2020-08-25
Il tempismo di Zinga, le mascherine arrivate con appena 5 mesi di ritardo
La Regione Lazio ha rescisso il contratto di fornitura e si rifiuta di riceverle proprio ora che hanno l'autorizzazione dell'Inail.A babbo morto è arrivata una piccola parte della fornitura di mascherine che la EcoTech srl, la società di Sergio Mondin, controllata per una metà da un cinese e per l'altra metà da un'impresa amministrata da Anna Perna, la moglie di Mondin, avrebbe dovuto consegnare alla Regione Lazio ad aprile. Si tratta di 600.000 Ffp2 che ora si trovano stipate in magazzini a Fiumicino e a Malpensa. Mondin, il perito tecnico con l'ambizione di fare l'imprenditore che con l'appalto laziale per le mascherine aveva puntato in alto, per questa seconda fornitura si era rivolto alla Tengzhou Huabao sanitary products company per il materiale per il quale ha ottenuto dall'Inail anche la validazione. Il prodotto è stato comprato con l'acconto da 14,5 milioni della Regione Lazio. Ma dalla Regione ora non ne vogliono sapere: «Il contratto è rescisso ed è stato notificato un decreto ingiuntivo». A conti fatti, per la Regione la EcoTech deve restituire l'acconto. Dagli uffici dell'ente amministrato da Nicola Zingaretti liquidano così la questione: «Le vendessero per restituire i fondi». La Regione aveva anticipato alla Eco Tech 11 milioni di euro, che Mondin all'epoca girò al fornitore Exor Sa ltd, ditta svizzera. L'unica fornitura portata a segno sono i 2 milioni di mascherine chirurgiche arrivate prima che scoppiasse il caso. Ai quali si aggiungono le 600.000 consegnate a fine aprile e validate a giugno dall'Inail. La Procura di Roma, che indaga per «inadempimento di contratti di pubbliche forniture», ovviamente segue la vicenda con attenzione. Gli avvocati di EcoTech srl, Giorgio Quadri e Cesare Gai, contattati dalla Verità, non danno ai cronisti neppure il tempo di accennare la parola vendita: «Quelle mascherine non possono essere vendute. Chi l'ha scritto ha divulgato un grandissima fesseria». E spiegano: «I 600.000 dispositivi di cui stiamo parlando sono arrivati in Italia tra il 21 e il 25 aprile. E quando sono giunte a Fiumicino e Malpensa», sostengono i due legali, «il contratto tra EcoTech e Regione Lazio non era stato risolto». Una precisazione tecnica che loro ritengono fondamentale per illustrare la vicenda. Il 24 aprile gli avvocati della ditta di Roma chiedono agli uffici regionali lo svincolo della merce, in modo tale che possa essere presa dalla Regione. Quest'ultima, però, secondo la ricostruzione fornita dagli avvocati di EcoTech si sarebbe rifiutata e avrebbe chiesto la verifica della merce. Verifica che deve essere fatta dall'Inail. Il giorno seguente, il 25 aprile, arriva la risoluzione del contratto. All'Inail, invece, serviranno 45 giorni per certificare la qualità delle 600.000 Ffp2. «Che non sono 3M ma che hanno le stesse identiche caratteristiche», afferma l'avvocato Quadri.Anche se il suo cliente, intervistato dal Corriere delle Alpi, ha dichiarato che «i dispositivi della 3M alla fine sono sbarcati a Roma». Aggiungendo pure: «Siamo stati costretti a venderli ad altri soggetti, dopo che la Regione aveva deciso di risolvere il contratto con la nostra azienda». Dunque i Dpi sono rimasti fermi alle dogane di Fiumicino e Malapensa dallo scorso aprile, come sostengono gli avvocati di Mondin, oppure, come riportato dal Corriere delle Alpi, sono stati venduti? «Lo scorso 7 luglio», sostiene l'avvocato Quadri, «ho scritto una mail al gestore di quei magazzini doganali, e per conoscenza al nostro distributore e alla Regione Lazio, per impedire che la merce venisse classificata in stato di abbandono. Non vogliamo che venga classificata come A/4 (abbandonata, ndr) perché deve essere valutata ai fini della famosa retrocessione dei 14,5 milioni di anticipo versato dalla Protezione civile regionale ad Eco Tech srl». Senza dimenticare che EcoTech sta continuando a pagare il deposito: fino a oggi il conto per i coniugi Mondin ammonterebbe a circa 170.000 euro. Gli avvocati sono abbastanza fiduciosi che i sub fornitori del Mascherina gate, Exor e Giosar, restituiscano quanto hanno incassato. Sul fronte dell'indagine penale, invece, i protagonisti della vicenda mostrano il petto: «I miei clienti non sono mai stati ascoltati perché i pm hanno capito la situazione. Inoltre ricordo che abbiamo presentato un fascicolo con 66 allegati documentali. Dunque i soldi devono rientrare da Exor e Giosar». E Mondin, sempre Corriere delle Alpi, si dice fiducioso: «Noi riteniamo di non aver commesso il reato e dal punto di vista personale stiamo cominciando a vedere la luce in fondo al tunnel. C'è stato un ritardo nella consegna, ma indipendente dalla nostra volontà e causato anche dalla pandemia in corso». Ma la fornitura non solo è tardiva. È anche incompleta. E il materiale è diverso.«Ancora oggi ci troviamo davanti all'ennesima vergogna che evidenzia l'incapacità della giunta Zingaretti», commenta la consigliera regionale leghista Laura Corrotti: «È al limite dell'immaginabile che la stessa società che doveva consegnare le mascherine ora sta facendo affari mentre i soldi dati dalla Regione ancora attendiamo di riceverli tutti indietro. Sarebbe quantomeno opportuno che Zingaretti anziché fare campagna elettorale in altre regioni, si concentri nel Lazio o altrimenti si dimetta e lasci scegliere i cittadini il governatore che meritano». È agguerrita anche Chiara Colosimo, che per prima ha presentato un'interrogazione sul caso delle mascherine fantasma, di Fratelli d'Italia: «Ora le dimissioni del capo della Protezione civile regionale, Carmelo Tulumello, non bastano più. Anche il presidente Zingaretti deve trarre le dovute conseguenze. Sempre in attesa che la magistratura batta un colpo».