2019-10-07
Il voto in Kosovo è un terremoto che piace a Putin
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Le elezioni politiche di domenica in Kosovo possono definirsi senza mezzi termini un vero e proprio terremoto. Convocato per la quinta volta alle urne dalla dichiarazione dell'indipendenza del 2008, il popolo kosovaro ha chiarito alla propria classe dirigente di voler voltare pagina e di non sostenere più un apparato basato principalmente sulla corruzione sistemica, che per altro tanto spesso ha danneggiato anche gli investimenti italiani.La crisi di governo provocata dalle dimissioni a luglio scorso del primo ministro Ramush Haridinaj, a causa della sua convocazione davanti al tribunale speciale per crimini di guerra dell'Aia, rischia di ridisegnare in maniera profonda anche le basi di convivenza della regione balcanica. Con il 25,76% dei voti il vincitore relativo di questa tornata elettorale, che ha visto recarsi alle urne solamente il 44% degli aventi diritto, è il movimento anarchico comunista Autodeterminazione, avente molti punti in comune con i nostrani grillini, guidato da Albin Kurti. Autodeterminazione, un partito mai prima al potere, fonda il proprio programma sulla lotta alla corruzione, su un approccio autarchico in economia basato sulla rinazionalizzazione, sulla necessità di una maggiore sovranità nazionale e, soprattutto, ritiene dannosi gli investimenti esteri ovvero l'unica linfa vitale del Paese in questo momento storico. Al secondo posto con il 25.05% dei voti si è classificato il partito conservatore Lega Democratica per il Kosovo (Ldk) fondato trent'anni fa dal padre della Patria Ibrahim Rugova mentre con il 21,15% il partito Pdk del presidente della Repubblica Hashim Thaci, che da più di dieci anni guida il Paese e ne rappresentava il centro di potere indiscusso, è il vero sconfitto di questa tornata. A causa di una sentenza del tribunale costituzionale kosovaro del 2014 il vincitore relativo deve avere la possibilità di formare un governo. Inoltre per non facilitare le cose alla comunità internazionale, ammettendo la sconfitta, il Pdk ha immediatamente chiarito di voler andare all'opposizione e quindi di non essere disposto a giocare il ruolo della zattera di salvataggio che favorisca in un eventuale secondo giro di consultazioni la formazione di una coalizione maggiormente istituzionale ed internazionalmente accettabile.La stabilità del Kosovo, per quanto possibile, è ora ancora più volatile di prima. I due vincitori avranno la maggioranza dei 120 seggi al Parlamento ma faticheranno non poco a trovare un comun minimo denominatore che permetta loro di guidare un Paese in maniera coerente. I risultati delle elezioni in Kosovo sono sotto l'attenzione di tutte le grandi potenze in quanto la formazione del futuro governo inciderà profondamente non solo sulla politica interna del Paese ma soprattutto sui bilanciamenti di potere geopolitici regionali. La Russia di Putin attende di sapere quale posizione prendere nel suo storico, sempre più apparente che reale, sostegno alla Serbia sulla questione kosovara mentre Donald Trump ha mostrato tutto l'interesse degli Stati Uniti nella questione nominando a pochi giorni dalle elezioni un inviato speciale per il dialogo tra Serbia e Kosovo, Richard Grennel, che si affianca al nuovo inviato speciale per i Balcani Occidentali Matthew Palmer nominato dalla Casa Bianca a fine agosto. Dopo gli anni di relativo interesse per i Balcani da parte dell'amministrazione di Barack Obama che hanno portato all'innalzamento della tensione intraregionale gli Usa tornano prepotentemente sulla scena anche a causa della fallimentare gestione del dialogo tra Belgrado e Pristina da parte dell'Alta rappresentante per la politica estera e la sicurezza dell'Unione europea Federica Mogherini la cui incapacità, secondo le parole dell'ex premier kosovaro Haridinaj, ha provocato danni immensi per la futura stabilità della regione. Se la nomina di Matthwe Palmer, sposato con una signora serba, doveva essere un messaggio di cortesia diplomatica a favore di Belgrado, quella di Grennel è un messaggio tutt'altro che velato nei confronti della Germania e dell'Unione europea. Si tratta di un siluro diplomatico. Grennel è l'attuale ambasciatore Usa a Berlino e nella sua nuova veste d'inviato speciale, caso unico nella storia della diplomazia, non rimetterà l'incarico principale. Più di dodici mesi fa il presidente serbo Aleksander Vučić e quello kosovaro Hashim Thaci avevano segretamente raggiunto, con il beneplacito di Washington, un accordo sul reciproco riconoscimento basato su uno scambio territoriale. Questo è stato fermato dalle minacce di estromissione dalla prospettiva europea emesse in camera caritatis da Angela Merkel a Vučić che in seguito hanno permesso ad Haridinaj, nel contesto della sua lotta interna contro Thaci, di alzare a dismisura i dazi nei confronti delle merci serbe e provocare il congelamento del dialogo. La Casa Bianca si è legata al dito lo sgambetto tedesco e ora per risolvere la questione ha ingaggiato l'unica persona che a Berlino, grazie alla potentissima struttura a disposizione, può avere accesso a tutti gli scenari tedeschi in tempo reale, nonché comunicare direttamente con la Cancelleria senza inutili mediazioni. Donald Trump intende chiudere la faccenda. Putin ringrazia. A Mosca, infatti, non vedono l'ora che la problematica del Kosovo trovi una sistemazione in modo da potersi liberare dalla farsa del sostegno a Belgrado e utilizzare il precedente dello scambio territoriale a proprio favore in altri luoghi della Terra.
Charlie Kirk (Getty Images)