non si trasmette da uomo a uomo. L'Emilia Romagna è la regione più colpita d'Europa. Conta il maggior numero di casi gravi e di decessi. Per tentare di contenere il fenomeno, come in tutta Italia, sono attivi piani di sorveglianza e di controllo sulla diffusione del virus, trasmesso dalle zanzare comuni, che hanno punto volatili infetti. Per combatterlo bisogna conoscerlo e dunque è fondamentale sapere chi colpisce, dove colpisce e quante, esattamente, sono le vittime.Eppure, a Modena, almeno due decessi sono stati taciuti. Taciuti a tutti: al sindaco, ai centri di monitoraggio della malattia, a chi compila i bollettini quotidiani dei malati e dei morti da virus. E di conseguenza all'opinione pubblica. Perché? Perché l'Azienda sanitaria non voleva «scatenare il panico». Come se nascondere i morti fosse una soluzione. A spiegare così lo strano silenzio è stato l'assessore alla Sanità, dell'Emilia Romagna, Sergio Venturi. Chiamato a riferire in Commissione sanità e sollecitato sul caso dalle opposizioni, ha candidamente ammesso: «Non abbiamo voluto tenere nascosto il caso per un mese, ma non vogliamo trovarci in una situazione in cui si diffonde il panico».Una dichiarazione che avrebbe voluto tagliar la testa al toro e che invece potrebbe far peggio. Il gruppo assembleare della Lega Nord, sul caso, ha già presentato un'interrogazione e la vicenda è finita anche in Parlamento. Intanto, ieri, da Forza Italia e delle liste civiche del Modenese è arrivata una richiesta di dimissioni per i vertici della sanità locale. Il silenzio, in effetti, non è di poco conto. L'Emilia Romagna non solo ha attivo dal 2014 un sistema di sorveglianza per il monitoraggio della malattia, ma è anche capofila del gruppo di lavoro tecnico tra le Regioni maggiormente coinvolte dal problema (Emilia, Veneto e Friuli Venezia Giulia). Contemporaneamente, anno dopo anno, nonostante il progredire costante della febbre del Nilo, sempre più virulenta, proprio Venturi, ha sottoscritto, senza mai saltare un turno, importanti premi di produzioni per tutti i manager delle Ausl regionali, comprese quelle più colpite. Premi di produzione con un valore che oscilla tra i 10.000 e i 15.000 euro e che si sono andati a sommare a stipendi di tutto riguardo (oltre i 150.000 euro l'anno per i dirigenti, scelti e posizionati, come di prassi, dalla politica targata Pd). Per l'anno in corso, pagelle e premi arriveranno tra qualche mese, ma c'è chi è pronto a scommettere che, anche questa volta, i bonus non verranno a mancare.In Italia, supponendo che tutte le Ausl e gli ospedali abbiano correttamente segnalato i decessi dovuti alla malattia, al 5 settembre 2018, secondo il bollettino dell'Istituto Superiore di Sanità, erano 365 i contagi da virus West Nile accertati. Di questi, 148 si sono manifestati nella forma neuroinvasiva, e di questi ben 87 in Emilia Romagna, in particolare tra Modena, Bologna e Ferrara. I morti, nel triangolo padano sono stati 14.Anche Graziano Gazzotti è morto per la febbre del Nilo. La sua vita si è conclusa lo scorso 20 agosto dopo un mese di sofferenze, anche se di lui non si è saputo nulla fino a pochi giorni fa. Aveva 82 anni e, prima che arrivasse quello strano malessere estivo, era in perfetta salute: niente diabete, né altre patologie tipiche dell'età. Così, quando il 27 luglio si è ammalato, nessuno immaginava come sarebbe andata a finire.Dopo cinque giorni è entrato in ospedale e poco dopo il referto del prelievo del sangue parlava chiaro: «West Nile positivo. Ce lo hanno detto subito. Gli antibiotici non funzionavano e la situazione è peggiorata, fino al decesso avvenuto il 20 agosto», ha spiegato, in un'intervista, la figlia.Secondo i protocolli, tra il 15 giugno e il 31 ottobre di ogni anno la sorveglianza sanitaria del virus prevede la segnalazione di tutte le forme cliniche, anche sospette, di malattia neuroinvasiva (con meningiti, encefaliti, paralisi). Invece la morte di Gazzotti, tra queste, non è mai stata nominata, tanto che a svelarlo alla stampa locale è stata la famiglia. In una nota ufficiale di qualche giorno fa, le autorità sanitarie, chiamate in causa per l'omissione, hanno svelato anche un ulteriore decesso. Un modenese di 76 anni ricoverato in malattie infettive e, poi, deceduto durante il periodo di sorveglianza. Il virus, in quel caso, sarebbe stata una concausa. «Il paziente», si legge nel bollettino, «ha avuto un'ischemia cerebrale che ha complicato ulteriormente il quadro, poi è deceduto a fine agosto per intervenute complicanze polmonari».Sempre durante il suo intervento in Commissione, l'assessore regionale alla Sanità ha tentato di buttarla sui privati, minacciando «sanzioni sicure e certe a chi non fa disinfestazione». Le critiche, però, non sono mancate anche dalle fila dei consiglieri del Pd, che hanno rimarcato come forse, per evitare il moltiplicarsi dei focolai che hanno creato l'emergenza, si poteva fare di più. E prima. Come, per esempio, nel 2016, quando la Regione Emilia Romagna spese più di 2,2 milioni di euro per gli stipendi e i relativi premi ai 14 direttori generali della sanità regionale.