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2020-04-03
Il think tank di Soros e Rockfeller usa il Covid-19 per abolire la famiglia
George Soros (Ansa)
L'abbiamo scritto ripetutamente, nei giorni scorsi: in giro è pieno di (presunti) intellettuali pronti a dirci che la pandemia in corso è una meravigliosa occasione per comprendere il senso della vita. C'è chi la vede come una splendida opportunità per riscoprire vecchi film e rispolverare i classici della letteratura, chi ne fa notare le benefiche conseguenze sull'ambiente, chi sostiene che ci farà diventare «migliori» e più solidali. Ma c'è una signora che ha superato tutti a sinistra. Si chiama Sophie Lewis, ed è una femminista a 24 carati, autrice del saggio Full Surrogacy Now: Feminism Against Family e sostenitrice del «comunismo queer».
Questa bellicosa signora sostiene che la diffusione del coronavirus sia una meravigliosa occasione per abbattere una volta per tutte l'odiosa costruzione chiamata famiglia.
La Lewis scatena la sua intemerata a partire dall'invito, ormai diffuso anche nelle nazioni anglofone, a «stare a casa». A suo dire, il focolare domestico è tutt'altro che un luogo sicuro, anzi è pericolosissimo. Intanto perché è teatro di abusi costanti sulle donne e pure sui bambini. Inoltre, la famiglia - come già teorizzava Friedrich Engels - è una messa in scena su scala ridotta della lotta di classe: all'uomo padrone e sfruttatore sono sottoposti la moglie e i figli sfruttati. «La pandemia non deve farci dimenticare l'abolizione della famiglia», scrive la Lewis. La quale, per precisare meglio il suo pensiero, cita un'altra femminista di grido, Madeline Lane-McKinley: «Le famiglie sono le pentole a pressione del capitalismo. Questa crisi vedrà un'impennata delle faccende domestiche: pulizia, cucina, cura, ma anche abusi sui minori, molestie, stupri da parte dei partner, torture psicologiche e altro ancora». Non è tutto: la casa resterà uno spazio orrorifico anche in assenza di padri molestatori e mariti violenti. «Anche quando la famiglia nucleare non rappresenta una minaccia fisica o mentale diretta alla singola persona - nessun maltrattamento del coniuge, nessuno stupro infantile e nessuna strage - il modo di riproduzione sociale della famiglia privata fa ancora, francamente, schifo», sentenzia la Lewis. In conclusione, l'invito alla lotta: «Meritiamo di meglio della famiglia. E l'epoca del corona è un momento eccellente per esercitarsi nell'abolizione».
Si potrebbe liquidare tutto ciò come delirio di un'attivista invasata, ma in questa faccenda c'è un aspetto molto interessante, e meritevole di approfondimento. La Lewis si pone come un'avversaria feroce del capitalismo, sostiene che la famiglia aiuti il Sistema nella sua devastante opera di annientamento delle minoranze e dell'umanità più in generale. Eppure, guarda un po', l'approdo a cui giunge la nostra femminista è perfettamente funzionale proprio al sistema ultracapitalista che costei vorrebbe abbattere.
L'odierno capitalismo, infatti, vede la famiglia non come un alleato fondamentale nello sfruttamento delle classi sociali più deboli, ma come un pericoloso ostacolo alla creazione di esseri umani sradicati, alienati e disponibili. Laddove questo sistema mira alla commercializzazione di ogni aspetto dell'esistenza e del corpo, la famiglia - in quanto luogo dell'amore gratuito - diventa un impedimento. Bisogna fare di tutto, dunque, per sfaldarla, per disgregarla, per abolirla. E, a questo fine, gli attivisti queer, Lgbt, trans eccetera sono un provvidenziale strumento di lotta.
Volete la prova? Eccola. Sapete chi ha pubblicato l'articolo della Lewis? Sulle prime, verrebbe da pensare a qualche oscura rivista antagonista. E invece no: il pezzo è uscito su Open democracy, sito Web di «discussione politica», un think tank il cui scopo sarebbe quello di difendere i diritti umani a livello globale. Forse ne avete sentito parlare: Open democracy divenne celebre nel nostro Paese nel 2009, quando sferrò un potente attacco a Silvio Berlusconi, producendo pure una sua variazione sul tema delle «dieci domande» coniate da Repubblica. Più in generale, il sito viene citato dalla stampa italica quando pubblica allarmi sulla libertà di stampa, o appelli su questioni umanitarie.
Ed ecco la parte più gustosa. Tra i finanziatori e sostenitori di Open democracy troviamo Avaaz, la Ong sorosiana che si dà molto da fare contro le «fake news»; la Fondazione Rockefeller; la Fondazione Ford; numerose università e associazioni caritatevoli inglesi e poi, manco a dirlo, eccola lì: la Open society foundations di George Soros. Il gran visir dei globalisti, oltre che finanziatore, è anche uno dei più illustri collaboratori del sito Open democracy, a cui ha fornito preziosi editoriali a partire dalla metà degli anni Duemila.
Curioso, non trovate? le invettive «anticapitaliste» contro la famiglia vengono pubblicate dall'house organ di alcuni dei maggiori capitalisti del globo. Casualmente, la loro agenda coincide quasi del tutto con quella dell'attivista queer, se non altro per quel che riguarda l'abolizione della famiglia. Costi quel che costi, il luogo della gratuità - il focolare - va distrutto. E se le femministe o il virus possono dare una mano, tanto meglio.
Hacker e banche, allarme Copasir
«Il Copasir ha licenziato il parere, con correlatore il vicepresidente Adolfo Urso, sullo schema di regolamento che prevede un riordino del Dis, il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, in particolare per il rafforzamento del settore della sicurezza cibernetica». Il presidente del Copasir, il leghista Raffaele Volpi, ieri ha reso noti i contenuti della riunione dell'organismo parlamentare di controllo sui servizi segreti. La nostra intelligence, lo ricordiamo, in questi giorni è molto attiva sul fronte del contrasto agli attacchi hacker, sia accertati (quelli che hanno colpito gli ospedali Spallanzani e San Camillo di Roma) che presunti (quelli denunciati dall'Inps in relazione al malfunzionamento del sito internet). «La riunione», ha aggiunto Volpi, «è proseguita con l'affidamento al senatore Paolo Arrigoni della relazione sul rapporto semestrale dell'attività dei servizi di Intelligence. Da una prima visione del rapporto il Comitato ha rafforzato la sua percezione di un urgente approfondimento degli aspetti di salvaguardia strategica degli assetti bancari e assicurativi. Il Copasir ha quindi deciso di riprendere immediatamente il ciclo di audizioni relativo al settore e dare comunicazione del calendario appena sarà perfezionato». In merito poi ai «denunciati attacchi informatici contro siti istituzionali», il Comitato, ha fatto sapere Volpi, «ha sensibilizzato il Dis che ha poi reso infatti puntuale nota informativa relativa alle evidenze in suo possesso e alla continua attività di vigilanza. La seduta è proseguita confermando l'utilità di perseguire gli approfondimenti affidati all'onorevole Borghi sulle eventuali distorsive campagne informative rivolte verso il paese. Le particolari circostanze in cui versa il paese vedono il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica quotidianamente attento a tutte le tematiche afferenti alle sue competenze anche attraverso un costante confronto formale ed informale fra i suoi componenti», ha concluso Volpi, «con la comune condivisa missione di contribuire alla sicurezza dell'interesse nazionale».
Il vicepresidente del Copasir, Adolfo Urso, di Fratelli d'Italia, si è invece scagliato contro l'Inps: «Se come sembra», ha attaccato Urso, «il blocco della piattaforma digitale dell'Inps non è dovuto ad un attacco hacker ma solo ad una macroscopica inefficienza, credo che qualcuno debba spiegare perché abbia diffuso in modo improprio un allarme hacker di così tale ampiezza, coinvolgendo il Copasir e quindi il Dis, su un aspetto così sensibile e importante. È irresponsabile averlo fatto tanto più che gran parte degli esperti aveva subito escluso questa possibilità. Sarebbe ancor più grave», ha aggiunto Urso, «che questa fake news fosse stata deliberatamente alimentata solo quale paravento di una palese inefficienza del sistema e di chi avrebbe dovuto programmare il servizio a cui l'Inps era stato in tempo delegato. Chiunque l'abbia fatto dovrà stavolta assumersi le proprie gravi responsabilità».
Intanto, ieri, i deputati di Fratelli d'Italia Galeazzo Bignami e Marco Osnato, componenti della Commissione Finanze della Camera dei Deputati, hanno chiesto al Copasir di compiere verifiche sulla notizia diffusa dall'agenzia Bloomberg, secondo la quale la Commerzbank, istituto di credito detenuto al 15% dallo Stato tedesco, sta invitando a disfarsi dei Btp italiani ritenendoli destinati a divenire «spazzatura». «Una indicazione», hanno affermato Bignami e Osnato, «che se confermata rischia di determinare un effetto valanga con esiti gravissimi per l'economia italiana».
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Il sito «Open democracy», finanziato da alcuni dei più grandi magnati della Terra, pubblica un editoriale dell'ultrafemminista Sophie Lewis, che invita a sfruttare l'epidemia per distruggere il focolare domestico.Il presidente Raffaele Volpi fa sapere che l'intelligence lavorerà sugli attacchi ai siti istituzionali denunciati nei giorni scorsi. Faro puntato anche sul credito.Lo speciale contiene due articoli L'abbiamo scritto ripetutamente, nei giorni scorsi: in giro è pieno di (presunti) intellettuali pronti a dirci che la pandemia in corso è una meravigliosa occasione per comprendere il senso della vita. C'è chi la vede come una splendida opportunità per riscoprire vecchi film e rispolverare i classici della letteratura, chi ne fa notare le benefiche conseguenze sull'ambiente, chi sostiene che ci farà diventare «migliori» e più solidali. Ma c'è una signora che ha superato tutti a sinistra. Si chiama Sophie Lewis, ed è una femminista a 24 carati, autrice del saggio Full Surrogacy Now: Feminism Against Family e sostenitrice del «comunismo queer». Questa bellicosa signora sostiene che la diffusione del coronavirus sia una meravigliosa occasione per abbattere una volta per tutte l'odiosa costruzione chiamata famiglia. La Lewis scatena la sua intemerata a partire dall'invito, ormai diffuso anche nelle nazioni anglofone, a «stare a casa». A suo dire, il focolare domestico è tutt'altro che un luogo sicuro, anzi è pericolosissimo. Intanto perché è teatro di abusi costanti sulle donne e pure sui bambini. Inoltre, la famiglia - come già teorizzava Friedrich Engels - è una messa in scena su scala ridotta della lotta di classe: all'uomo padrone e sfruttatore sono sottoposti la moglie e i figli sfruttati. «La pandemia non deve farci dimenticare l'abolizione della famiglia», scrive la Lewis. La quale, per precisare meglio il suo pensiero, cita un'altra femminista di grido, Madeline Lane-McKinley: «Le famiglie sono le pentole a pressione del capitalismo. Questa crisi vedrà un'impennata delle faccende domestiche: pulizia, cucina, cura, ma anche abusi sui minori, molestie, stupri da parte dei partner, torture psicologiche e altro ancora». Non è tutto: la casa resterà uno spazio orrorifico anche in assenza di padri molestatori e mariti violenti. «Anche quando la famiglia nucleare non rappresenta una minaccia fisica o mentale diretta alla singola persona - nessun maltrattamento del coniuge, nessuno stupro infantile e nessuna strage - il modo di riproduzione sociale della famiglia privata fa ancora, francamente, schifo», sentenzia la Lewis. In conclusione, l'invito alla lotta: «Meritiamo di meglio della famiglia. E l'epoca del corona è un momento eccellente per esercitarsi nell'abolizione». Si potrebbe liquidare tutto ciò come delirio di un'attivista invasata, ma in questa faccenda c'è un aspetto molto interessante, e meritevole di approfondimento. La Lewis si pone come un'avversaria feroce del capitalismo, sostiene che la famiglia aiuti il Sistema nella sua devastante opera di annientamento delle minoranze e dell'umanità più in generale. Eppure, guarda un po', l'approdo a cui giunge la nostra femminista è perfettamente funzionale proprio al sistema ultracapitalista che costei vorrebbe abbattere. L'odierno capitalismo, infatti, vede la famiglia non come un alleato fondamentale nello sfruttamento delle classi sociali più deboli, ma come un pericoloso ostacolo alla creazione di esseri umani sradicati, alienati e disponibili. Laddove questo sistema mira alla commercializzazione di ogni aspetto dell'esistenza e del corpo, la famiglia - in quanto luogo dell'amore gratuito - diventa un impedimento. Bisogna fare di tutto, dunque, per sfaldarla, per disgregarla, per abolirla. E, a questo fine, gli attivisti queer, Lgbt, trans eccetera sono un provvidenziale strumento di lotta. Volete la prova? Eccola. Sapete chi ha pubblicato l'articolo della Lewis? Sulle prime, verrebbe da pensare a qualche oscura rivista antagonista. E invece no: il pezzo è uscito su Open democracy, sito Web di «discussione politica», un think tank il cui scopo sarebbe quello di difendere i diritti umani a livello globale. Forse ne avete sentito parlare: Open democracy divenne celebre nel nostro Paese nel 2009, quando sferrò un potente attacco a Silvio Berlusconi, producendo pure una sua variazione sul tema delle «dieci domande» coniate da Repubblica. Più in generale, il sito viene citato dalla stampa italica quando pubblica allarmi sulla libertà di stampa, o appelli su questioni umanitarie. Ed ecco la parte più gustosa. Tra i finanziatori e sostenitori di Open democracy troviamo Avaaz, la Ong sorosiana che si dà molto da fare contro le «fake news»; la Fondazione Rockefeller; la Fondazione Ford; numerose università e associazioni caritatevoli inglesi e poi, manco a dirlo, eccola lì: la Open society foundations di George Soros. Il gran visir dei globalisti, oltre che finanziatore, è anche uno dei più illustri collaboratori del sito Open democracy, a cui ha fornito preziosi editoriali a partire dalla metà degli anni Duemila. Curioso, non trovate? le invettive «anticapitaliste» contro la famiglia vengono pubblicate dall'house organ di alcuni dei maggiori capitalisti del globo. Casualmente, la loro agenda coincide quasi del tutto con quella dell'attivista queer, se non altro per quel che riguarda l'abolizione della famiglia. Costi quel che costi, il luogo della gratuità - il focolare - va distrutto. E se le femministe o il virus possono dare una mano, tanto meglio. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/il-think-tank-di-soros-e-rockfeller-usa-il-covid-19-per-abolire-la-famiglia-2645621937.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="hacker-e-banche-allarme-copasir" data-post-id="2645621937" data-published-at="1585859705" data-use-pagination="False"> Hacker e banche, allarme Copasir «Il Copasir ha licenziato il parere, con correlatore il vicepresidente Adolfo Urso, sullo schema di regolamento che prevede un riordino del Dis, il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, in particolare per il rafforzamento del settore della sicurezza cibernetica». Il presidente del Copasir, il leghista Raffaele Volpi, ieri ha reso noti i contenuti della riunione dell'organismo parlamentare di controllo sui servizi segreti. La nostra intelligence, lo ricordiamo, in questi giorni è molto attiva sul fronte del contrasto agli attacchi hacker, sia accertati (quelli che hanno colpito gli ospedali Spallanzani e San Camillo di Roma) che presunti (quelli denunciati dall'Inps in relazione al malfunzionamento del sito internet). «La riunione», ha aggiunto Volpi, «è proseguita con l'affidamento al senatore Paolo Arrigoni della relazione sul rapporto semestrale dell'attività dei servizi di Intelligence. Da una prima visione del rapporto il Comitato ha rafforzato la sua percezione di un urgente approfondimento degli aspetti di salvaguardia strategica degli assetti bancari e assicurativi. Il Copasir ha quindi deciso di riprendere immediatamente il ciclo di audizioni relativo al settore e dare comunicazione del calendario appena sarà perfezionato». In merito poi ai «denunciati attacchi informatici contro siti istituzionali», il Comitato, ha fatto sapere Volpi, «ha sensibilizzato il Dis che ha poi reso infatti puntuale nota informativa relativa alle evidenze in suo possesso e alla continua attività di vigilanza. La seduta è proseguita confermando l'utilità di perseguire gli approfondimenti affidati all'onorevole Borghi sulle eventuali distorsive campagne informative rivolte verso il paese. Le particolari circostanze in cui versa il paese vedono il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica quotidianamente attento a tutte le tematiche afferenti alle sue competenze anche attraverso un costante confronto formale ed informale fra i suoi componenti», ha concluso Volpi, «con la comune condivisa missione di contribuire alla sicurezza dell'interesse nazionale». Il vicepresidente del Copasir, Adolfo Urso, di Fratelli d'Italia, si è invece scagliato contro l'Inps: «Se come sembra», ha attaccato Urso, «il blocco della piattaforma digitale dell'Inps non è dovuto ad un attacco hacker ma solo ad una macroscopica inefficienza, credo che qualcuno debba spiegare perché abbia diffuso in modo improprio un allarme hacker di così tale ampiezza, coinvolgendo il Copasir e quindi il Dis, su un aspetto così sensibile e importante. È irresponsabile averlo fatto tanto più che gran parte degli esperti aveva subito escluso questa possibilità. Sarebbe ancor più grave», ha aggiunto Urso, «che questa fake news fosse stata deliberatamente alimentata solo quale paravento di una palese inefficienza del sistema e di chi avrebbe dovuto programmare il servizio a cui l'Inps era stato in tempo delegato. Chiunque l'abbia fatto dovrà stavolta assumersi le proprie gravi responsabilità». Intanto, ieri, i deputati di Fratelli d'Italia Galeazzo Bignami e Marco Osnato, componenti della Commissione Finanze della Camera dei Deputati, hanno chiesto al Copasir di compiere verifiche sulla notizia diffusa dall'agenzia Bloomberg, secondo la quale la Commerzbank, istituto di credito detenuto al 15% dallo Stato tedesco, sta invitando a disfarsi dei Btp italiani ritenendoli destinati a divenire «spazzatura». «Una indicazione», hanno affermato Bignami e Osnato, «che se confermata rischia di determinare un effetto valanga con esiti gravissimi per l'economia italiana».
La scritta apparsa a Marina di Pietrasanta (Ansa)
La polizia del commissariato di Forte dei Marmi ha avviato gli accertamenti per individuare i responsabili e sta verificando la presenza di telecamere nella zona che possano aver ripreso l’autore o gli autori del gesto. Non il primo ai danni del presidente del Consiglio, ma sicuramente annoverabile tra i più violenti.
Risale ad appena pochi mesi fa l’altra scritta che aveva suscitato parecchia indignazione: «Meloni come Kirk». Una frase per augurare al premier la fine dell’attivista americano Charlie Kirk, morto ammazzato durante un comizio a causa di una pallottola. Un gesto d’odio che evidentemente alimenta altro odio. La frase di Marina di Pietrasanta potrebbe essere una risposta a un’altra frase, pronunciata da Giorgia Meloni lo scorso 25 settembre in occasione di Fenix, la festa di Gioventù nazionale, partendo da una considerazione proprio sui post contro Charlie Kirk: «Non abbiamo avuto paura delle Brigate rosse, non ne abbiamo oggi». Fdi ha diffuso una nota dove si parla di «minacce al presidente Meloni, firmate dall’estremismo rosso: l’ennesima prova di un clima d’odio che qualcuno continua a tollerare». Nel testo si ribadisce che «la violenza si argina isolando i facinorosi, non strizzando loro l’occhio. La condanna unanime resta, per certa sinistra, ancora un esercizio difficile. Non ci intimidiscono. Non ci hanno mai intimidito». Anche la Lega ha espresso immediatamente la sua solidarietà al presidente del Consiglio. «Una frase aberrante, una minaccia di morte tutt’altro che velata. Auspichiamo una condanna unanime e bipartisan. Un clima d’odio inaccettabile che non può essere minimizzato», ha commentato Andrea Crippa, deputato toscano del Carroccio.
«Un gesto vile che conferma un clima di odio politico sempre più preoccupante. Da tempo denuncio questa deriva: nessun confronto può giustificare incitamenti alla violenza», commenta il ministro della Difesa, Guido Crosetto. Parole di vicinanza e di condanna anche da parte del ministro della Salute, Orazio Schillaci, e dal ministro della Cultura, Alessandro Giuli: «Un gesto intimidatorio inaccettabile».
«Ha ragione il ministro Crosetto: c’è il rischio di trovarsi da un giorno all’altro con le Brigate rosse 4.0 se si continuerà a minimizzare l’offensiva di violenza dell’estrema sinistra», sostiene il capo dei senatori di Forza Italia, Maurizio Gasparri. «Piena solidarietà al Presidente del consiglio Giorgia Meloni per la scritta minacciosa», commenta Paolo Barelli (Fi): «È indispensabile uno stop immediato a questo clima avvelenato: serve una condanna unanime e trasversale, e occorre abbassare i toni per riportare il dibattito pubblico entro i confini del rispetto».
Per Maurizio Lupi, presidente di Noi Moderati, si tratta di un fatto «gravissimo che va condannato senza ambiguità: evocare le Brigate rosse significa richiamare una stagione buia che l’Italia non vuole e non deve rivivere». Solidarietà anche da Maria Stella Gelmini .
Durissima la presa di posizione dell’Osservatorio nazionale Anni di Piombo per la verità storica, che parla di «atto infame» e di un gesto che «evoca la stagione del terrorismo e delle esecuzioni politiche».
Giornaliste italiane esprime «la più ferma condanna» per il gesto invitando «tutti i colleghi giornalisti, i media, le forze politiche, i rappresentanti della società civile a condannare e non far calare il silenzio su un episodio che colpisce le nostre istituzioni. Contribuire, ciascuno nel proprio ambito, alla costruzione di un clima pubblico rispettoso, lontano da logiche che alimentano tensioni e contrapposizioni assolute è una responsabilità che coinvolge tutti». Da Pd, Avs e M5s silenzio assoluto.
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Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa dell'8 dicembre con Carlo Cambi
È stata confermata in appello la condanna di primo grado pronunciata nei confronti di Mario Roggero (Ansa)
Nel 2015 Roggero subì una rapina devastante. «Naso, tre costole, operato alla spalla destra il mese dopo, oltre 6 mesi di terapia molto dolorosa», racconta ora davanti alle telecamere del programma condotto da Mario Giordano su Rete 4. «Mi hanno aggredito con una tale aggressività che non ho potuto fare niente. Erano due picchiatori e mi hanno sopraffatto completamente». È il passaggio che demolisce la lettura della Corte, secondo cui nel 2021 Roggero avrebbe «agito con la stessa modalità del 2015». Il gioielliere commenta: «Penoso. Ma stiamo scherzando?». Nel 2015 fu massacrato da due individui che continuarono a picchiarlo quando era a terra. «Chiunque ha visto il video di quella rapina», aggiunge Roggero, «è rimasto profondamente impressionato». E infatti le immagini mandate in onda mostrano un’aggressione brutale, con l’uomo inerme a terra e sangue ovunque. Una scena che per Roggero è trauma puro. Ma per i giudici non è ammissibile che un uomo massacrato nel 2015, che vive un dramma simile nel 2021, abbia reazioni difensive. Il salto di cornice che Roggero mette in evidenza è questo: nel 2015 non si difende, viene pestato, finisce in ospedale. Risultato: innocente, vittima. Nel 2021 reagisce, neutralizza chi minaccia con la pistola e fugge. Risultato: imputato, condannato, trattato da aggressore. Roggero fotografa senza filosofia: «Le vere vittime siamo noi».
Lui lo dice in modo semplice: «Con la pistola in alto non avrei sparato, ma quando lui me la punta in faccia, me la punta in fronte, che faccio?». L’ultimo passaggio delle sue parole è dedicato alla Suprema corte. Sembra un atto di fede laica: «Per la Cassazione», dice Roggero, «si presuppone e si spera che abbiano buon senso i giudici». Per comprendere il percorso dei giudici d’Appello, bisognerà attendere le motivazioni. Già in primo grado, però, era emersa una doppia narrazione: con Roggero nel ruolo di vittima durante la rapina e di aggressore fuori dal negozio. La moglie ha riferito che uno dei rapinatori, «soggetti con plurimi precedenti penali per reati contro il patrimonio» riconoscono i giudici, dopo averla colpita al volto le puntava il coltello al collo e minacciava di uccidere tutti. Alla figlia erano stati legati i polsi dietro la schiena. Roggero ha riferito che il rapinatore gli ha puntato la pistola in faccia, urlando «ti ammazzo». Entrano, lo afferrano, lo spingono verso il registratore di cassa. Lo portano nella zona ripresa dalle telecamere e, mentre afferra il rotolo dei gioielli, l’altro continua a strattonarlo. Poi lo spostano nell’ufficio in cui c’è la cassaforte. Lui ha ancora l’arma puntata alla testa. La scena non dura pochi secondi. Va avanti finché il gioielliere, approfittando di un attimo di distrazione, riesce a schiacciare il pulsante dell’allarme antirapina. Uno dei malviventi se ne accorge e torna verso la cassa. Roggero sente di nuovo la moglie urlare. Riesce a prendere la sua pistola e a spostarsi nel retro. Un gesto istintivo, dettato, dirà in aula, dalla convinzione che la moglie fosse stata presa in ostaggio. I giudici evidenziano anche che la famiglia «è stata sicuramente vittima di una rapina connotata da uso di armi e anche dai citati atti di violenza fisica; condotte che hanno sicuramente generato una forte e comprensibile paura nelle vittime». Fuori c’era un’auto parcheggiata. Ed è a questo punto che la Corte introduce un teorema: quando i rapinatori escono dal negozio, con armi e refurtiva, il pericolo svanisce. Quando si tratta di qualificare la reazione di Roggero all’esterno, i rapinatori diventano di colpo soggetti in fuga, innocui e vulnerabili. Per i giudici, «ha deliberatamente deciso di affrontare i rapinatori con il precipuo fine di assicurarli, lui, alla giustizia, o meglio alla sua giustizia privata, con immediata “esecuzione” della pena nei confronti dei colpevoli». La prova? Da ricercare, secondo i giudici, in alcune interviste, non perfettamente allineate alla ricostruzione giudiziaria, rilasciate dal gioielliere a giornali e tv dopo i fatti. L’azione, in primo grado, è stata giudicata punibile con 17 anni di carcere. Ora lo sconto di pena: 14 anni e 9 mesi (più 3 milioni di euro richiesti dalle parti offese). «Praticamente un ergastolo per una persona di 72 anni», aveva detto Roggero in udienza. E a Fuori dal coro ha aggiunto: «C’è qualcosa che non quadra».
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Maurizio Landini (Ansa)
Al capo della Uil non è giunta neppure una lettera di scuse. Agli aggrediti neppure una manifestazione di solidarietà dai sindacalisti rossi. Ufficialmente è come se l’aggressione nei confronti dei colleghi sindacalisti da parte di quelli dei metalmeccanici della Cgil non fosse mai avvenuta. Eppure, molti giornali ne hanno parlato anche perché gli aggrediti sono finiti in ospedale ed è anche stata presentata una denuncia, affinché il caso non finisca nel dimenticatoio.
Tuttavia, nonostante quanto accaduto sia assai grave e riguardi la vertenza per la sopravvivenza dell’Ilva, ovvero della più grande acciaieria italiana che - grazie all’inchiesta della magistratura - rischia di fallire, Landini di fatto non ha trovato il tempo di commentare. E neppure di prendere le distanze dai suoi. Il che significa solo una cosa, ovvero che il leader del principale sindacato italiano, per convenienza politica, ha imboccato una deriva pericolosa, che rischia di consegnare alcune frange della Cgil all’estremismo più violento.
Su queste pagine abbiamo più volte criticato il linguaggio radicale del segretario della Cgil. Non parliamo solo delle parole usate contro Giorgia Meloni, che venne definita una «cortigiana» di Donald Trump. Tempo fa Landini chiamò gli italiani alla «rivolta sociale», che in un Paese devastato da un terrorismo che ha provocato centinaia di morti non può certo essere lasciato passare come un invito a un pranzo di gala. «Rivolta» è un sostantivo femminile che sintetizza un «moto collettivo e violento di ribellione contro l’ordine costituito». Il significato non lascia dubbi: si parla di insurrezione, sommossa, rivoluzione. Insomma, si tratta di una chiamata se non alle armi quantomeno alla ribellione. Landini in pratica reclama una sollevazione popolare, con le conseguenze che si possono immaginare. Dunque, vedere un manipolo di squadristi rossi che dà la caccia a sindacalisti che su una vertenza la pensano in maniera diversa, suscita preoccupazione.
Pierpaolo Bombardieri, capo della Uil, ha parlato di metodi «terroristici», una definizione che mette i brividi soprattutto in un momento in cui l’Italia è percorsa da manifestazioni ed espressioni che proprio non si possono definire pacifiche. Mentre alla fiera di Roma dedicata ai libri si discute della presenza di un singolo editore non allineato con il pensiero di sinistra (per questo lo si vorrebbe cacciare), a Pietrasanta è comparso un invito a sparare a Giorgia, con la stella a 5 punte delle Br, e ovviamente non si parlava della cantante. Si capisce che sia nel linguaggio sia nelle manifestazioni è in atto un cambiamento e un inasprimento della lotta politica.
A questo punto Landini deve solo decidere da che parte stare. Se di qua o di là. Se con chi difende la democrazia e la diversità di opinione o con chi usa metodi violenti per affermare le proprie idee. Il silenzio non si addice a chi denuncia ogni giorno il ritorno del fascismo. Qui l’unico pericolo viene da sinistra. È a sinistra che si invoca la rivolta. Se Landini non vuole finire nella schiera dei cattivi maestri ha il dovere di parlare e di denunciare chi riesuma lo squadrismo. Con i compagni che sbagliano sappiamo tutti come è finita.
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