2021-06-25
Il viceministro prodiano mentì ai pm. Intrigo dem contro l’acqua pubblica
Claudio De Vincenti (Ansa)
Le intercettazioni svelano l'incontro di due deputati del Pd con il monopolista del ciclo idrico in Sicilia. Ma Angelo Capodicasa riferì ai magistrati di non aver partecipato. Il governo Renzi impugnò la legge regionaleNell'intrigo siciliano dell'acqua pubblica i dem hanno brigato per portare a Palazzo Chigi, ai tempi di Matteo Renzi, le istanze per salvare la concessione trentennale di Girgenti Acque, azienda nella quale, secondo l'accusa, operava un'associazione a delinquere. Come? Stando alla ricostruzione della Procura di Agrigento, la presidenza del Consiglio dei ministri sarebbe stata stimolata a impugnare alcuni commi della legge siciliana, poi effettivamente bocciati dalla Corte Costituzionale. E per nascondere l'endorsement fatto per conto di Marco Campione, l'imprenditore agrigentino che guidava Girgenti acque e che ora è al centro dell'inchiesta, colpito l'altro giorno da un fermo d'indiziato di delitto firmato dai magistrati siciliani, un ex viceministro ha anche mentito agli investigatori. I due dem finiti nelle intercettazioni dei magistrati sono Cesare Damiano, ex sindacalista cuneese ed ex ministro del Lavoro durante il governo Prodi, attuale consigliere d'amministrazione dell'Inail, e Angelo Capodicasa, curriculum da vecchio militante del Partito comunista, già presidente della Regione Sicilia tra il 1998 e il 2000 e già viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti durante il secondo governo Prodi. È stato proprio Capodicasa a negare con i pubblici ministeri la circostanza di aver incontrato Campione nel luogo e per le circostanze che i magistrati già conoscevano grazie a una intercettazione che ha messo i due dem nei guai e che ora rischia di imbarazzare il Partito democratico. Ma per comprendere bene i meccanismi di questa inchiesta, che ha portato al fermo di otto persone e all'iscrizione di 92 nomi (tra cui quello dell'ex prefetto di Agrigento Nicola Diomede, rimosso dal ministero degli Interni nel 2018 dopo aver ricevuto un avviso di garanzia) sul registro degli indagati, accusati a vario titolo, oltre che di associazione a delinquere, anche di frode in pubbliche forniture, furto, ricettazione, reati tributari, societari e in materia ambientale, è necessario fare un passo indietro di qualche anno. Bisogna tornare al 10 agosto 2015, quando la Regione Sicilia guidata da Rosario Crocetta approva la legge sull'acqua pubblica. Per Marco Campione e la sua Girgenti acque, che gestisce in concessione il servizio idrico in provincia di Agrigento è un brutto colpo. Perché prevedeva l'assegnazione del servizio a enti di diritto pubblico, o a soggetti privati, solo dopo una gara e per un periodo non superiore a nove anni. Ma la Girgenti acque aveva ottenuto una concessione da 30 anni. Campione capisce subito che si sarebbe messa male e, stando all'inchiesta, avrebbe attivato i suoi canali per far sì che a Roma qualcuno prendesse a cuore la situazione. E Palazzo Chigi, coincidenza, il 22 ottobre 2015 presenta un ricorso alla Corte costituzionale, impugnando due commi in particolare, quelli che intervenivano sulla durata delle concessioni ai privati, ovvero gli stessi che Campione voleva eliminare.Campione, hanno ricostruito i magistrati, si rivolge a Giuseppe Giuffrida, un consigliere comunale di Cattolica Eraclea. Ed entra in contatto con i due prodiani di ferro: Capodicasa e Damiano. Tra i quattro c'è un incontro, monitorato dagli investigatori. E Capodicasa e Damiano in quel momento erano entrambi deputati in carica del Partito democratico. L'incontro sarebbe avvenuto nella residenza estiva dell'onorevole Capodicasa, proprio a Cattolica Eraclea. Giuffrida dice a telefono: «Gli ho spiegato tutto per martedì alle 8 di sera qua con me e Capodicasa e Damiano». Un servizio di osservazione, controllo e pedinamento disposto dalla Procura registra tutti i movimenti: durante il percorso in auto Campione si sarebbe confrontato con Giuffrida sugli argomenti da trattare. «Non hanno ancora impugnato legge», dice Campione. I due sanno già che il Consiglio dei ministri avrebbe impugnato la legge tre mesi dopo, e precisamente il 22 ottobre 2015. Alla fine dell'incontro Giuffrida chiede a Campione se la chiacchierata fosse stata proficua. L'imprenditore va via soddisfatto, temendo soltanto che tra i tanti impegni Damiano avrebbe potuto dimenticare l'attività da mettere in campo. Ma Giuffrida gli replica: «Quale scordare e scordare... allora non mi conosci tu... era sindacalista della Cgil e io giorno 13 non gli telefono... gli dico... gli hai parlato a Claudio De Vincenti... non è che un'ora non gli puoi raccontare la storia e gliela vai a raccontare a Roma una volta che si è messo a disposizione». Secondo gli investigatori, in quell'incontro Campione sarebbe riuscito a ottenere la promessa di un link con De Vincenzi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio.«Dalla conversazione», annotano gli investigatori, «si ricava che Campione, nel corso dell'incontro avuto con i deputati Damiano e Capodicasa aveva parlato di acqua e di sistemi idrici, raccogliendo l'interesse del presidente Damiano e la promessa di un contatto con il sottosegretario De Vincenti».Ma non è l'unica valutazione che gli investigatori fanno: «Proprio la Presidenza del consiglio dei ministri, poco più di due mesi dopo, presenta un ricorso alla Corte costituzionale, impugnando diversi articoli della legge regionale sull'acqua pubblica, tanto invisa a Campione. L'ultima coincidenza? La Regione Sicilia non si oppone. E la legge viene bocciata. Campione vince la sua battaglia. Ma non la guerra.Tant'è che l'inchiesta i magistrati l'hanno ribattezzata la Waterloo della Girgenti acque. Con buona pace di Campione.
Il presidente venezuelano Nicolas Maduro (Getty Images)
Il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha ordinato alle forze armate di essere pronte ad un’eventuale invasione ed ha dispiegato oltre 200mila militari in tutti i luoghi chiave del suo paese. il ministro della Difesa Vladimir Padrino Lopez sta guidando personalmente questa mobilitazione generale orchestrata dalla Milizia Nazionale Bolivariana, i fedelissimi che stanno rastrellando Caracas e le principali città per arruolare nuove forze.
L’opposizione denuncia arruolamenti forzati anche fra i giovanissimi, soprattutto nelle baraccopoli intorno alla capitale, nel disperato tentativo di far credere che la cosiddetta «rivoluzione bolivariana», inventata dal predecessore di Maduro, Hugo Chavez, sia ancora in piedi. Proprio Maduro si è rivolto alla nazione dichiarando che il popolo venezuelano è pronto a combattere fino alla morte, ma allo stesso tempo ha lanciato un messaggio di pace nel continente proprio a Donald Trump.
Il presidente del Parlamento ha parlato di effetti devastanti ed ha accusato Washington di perseguire la forma massima di aggressione nella «vana speranza di un cambio di governo, scelto e voluto di cittadini». Caracas tramite il suo ambasciatore alle Nazioni Unite ha inviato una lettera al Segretario Generale António Guterres per chiedere una condanna esplicita delle azioni provocatorie statunitensi e il ritiro immediato delle forze Usa dai Caraibi.
Diversi media statunitensi hanno rivelato che il Tycoon americano sta pensando ad un’escalation con una vera operazione militare in Venezuela e nei primi incontri con i vertici militari sarebbe stata stilata anche una lista dei principali target da colpire come porti e aeroporti, ma soprattutto le sedi delle forze militari più fedeli a Maduro. Dal Pentagono non è arrivata nessuna conferma ufficiale e sembra che questo attacco non sia imminente, ma intanto in Venezuela sono arrivati da Mosca alcuni cargo con materiale strategico per rafforzare i sistemi di difesa anti-aerea Pantsir-S1 e batterie missilistiche Buk-M2E.
Dalle immagini satellitari si vede che l’area della capitale e le regioni di Apure e Cojedes, sedi delle forze maduriste, sono state fortemente rinforzate dopo che il presidente ha promulgato la legge sul Comando per la difesa integrale della nazione per la salvaguardia della sovranità e dell’integrità territoriale. In uno dei tanti discorsi alla televisione nazionale il leader venezuelano ha spiegato che vuole che le forze armate proteggano tutte le infrastrutture essenziali.
Nel piano presentato dal suo fedelissimo ministro della Difesa l’esercito, la polizia ed anche i paramilitari dovranno essere pronti ad una resistenza prolungata, trasformando la guerra in guerriglia. Una forza di resistenza che dovrebbe rendere impossibile governare il paese colpendo tutti i suoi punti nevralgici e generando il caos.
Una prospettiva evidentemente propagandistica perché come racconta la leader dell’opposizione Delsa Solorzano «nessuno è disposto a combattere per Maduro, tranne i suoi complici nel crimine. Noi siamo pronti ad una transizione ordinata, pacifica e che riporti il Venezuela nel posto che merita, dopo anni di buio e terrore.»
Una resistenza in cui non sembra davvero credere nessuno perché Nicolas Maduro, la sua famiglia e diversi membri del suo governo, avrebbero un piano di fuga nella vicina Cuba per poi probabilmente raggiungere Mosca come ha già fatto l’ex presidente siriano Assad.
Intanto il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha espresso preoccupazione per i cittadini italiani detenuti nelle carceri del Paese, sottolineando l’impegno della Farnesina per scarcerarli al più presto, compreso Alberto Trentini, arrestato oltre un anno fa.
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Ecco #DimmiLaVerità del 14 novembre 2025. Il deputato del M5s Marco Pellegrini commenta lo scandalo corruzione in Ucraina e la necessità di intraprendere un processo negoziale.