2018-12-04
Il Viminale smonta le bufale sul dl Sicurezza
Una nota del ministero dell'Interno ribatte ai «servizi giornalistici» come quello di «Repubblica», che incolpava il decreto Salvini di gettare in strada 40.000 migranti esclusi dagli Sprar. La legge però non è retroattiva. Per il futuro si dovrà lavorare alle espulsioni.«È necessario smontare le bufale che stanno circolando da giorni. Più diritti per i veri rifugiati e meno sprechi per quelli che rifugiati non sono». Lo ha detto il ministro dell'Interno Matteo Salvini, proprio mentre il Viminale diffondeva una nota per controbattere ad «alcuni servizi giornalistici» che hanno descritto il decreto Sicurezza, appena promulgato da Sergio Mattarella, come l'apocalisse dell'ordine pubblico. Ad esempio, un articolo di Repubblica, che qualche giorno fa parlava di «grande espulsione», di «40.000 migranti fuori dai centri» e «15.000 operatori senza lavoro». La tesi di chi paventa le purghe salviniane, in breve, è che, a causa di un'interpretazione restrittiva della nuova normativa fortemente voluta dal leader del Carroccio, salterà il meccanismo della protezione umanitaria (la forma più diffusa di inquadramento degli immigrati nel nostro Paese). Con la conseguenza che chi oggi è inserito nei programmi degli Sprar dovrà essere gettato in mezzo alla strada. Insomma, Salvini voleva combattere la delinquenza, ma così finirebbe per alimentarla, riversando una massa di disperati senzatetto nelle città, pur di fare un dispetto ai centri d'accoglienza che tanto detesta.Per la verità, un campanello d'allarme dovrebbe scattare già leggendo quali sarebbero le fonti in base alle quali il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari ha tirato fuori la cifra dei 40.000 a rischio vagabondaggio. Si tratterebbe di una «stima fatta dalle associazioni di settore», che magari avranno il polso della situazione e saranno in grado di farsi due conti, ma sono pure un tantino di parte. Potenzialmente inclini a ingigantire il problema, se non a costruire a tavolino un'allerta.Nel documento del Viminale, innanzitutto, si legge che il decreto Salvini, «ormai convertito in legge, non è retroattivo». Questo significa che chi «si trova già nello Sprar» in virtù di un permesso per motivi umanitari «potrà rimanervi fino alla fine del progetto di integrazione a cui già partecipa». Nessun rastrellamento di massa. Nessun pogrom. Nessuna notte dei lunghi coltelli. Chi fa già parte di un programma di protezione rimane nel programma fino alla successiva verifica periodica, che era prevista anche dal vecchio ordinamento. Questa circostanza dev'essere sottolineata: non è che fino all'arrivo del perfido Salvini gli immigrati potessero essere considerati dei «protetti» a vita. La durata del permesso di soggiorno per motivi umanitari è calibrata in base alle necessità che il richiedente documenta e varia dai 6 mesi ai 2 anni. La sua validità non è mai stata eterna e anche sotto i precedenti ministri dell'Interno l'autorizzazione poteva essere revocata.Il dl Sicurezza, pertanto, non altera le prassi già consolidate. E chi ha goduto della protezione umanitaria uscirà dal sistema di accoglienza una volta perfezionata la documentazione che gli dovrebbe consentire di «avviare il proprio percorso sociolavorativo», come precisa sempre la nota del Viminale. Il giro di vite promosso da Salvini riguarderà invece i nuovi arrivati, il cui numero, auspicabilmente, continuerà a essere limitato anche grazie alla politica dei porti chiusi, che al netto di tutte le critiche delle anime belle, ha avuto l'indubbio merito di lanciare un messaggio: non siamo più il Paese del bengodi, che concede facoltà di sbarco ai pescatori di uomini delle Ong, impegnati a raccogliere le bagnarole dei trafficanti di esseri umani in acque libiche. Ma veniamo la punto: cosa succederà ai beneficiari di protezione umanitaria di qui in poi? È pacifico: non entreranno più negli Sprar, come invece è accaduto finora, in proporzione ai posti disponibili nelle varie strutture. Anche per i richiedenti asilo si chiuderanno le porte degli Sprar, mentre rimarrà la possibilità di alloggiare nei Cas, i centri di accoglienza straordinaria. Allora, ci ritroveremo veramente migliaia di anime in pena per strada, messe di fronte all'alternativa tra dormire all'addiaccio chiedendo l'elemosina (ma occhio al reato di accattonaggio!) o delinquere per mangiare?È qui che si inserisce la fase due di questa rivoluzione «securitaria» (sì, proprio così: era ora che le autorità chiamate a gestire i flussi migratori pensassero alla sicurezza, oltre che alla beneficenza). Adesso il governo gialloblù dovrà dedicare le proprie energie ai rimpatri e alle espulsioni. Chi non scappa da nessuna guerra o persecuzione e non ha diritto di stare in Italia dovrà, nelle intenzioni, essere mandato a casa, con tutte le difficoltà politiche e logistiche del caso. La Lega e lo stesso Salvini lo hanno ribadito più volte: l'esecutivo è pronto ad aumentare il numero dei centri di espulsione, che peraltro «ci chiede l'Europa», tanto per citare uno degli slogan cari ai fanatici di Jean Claude Juncker e soci. Far entrare a regime un sistema efficace di rimpatri non è semplice e bisognerà essere abili a stipulare accordi bilaterali con i Paesi d'origine: in questo sarà fondamentale il lavorio diplomatico. Una cosa però è certa: il dl Sicurezza non partorirà 40.000 vagabondi. Chi pontifica sulle fake news degli altri, farebbe bene a preoccuparsi delle bufale di casa sua.
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