
È la regione meno immunizzata ma più sana d'Italia. Tante mamme ricorrono a una soluzione antica (e naturale) preferita rispetto ai farmaci delle multinazionali per «mitridatizzare» i figli. E oltre il confine del Brennero non esistono tutti gli obblighi introdotti qui. Certo, la produzione di vaccini (come la fabbricazione di bambini) è uno dei pochi business in continua ascesa: anche da qui (non solo dalla scienza) deriva oggi il potere di questi farmaci. Questo però è solo un aspetto della questione. Ce ne sono altri, utili per orientarsi. Il principale è ricordare l'antico e giustificato terrore dell'uomo: l'altro essere umano, la sua vicinanza, perfino il suo respiro, potrebbe uccidermi. Come faccio a proteggermi? È da questo timore che nasce l'antica ricerca dell'immunità, di cui il vaccino è fra le ultime interpretazioni. Neppure così recente e moderna, del resto. Già nel I secolo avanti Cristo, Mitridate, re del Ponto, si autoimmunizzava assumendo ogni giorno piccole quantità di veleno, perché temeva di venire avvelenato dalla madre. Ci sono già gli ingredienti principali di tutta la storia: la paura della morte, il veleno assunto per evitarla, la tecnica per dosarlo bene. Wolfgang Amadeus Mozart lo raccontò nell'opera Mitridate, scritta a 14 anni, dove uno dei pezzi principali è proprio «Il destin che mi minaccia»: la paura, motore di tutte le fantasie di Im-munità. La quale, naturalmente, va nella direzione contraria rispetto alla Co-munità: lo stare insieme e sentirsi parte della società senza timore, e, magari addirittura con allegria. Come lo stesso Mozart arriva a fare, più tardi, nel Flauto magico.Le paure vengono poi nutrite dalle fantasie paranoidi dell'assoluta sicurezza, mito irrealistico e quindi produttore di ansia. La fiducia nella comunità potrebbe essere una cura migliore, ma non ha però la pretesa di far sparire la malattia dalla faccia della terra. Su questo aspetto ho un ricordo personale, di una dozzina di anni fa, della mia casa altoatesina (la regione meno vaccinata d'Italia e la più sana per le relative malattie), con un bambino con la pelle macchiata dal morbillo ( mio figlio minore), e altri bimbi, tra i quali uno gravemente disabile (il medico aveva volentieri rilasciato la necessaria autorizzazione), che giocano allegramente con lui. Attorno un paio di mamme, che hanno portato i figli alla festicciola virale, perché si ammalassero direttamente, anziché passare da un potente vaccino di fabbrica, somministrato anche allora dallo Stato assieme ad altri, alcuni dei quali ritenuti dalle mamme del tutto inutili. Non era un gruppo di pazze stravaganti, ma semplici donne del paese, simili alle tante altre che nella provincia di Bolzano preferiscono da sempre immunizzare dalle malattie infantili i loro figli attraverso la via diretta della malattia, piuttosto che quella del vaccino di fabbrica, ritenuto meno affidabile di quello naturale e anche meno efficace dal punto di vista dell'immunità. Ad esempio, mi spiegarono le donne, la mamma vaccinata non passa con l'allattamento l'immunità al figlio, mentre quella che in passato ha avuto il morbillo sì. Del resto la maggioranza dei sudtirolesi preferisce che i bambini attraversino le diverse malattie (con l'ovvia eccezione della poliomielite e difterite-tetano-pertosse). Lo considera un'esperienza di rafforzamento fisico e psichico che va accolta e accompagnata affettuosamente dalla famiglia, il medico e la comunità; non banalizzata in una routine di somministrazioni burocratiche e impersonali, prive di contenuti affettivi, psicologici e simbolici.«Tutti le abbiamo fatte», dicono orgogliosi donne e uomini, sicuri che essere passati direttamente per febbri, esantemi e qualche dolore li abbia resi più forti. Anche se non usano questo termine un po' tecnico, è piuttosto chiaro che per loro si tratta di un «passaggio iniziatico» importante, che vogliono trasmettere ai loro figli nello stesso modo e con lo stesso valore. Del resto Bronislaw Malinowski, autore di saggi insuperati in materia, abitava al di là del bosco dietro casa. Psicologia e antropologia hanno poi dimostrato come questi attraversamenti contribuiscano a formare la personalità e a garantire il benessere fisico ad essa legato. D'altra parte non è un caso se appena passato il confine del Brennero, in Austria, Germania e poi in quasi tutta Europa non c'è obbligo vaccinale e in nessun Paese comunque quello di fare tutti e 12 vaccini dell'Italia (di cui molti durante l'allattamento). Ad esempio il Robert Kock Institute di Berlino ha fatto una ricerca triennale su 18.000 giovani da cui è risultato che i ragazzi non vaccinati hanno minori probabilità di ammalarsi rispetto ai vaccinati, soprattutto riguardo ad allergie, malattie autoimmunitarie, intolleranze, dislessie. Da un punto di vista psicologico sono tutte «malattie dell'Io», dove il soggetto fatica ad affermare sé stesso verso l'ambiente. La ricerca quantitativa dimostra che l'Io vaccinato è un Io indebolito. Particolarmente difficile da difendere sono poi le sette vaccinazioni in una volta: il bambino non fa mai sette malattie contemporaneamente, il suo organismo non è fatto per questo. Ogni vaccino provoca una malattia, anche se in forma attenuata: farne sette in contemporanea, poco dopo la nascita è per il bambino uno stress innaturale, oltretutto inutile perché non c'è tutto questo rischio di contagio multiplo. Infatti nessun Paese europeo lo fa, tranne la Francia di Emmanuel Macron, che l'ha introdotta da pochi mesi tra feroci polemiche, compreso l'accusa di «crimine contro l'umanità», e una critica forte anche dalla rivista Nature.Il fatto è che ogni malattia è personale, anche se si diffonde in modo epidemico: ogni medico e terapeuta lo sa o dovrebbe saperlo (come del resto anche ogni malato). Non si può curare con procedure e somministrazioni di massa se non in caso di epidemie conclamate che qui non ci sono. Il vaccino, spesso utile, deve essere dato però per decisione individuale del medico, d'accordo con la famiglia e somministrato individualmente. E l'accordo della comunità è indispensabile anche all'efficacia della cura, che comprende fattori più complessi del puro dato biologico. Tutto ciò rischia però di essere travolto dall'Organizzazione mondiale della Sanità che, in accordo con la Global health security agenda, prevede più di 120 nuovi vaccini nei prossimi anni. L'Italia poi, in questa vicenda ha svolto un inedito ruolo di rompighiaccio. Nel 2014 il ministro della Sanità, Beatrice Lorenzin, va negli Usa accompagnata dal presidente dell'Agenzia italiana per il Farmaco (Aifa) e l'Italia viene nominata addirittura capofila per le strategie vaccinali a livello mondiale della Global health security agenda, Ghsa, con la presenza e benedizione di Barack Obama. Nel luglio 2017 la Lorenzin fa votare in Italia la prima vaccinazione totale obbligatoria d'Europa: non proprio uno scherzo. Intanto le vaccinazioni entrano nella campagna per la presidenza Usa, con Hillary Clinton che vuole renderle obbligatorie in ogni Stato e Donald Trump che chiede una commissione d'inchiesta sui danni da essi provocati; divenuto presidente la insedia. Tre giorni prima delle elezioni Obama ha firmato con Bill Gates l'accordo anticipato per la Ghsa, il cui l'obiettivo principale è la vaccinazione di tutta la popolazione mondiale, iniziando dal morbillo. Nel 2017 l'obiettivo è confermato dall'Organizzazione mondiale della sanità. In luglio viene eletto presidente in Francia Emmanuel Macron, il cui governo decide di rendere obbligatoria la vaccinazione per 11 malattie, prima inesistente. L'Immunitas ha sferrato il suo attacco globale alla Communitas, che risponde con sovranismo e populismo. Per capire quanto si tratti di cura della salute, e quanto di affari e geopolitica più o meno camuffata e eseguita con gesti autoritari, persone e popolazioni devono poter partecipare, discutere e approvare le decisioni del potere, non esserne solo l'oggetto passivo. Altrimenti non si fidano. E hanno ragione.
Gertrude O'Brady.Il chiosco, s.d./LaM, Musée d’art moderne, d’art contemporain et d’art brut de Lille Métropole, Villeneuve d’Ascq© Philip Bernard
Dal Cubismo all’Art Brut, a Palazzo Zabarella di Padova in mostra (sino al 25 gennaio 2026) oltre 60 opere di 30 diversi artisti delle avanguardie del primo e del secondo dopoguerra, tutti provenienti dal LaM di Lille. Fra capolavori noti e meno conosciuti, anche cinque dipinti di Pablo Picasso e sei straordinarie tele di Amedeo Modigliani.
Susanna Tamaro (Getty Images)
La scrittrice Susanna Tamaro: «La società dimentica che la vita non ci appartiene, ma la morte non si affronta con le carte bollate. La lotta con il destino è essenziale perché dalla fragilità dell’esistenza è impossibile scappare».
Il punto di vista di Susanna Tamaro sul tempo presente è sempre originale. Nell’ultimo saggio, intitolato La via del cuore. Per ritrovare senso nella vita (Solferino), sulla scorta dell’inventore dell’etologia, Konrad Lorenz, utilizza le osservazioni sulla natura e gli animali per studiare la società contemporanea. A ben guardare, però, questo memoir può essere letto anche come una lunga preghiera per lo stato del pianeta. «È così», ammette la scrittrice, «non condivido la tendenza all’angelicazione dell’uomo o a vederlo come frutto dell’evoluzione».
Il principale operatore della rete elettrica nazionale registra ricavi pari a 2,88 miliardi (l’8,9% in più rispetto al 2024) e accelera nei progetti Tyrrhenian Link e Adriatic Link, al centro della strategia per la decarbonizzazione. Aumenta il peso delle rinnovabili.
Nei primi nove mesi del 2025 Terna, principale gestore della rete elettrica nazionale, ha consolidato la propria posizione strategica nel settore, segnando un’intensa crescita economico-finanziaria e un’accelerazione significativa degli investimenti a supporto della transizione energetica. Il consiglio di amministrazione, guidato da Igor De Biasio e con la presentazione dell’amministratore delegato Giuseppina Di Foggia, ha approvato risultati che provano la solidità del gruppo e il suo ruolo determinante nel percorso di decarbonizzazione del Paese.
Nel periodo gennaio-settembre, il fabbisogno elettrico italiano si è attestato a 233,3 terawattora (TWh), di cui circa il 42,7% è stato coperto da fonti rinnovabili. Tale quota conferma la crescente integrazione delle fonti green nel panorama energetico nazionale, un processo sostenuto dal potenziamento infrastrutturale e dagli avanzamenti tecnologici portati avanti da Terna.
Sul fronte economico, i ricavi del gruppo hanno raggiunto quota 2,88 miliardi di euro, con un incremento dell’8,9% rispetto agli stessi mesi del 2024. L’Ebitda, margine operativo lordo, ha superato i 2 miliardi (+7,1%), mentre l’utile netto si è attestato a 852,7 milioni di euro, in crescita del 4,9%. Risultati, questi, che illustrano non solo un miglioramento operativo, ma anche un’efficiente gestione finanziaria; il tutto, nonostante un lieve aumento degli oneri finanziari netti, transitati da 104,9 a 131,7 milioni di euro.
Elemento di rilievo sono gli investimenti, che hanno superato i 2 miliardi di euro (+22,9% rispetto ai primi nove mesi del 2024, quando il dato era di 1,7 miliardi), un impegno che riflette la volontà di Terna di rafforzare la rete di trasmissione e favorire l’efficienza e la sicurezza del sistema elettrico. Tra i principali progetti infrastrutturali si segnalano il Tyrrhenian Link, il collegamento sottomarino tra Campania, Sicilia e Sardegna, con una dotazione finanziaria complessiva di circa 3,7 miliardi di euro, il più esteso tra le opere in corso; l’Adriatic Link, elettrodotto sottomarino tra Marche e Abruzzo; e i lavori per la rete elettrica dedicata ai Giochi olimpici e paralimpici invernali di Milano-Cortina 2026.
L’attenzione ai nuovi sistemi di accumulo elettrico ha trovato un momento chiave nell’asta Macse, il Meccanismo di approvvigionamento di capacità di stoccaggio, conclusosi con l’assegnazione totale della capacità richiesta, pari a 10 GWh, a prezzi molto più bassi del premio di riserva, un segnale di un mercato in forte crescita e di un interesse marcato verso le soluzioni di accumulo energetico che miglioreranno la sicurezza e contribuiranno alla riduzione della dipendenza da fonti fossili.
Sul piano organizzativo, Terna ha visto una crescita nel personale, con 6.922 dipendenti al 30 settembre (502 in più rispetto a fine 2024), necessari per sostenere la complessità delle attività e l’implementazione del Piano industriale 2024-2028. Inoltre, è stata perfezionata l’acquisizione di Rete 2 S.r.l. da Areti, che rafforza la presenza nella rete ad alta tensione dell’area metropolitana di Roma, ottimizzando l’integrazione e la gestione infrastrutturale.
Sotto il profilo finanziario, l’indebitamento netto è cresciuto a 11,67 miliardi di euro, per sostenere la spinta agli investimenti, ma è ben bilanciato da un patrimonio netto robusto di circa 7,77 miliardi di euro. Il consiglio ha confermato l’acconto sul dividendo 2025 pari a 11,92 centesimi di euro per azione, in linea con la politica di distribuzione che punta a coniugare remunerazione degli azionisti e sostenibilità finanziaria.
Da segnalare anche le iniziative di finanza sostenibile, con l’emissione di un Green Bond europeo da 750 milioni di euro, molto richiesto e con una cedola del 3%, che denuncia la forte attenzione agli investimenti a basso impatto ambientale. Terna ha inoltre sottoscritto accordi finanziari per 1,5 miliardi con istituzioni come la Banca europea per gli investimenti e Intesa Sanpaolo a supporto dell’Adriatic Link e altri progetti chiave.
L’innovazione tecnologica rappresenta un altro pilastro della strategia di Terna, con l’apertura dell’hub Terna innovation zone Adriatico ad Ascoli Piceno, dedicato alla collaborazione con startup, università e partner industriali per sviluppare soluzioni avanzate a favore della transizione energetica e della digitalizzazione della rete.
La solidità del piano industriale e la continuità degli investimenti nelle infrastrutture critiche e nelle tecnologie innovative pongono Terna in una posizione di vantaggio nel garantire il sostentamento energetico italiano, supportando la sicurezza, la sostenibilità e l’efficienza del sistema elettrico anche in contesti incerti, con potenziali tensioni commerciali e geopolitiche.
Il 2025 si chiuderà con previsioni di ricavi per oltre 4 miliardi di euro, Ebitda a 2,7 miliardi e utile netto superiore a un miliardo, fra conferme di leadership e rinnovate sfide da affrontare con competenza e visione strategica.
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Il presidente venezuelano Nicolas Maduro (Getty Images)
L’operazione Southern Spear lanciata da Washington fa salire il rischio di escalation. Maduro mobilita 200.000 militari, denuncia provocazioni Usa e chiede l’intervento dell’Onu, mentre l’opposizione parla di arruolamenti forzati e fuga imminente del regime.
Nel Mar dei Caraibi la tensione fra Venezuela e Stati Uniti resta altissima e Washington, per bocca del suo Segretario alla Guerra Pete Hegseth, ha appena lanciato l’operazione Southern Spear. Questa nuova azione militare è stata voluta per colpire quelli che l’amministrazione Trump ha definito come i narco-terroristi del continente sudamericano ed ha il dichiarato obiettivo di difendere gli Stati Uniti dall’invasione di droga portata avanti da questi alleati di Maduro. Intanto è stata colpita la 21ª imbarcazione, accusata di trasportare droga verso il territorio statunitense, facendo arrivare a circa 80 il numero delle vittime.
Il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha ordinato alle forze armate di essere pronte ad un’eventuale invasione ed ha dispiegato oltre 200mila militari in tutti i luoghi chiave del suo paese. il ministro della Difesa Vladimir Padrino Lopez sta guidando personalmente questa mobilitazione generale orchestrata dalla Milizia Nazionale Bolivariana, i fedelissimi che stanno rastrellando Caracas e le principali città per arruolare nuove forze.
L’opposizione denuncia arruolamenti forzati anche fra i giovanissimi, soprattutto nelle baraccopoli intorno alla capitale, nel disperato tentativo di far credere che la cosiddetta «rivoluzione bolivariana», inventata dal predecessore di Maduro, Hugo Chavez, sia ancora in piedi. Proprio Maduro si è rivolto alla nazione dichiarando che il popolo venezuelano è pronto a combattere fino alla morte, ma allo stesso tempo ha lanciato un messaggio di pace nel continente proprio a Donald Trump.
Il presidente del Parlamento ha parlato di effetti devastanti ed ha accusato Washington di perseguire la forma massima di aggressione nella «vana speranza di un cambio di governo, scelto e voluto di cittadini». Caracas tramite il suo ambasciatore alle Nazioni Unite ha inviato una lettera al Segretario Generale António Guterres per chiedere una condanna esplicita delle azioni provocatorie statunitensi e il ritiro immediato delle forze Usa dai Caraibi.
Diversi media statunitensi hanno rivelato che il Tycoon americano sta pensando ad un’escalation con una vera operazione militare in Venezuela e nei primi incontri con i vertici militari sarebbe stata stilata anche una lista dei principali target da colpire come porti e aeroporti, ma soprattutto le sedi delle forze militari più fedeli a Maduro. Dal Pentagono non è arrivata nessuna conferma ufficiale e sembra che questo attacco non sia imminente, ma intanto in Venezuela sono arrivati da Mosca alcuni cargo con materiale strategico per rafforzare i sistemi di difesa anti-aerea Pantsir-S1 e batterie missilistiche Buk-M2E.
Dalle immagini satellitari si vede che l’area della capitale e le regioni di Apure e Cojedes, sedi delle forze maduriste, sono state fortemente rinforzate dopo che il presidente ha promulgato la legge sul Comando per la difesa integrale della nazione per la salvaguardia della sovranità e dell’integrità territoriale. In uno dei tanti discorsi alla televisione nazionale il leader venezuelano ha spiegato che vuole che le forze armate proteggano tutte le infrastrutture essenziali.
Nel piano presentato dal suo fedelissimo ministro della Difesa l’esercito, la polizia ed anche i paramilitari dovranno essere pronti ad una resistenza prolungata, trasformando la guerra in guerriglia. Una forza di resistenza che dovrebbe rendere impossibile governare il paese colpendo tutti i suoi punti nevralgici e generando il caos.
Una prospettiva evidentemente propagandistica perché come racconta la leader dell’opposizione Delsa Solorzano «nessuno è disposto a combattere per Maduro, tranne i suoi complici nel crimine. Noi siamo pronti ad una transizione ordinata, pacifica e che riporti il Venezuela nel posto che merita, dopo anni di buio e terrore.»
Una resistenza in cui non sembra davvero credere nessuno perché Nicolas Maduro, la sua famiglia e diversi membri del suo governo, avrebbero un piano di fuga nella vicina Cuba per poi probabilmente raggiungere Mosca come ha già fatto l’ex presidente siriano Assad.
Intanto il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha espresso preoccupazione per i cittadini italiani detenuti nelle carceri del Paese, sottolineando l’impegno della Farnesina per scarcerarli al più presto, compreso Alberto Trentini, arrestato oltre un anno fa.
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