2018-06-03
Il Vaticano tifava contro il governo. Invece in parrocchia stanno con i barbari
Il Colle ha ricevuto pressioni dalla Chiesa per fermare le forze antisistema, giudicate «divisive». I preti però sono più realisti.«Caro presidente, non desista sulla nomina di Paolo Savona». Secondo i quirinalisti, una settimana fa Sergio Mattarella ricevette più di una telefonata che lo esortava a fare argine, ad alzare le barricate. Berlino, Bruxelles, Parigi. Ma questa, breve e melliflua, arrivava da molto più vicino: il Vaticano. Una delle Segreterie più potenti del pianeta invitava il capo dello Stato a mettere l'elmetto contro il governo dei barbari, guidato dall'economista con un peccato originale poco noto (non certo Oltretevere): Savona è da sempre amico degli americani. Ma non degli obamiani e clintoniani cari a papa Francesco, bensì dai tempi di Francesco Cossiga lo è dei repubblicani che oggi hanno come leader il diavolo in persona, Donald Trump.Così, resosi conto che anche gli alti prelati erano all'opposizione, il presidente (aclista devoto) si è messo di traverso e ha cominciato quella guerra lampo che avrebbe portato alla defenestrazione del ministro scomodo, poi all'incarico di Carlo Badoglio Cottarelli e infine alla sconfitta davanti all'esecutivo M5s-Lega (con Savona in prima fila). Per capire da che parte sta il Vaticano basta ascoltare l'editoriale di Lucio Brunelli a Inblu Radio, il network delle emittenti della Conferenza episcopale italiana: «Papa Francesco parlò di un martirio della pazienza che per un cristiano non è meno eroico del martirio del sangue. Espressione che mi è tornata in mente pensando al ruolo del presidente Mattarella nella lunga crisi politica appena conclusa. Quel suo passare sopra le offese ricevute senza farlo pesare. La pazienza di riaccogliere al Quirinale capi politici che il giorno prima avevano aizzato la piazza contro di lui invocando l'impeachment. Il bene della nazione anteposto ai propri sentimenti». Un martire fra arazzi e corazzieri.A Brunelli non interessa neppure lontanamente sapere che quei capi politici, avendo vinto le elezioni, esercitavano il diritto di proporre un governo secondo le elementari regole della democrazia parlamentare. Lui vuole lanciare un messaggio ben più sottile: la Chiesa diffida. Il segnale è chiaro ed è stato anticipato una decina di giorni fa dal presidente della Cei, cardinal Gualtiero Bassetti, che in una volta sola ha criticato la Flat tax, ha lanciato l'allarme migranti, ha sperato che il premier Giuseppe Conte «abbia assorbito a Firenze, dove vive, un po' di umanesimo» e ha fatto sapere che le porpore vigileranno. Questo è un governo non gradito al Vaticano. Nonostante trappole parlamentari come i matrimoni gay, la stepchild adoption mascherata e un biotestamento che occhieggia all'eutanasia, la Chiesa italiana (come tutti i poteri della conservazione) si sentiva più garantita dalle naturali ipocrisie della sinistra al profumo di incenso guidata da Paolo Gentiloni, Graziano Delrio, Dario Franceschini. Ma superato il momento di choc, la Santa Sede aprirà canali di collaborazione con il nuovo esecutivo; in fondo l'uomo dovrebbe essere al centro del progetto divino. L'interlocutore più affidabile è il leghista Giancarlo Giorgetti, nome ben noto Oltretevere, membro di fondazioni e consigli d'amministrazione di enti vicini alla finanza cattolica, piazzato a Palazzo Chigi nel ruolo chiave di sottosegretario alla Presidenza, non a caso nello studio che fu di Gianni Letta. Il rapporto della Segreteria vaticana non è solido come ai tempi di Tarcisio Bertone con Silvio Berlusconi, ma un cammino si può costruire. Probabilmente in virtù di questo, ieri Matteo Salvini diceva: «Ho cominciato a coltivare utili e numerosi rapporti con il mondo cattolico, lavoreremo assieme e vi stupiremo. Anche sul tema dei migranti ci sono molte più vicinanze che distanze perché l'accoglienza, nei limiti e nelle regole, è interesse di tutti». Il neoministro dell'Interno ha centrato l'argomento. Perché se è vero che per papa Bergoglio quella dei migranti è diventata una priorità che mette in secondo piano anche i valori non negoziabili, è altrettanto certo che nelle diocesi e nelle parrocchie i fedeli sono smarriti e spaventati davanti a emarginazione, tensioni sociali, violenza. E non capiscono il messaggio che arriva dal pulpito. Oltre a Giorgetti, un interlocutore naturale dovrebbe essere il ministro della Famiglia e della Disabilità, Lorenzo Fontana. Ma c'è un non possumus: le sue problematiche morali e pro vita sono poco attuali perché «divisive» per la Chiesa di oggi, molto sensibile al marketing. Spiega un monsignore di un'importante diocesi del Nord: «Se Fontana dovesse discutere di morale con la Santa Sede, lui starebbe seduto e loro in piedi ad ascoltarlo».Mentre i rapporti ufficiali passeranno da Palazzo Chigi, le relazioni più imprevedibili vedranno coinvolti i grillini. Papa Francesco non teme né il taglio dell'8x1000 e neppure l'Imu sui luoghi di culto perché il suo obiettivo è una Chiesa realmente povera. Ma l'elefantiaca struttura ha bisogno di solidi appoggi e allora i pentastellati possono diventare amici. Molti di loro provengono dal volontariato e anche nello stilare il famoso contratto hanno mostrato una mentalità assistenzialista che arriva dalla strada dell'oratorio. Attenzione per il Sud e lotta alla povertà sono le priorità condivisibili. «La Chiesa è una grande onlus, parliamo la stessa lingua», chiosa il monsignore. Diffidenza, nostalgia delle genuflessioni andreottiane, qualche show in favore di telecamera. Ma in Vaticano sanno che i barbari servono. Anche loro hanno bisogno dell'assoluzione.
Jose Mourinho (Getty Images)