2020-01-23
In Emilia il potere si regge su parenti e amici
Roberto Serra/Iguana Press/Getty Images
A Ferrara l'amministrazione di sinistra ha dato oltre 1,2 milioni di euro alla coop (finita poi in dissesto) della moglie dell'assessore. A Bologna fratelli e cugini ai vertici della sanità. E commissario dell'Asl è diventata l'ex presidente in odore di conflitto di interessi.Fratelli, cugini, nomine all'ultimo minuto. Incarichi che si sovrappongono. E manager umbri ai quali in Emilia Romagna sono stati offerti paracadute dopo la sconfitta elettorale e gli scandali nella gestione della Sanità. In questa storia fitta di relazioni corte o addirittura familiari, che aiuta a comprendere meglio come il Modello Emilia Romagna si era trasformato in un sistema, i curriculum e le competenze non sono in discussione. I personaggi sembrano avere le carte in regola e titoli da vendere. Di certo, però, emergono delle incompatibilità e dei conflitti d'interesse imbarazzanti a pochi giorni dal voto.Uno smacco per una Regione che, stando al bilancio consuntivo, spende oltre 9 miliardi di euro per la tutela della salute, ovvero il 64,21 per cento dell'intera spesa dell'ente. Non solo. Da Fratelli d'Italia denunciano: «Era inopportuno affidare le nomine a 20 giorni dalle elezioni». Un esposto, firmato dal deputato Galeazzo Bignami e dal consigliere comunale bolognese Marco Lisei, è stato inviato alla Procura della Corte dei conti e all'Anac, l'authority anticorruzione. Toghe contabili e analisti anticorruzione stabiliranno, poi, la legittimità degli atti di nomina e, se dovessero riscontrarli, gli eventuali danni all'erario. Ma quello che balza subito all'occhio sono alcune coincidenze. Come quella che riguarda Luca Lavazza, 56anni, fiorentino: dal 3 gennaio è il direttore sanitario dell'Azienda ospedaliero universitaria di Bologna. Proviene dall'Azienda ospedaliera di Perugia, dove era stato nominato commissario per sostituire il direttore sanitario interdetto dalla Procura per lo scandalo sulla Sanità umbra. Terminato l'arduo compito umbro, a pochi giorni dalle elezioni emiliane, la giunta regionale guidata da Stefano Bonaccini ha importato il manager. A firmare l'incarico di Lavazza è Chiara Gibertoni, pluri incaricata manager sanitaria. Già direttore generale dell'Ausl di Bologna dal 27 febbraio 2015, a settembre 2019 si dimette: la giunta regionale la nomina direttore generale dell'Azienda ospedaliera Sant'Orsola Malpighi di Bologna, un importante policlinico. Poco dopo si ritrova con una seconda nomina: commissario straordinario dell'Ausl di Bologna. Proprio lo stesso ufficio dal quale si era dimessa. Ma c'è un secondo punto: «L'incarico da direttore generale, però», tuona Bignami, «è esclusivo». Da qui la ipotizzata incompatibilità. Anche perché i due enti hanno tra loro rapporti di fornitura di servizi medici e, quindi, il cortocircuito potrebbe creare un conflitto di interessi.Solo due mesi fa, inoltre, sempre all'Ausl Bologna viene nominato direttore del settore medico Roberto Iovine. «E anche qui», sottolinea Bignami, «considerato che suo fratello Elio Iovine è il direttore dell'altra area dipartimentale, quella chirurgica, forse una riflessione sul tema dell'opportunità andrebbe fatta». I due fratelli, insomma, si ritrovano al vertice di due aree dipartimentali strategiche della stessa Asl. Ma non è l'unico legame da parentopoli: il direttore del presidio unico ospedaliero della Asl è Andrea Longanesi, cugino di Anna Maria Longanesi, a sua volta responsabile del programma unico sugli interventi chirurgici. La trasformazione del Modello Emilia Romagna in sistema non coinvolge solo la Sanità. E non riguarda soltanto Bologna. A Ferrara, per esempio, una cooperativa, la Acli le Coccinelle, che forniva al Comune servizi all'infanzia, nel tempo è riuscita a incassare 1,2 milioni di euro dall'ente. Da quando il crac della coop si è trasformato in un processo giudiziario si è scoperto che a gestirla era la signora Paola Coluzzi, moglie di Aldo Modonesi, all'epoca assessore ai lavori pubblici. Secondo l'accusa la moglie di Modonesi avrebbe fatto figurare come membri del cda presenti alle sedute di bilancio persone che, secondo le testimonianze rilasciate in aula, erano all'oscuro di tutto, con lo scopo di «ottenere in assemblea la maggioranza per procurarsi un ingiusto profitto nel continuare a gestire autonomamente le decisioni della coop». La guida però, nonostante la maggioranza bulgara, non deve essere stata agevole, tanto da provocare, sostiene l'accusa, un buco nelle casse della cooperativa da 400.000 euro. E anche con le commesse affidate dal Comune la coop è andata a gambe all'aria. L'analisi dettagliata dei finanziamenti è stata fornita dagli uffici comunali a seguito di un'interrogazione del gruppo consiliare della Lega, che ha chiesto chiarimenti sui rapporti intercorsi tra il Comune di Ferrara e la cooperativa negli anni dell'amministrazione guidata da Tiziano Tagliani, ovvero quando Modonesi era in giunta. Anche in questo caso sono solo coincidenze. Che descrivono bene, però, quello che veniva spacciato come Modello Emilia Romagna.
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