2020-10-03
Zinga sbugiardato sui vaccini: «Scherzavo»
Il tribunale sbugiarda il governatore democratico, che nella sua Regione voleva imporre le iniezioni a over 65 e infermieri: non compete alle Regioni. Tragicomica la sua difesa: «Era per evitare ricoveri inappropriati».Zinga ordina: mascherine all'aperto. E il governo pensa di corrergli dietro. Firmata l'ordinanza nel Lazio, il sottosegretario alla Salute annuncia: «Possibile anche un provvedimento nazionale». Il premier: «Valuteremo». Scettici gli esperti: «Nessuna base scientifica: all'esterno è inutile».Lo speciale comprende due articoli.«Era una provocazione». Nicola Zingaretti giustifica come scherzo una pesante sconfitta istituzionale da presidente della Regione Lazio: il Tar ha annullato l'ordinanza firmata da lui con la quale rendeva obbligatorio il vaccino antinfluenzale stagionale per tutte le persone oltre i 65 anni e per il personale sanitario e sociosanitario in ambito regionale. Una prova muscolare decisa in piena pandemia per mostrare una vena da conducador simile a quella di Vincenzo De Luca, che con il suo lanciafiamme aveva fatto innamorare Naomi Campbell e aveva moltiplicato i like su YouTube. In realtà il 17 aprile, durante la fase più cupa del lockdown - con l'Italia che aveva visto pochi giorni prima papa Francesco celebrare la messa di Pasqua nella piazza San Pietro desertificata dal virus cinese - nessuno aveva voglia di scherzare o di provocare. Neppure Zingaretti, che allora prese così seriamente l'ordinanza impositiva da corredarla con i divieti. Per gli anziani che non avessero ottemperato all'obbligo di vaccinazione sarebbe scattato l'impedimento a frequentare case di riposo e luoghi affollati; per medici e infermieri riottosi sarebbe arrivata la proibizione di recarsi sul posto di lavoro. Ieri il Tar del Lazio ha azzerato tutto spiegando al governatore regionale nonché leader di uno dei partiti di governo, «che l'introduzione dell'obbligatorietà non rientra nella sfera di attribuzione regionale ma semmai soltanto in quella statale». I giudici del tribunale amministrativo scrivono come se volessero mettere definitivamente il punto. «Lo Stato è la sede cui va dunque ascritta ogni competenza e responsabilità - anche di matrice politica - in merito alla decisione di introdurre o meno obblighi di questo genere. La normativa emergenziale Covid non ammette simili interventi regionali in materia di vaccinazioni obbligatorie. Le disposizioni in materia di igiene e sanità nonché di protezione civile non recano previsioni che possano autorizzare le regioni ad adottare questo tipo di ordinanze allorché il fenomeno assuma, come nella specie, un rilievo di carattere nazionale». Questo per poi concludere: «L'ordinamento costituzionale non tollera interventi regionali di questo genere, diretti nella sostanza ad alterare taluni difficili equilibri raggiunti dagli organi del potere centrale».La surreale provocazione (sempre che non si tratti di un'infantile excusatio per ammortizzare lo sberlone) diventa così un boomerang per Zingaretti e anche per Giuseppe Conte, che si sente dire da un tribunale una volta di più che ogni responsabilità riguardo alla gestione della pandemia è sua, del ministero, degli esperti del Comitato tecnico scientifico. Va infatti ricordato che per mesi il premier, spalleggiato da buona parte dei media, ha giocato ad attribuirsi i meriti strategici della lotta al coronavirus lasciando la responsabilità dei morti alle regioni, soprattutto alla Lombardia, pugnalata alle spalle da una campagna vergognosa mentre era in trincea.«Sapevamo di fare una provocazione perché non compete alla Regione l'obbligo della vaccinazione ma volevamo dare un segnale sull'importanza di farlo», si giustifica Zingaretti una volta respinto con perdite. Invece ha creato solo confusione; prima lanciando messaggi contraddittori, poi costringendo il Tar a fermarlo. Anche nel tentativo di spiegare la decisione riesce a suscitare perplessità: «Ci auguriamo che il governo rifletta, nel nome della sicurezza e della prevenzione, per togliere dagli ospedali i ricoveri inappropriati legati all'influenza stagionale degli anziani». Una frase ambigua perché a decidere sulla gravità di un profilo di malattia (e quindi l'eventuale ricovero del paziente) sarà sempre il medico, non certo lui o il ministro Roberto Speranza, peraltro laureato in Scienze politiche e definito «facilmente impressionabile» in una corsia d'ospedale. È curioso come il segretario del Partito democratico, che a pranzo e a cena spiega all'esecutivo con lettere ai giornali e interviste a reti unificate come comportarsi per far ripartire il Paese, da governatore non riesca ad amministrare la sua regione senza collezionare figuracce. Ad essere comprensivi pecca di distrazione. Ha pagato 11 milioni a una società di Frascati per ottenere mascherine mai consegnate (solo 3 milioni sono stati restituiti). Poi ha anticipato 2,8 milioni a un'altra azienda per acquistare 850.000 camici e un milione di tute protettive che nessuno ha mai visto se non in minima parte. E invece di navigare dove l'acqua del Tevere è bassa, in agosto ha pensato bene di lanciare una campagna di sensibilizzazione facendo stampare manifesti con una mascherina chirurgica che garrisce al vento sull'asta della bandiera dem. Così tutti, ma proprio tutti, si sono ricordati che a fine febbraio uno dei formidabili motori di #milanononsiferma fu proprio lui. Quando si concentra riesce a fare danni anche in trasferta. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/il-tar-boccia-il-suo-obbligo-vaccinale-zingaretti-era-una-provocazione-2647966386.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="zinga-ordina-mascherine-allaperto-e-il-governo-pensa-di-corrergli-dietro" data-post-id="2647966386" data-published-at="1601678549" data-use-pagination="False"> Zinga ordina: mascherine all’aperto. E il governo pensa di corrergli dietro La mascherina da oggi deve essere indossata anche all'aperto in tutta la regione Lazio. Il provvedimento, firmato dal presidente, Nicola Zingaretti, interessa praticamente solo questa regione, ma può aiutare a giustificare la proroga dello stato di emergenza, quindi dei poteri straordinari al governo, fino almeno al 31 gennaio. Sulla carta, la scelta di Zingaretti, segretario Pd, è motivata dal picco di 265 contagi, di cui 151 nella Capitale, raggiunto giovedì scorso. In realtà il Lazio potrebbe essere una sorta di laboratorio della politica sanitaria nazionale del Pd. Nel provvedimento firmato ieri, solo tre categorie sono esenti dall'obbligo: i minori sotto i sei anni, chi ha incompatibilità con l'utilizzo del dispositivo di protezione e chi svolge attività motoria. La sanzione, per chi sgarra, è di 400 euro. «Per ora non ci saranno chiusure anticipate dei negozi», rassicura Zingaretti, che sostiene come l'obbligo di mascherine anche all'aperto sia «un potente strumento di prevenzione per fermare la curva dei contagi e per lanciare un messaggio che dobbiamo seguire tutti delle regole per poter tornare a vivere in piena sicurezza». Il presidente della Regione ribadisce che si tratta di «una decisione assunta per evitare di dover prendere in futuro nuovi provvedimenti addirittura più invasivi. Per ora», continua, «non prevediamo alcuna forma di contenimento degli orari dei negozi, dei bar o dei pub». Non l'ha presa bene l'onorevole Vittorio Sgarbi, che vorrebbe far «incriminare Zingaretti per attentato alla Costituzione italiana. Bisogna denunciarlo perché limita le nostre libertà». Promette battaglia anche il Codacons: il presidente, Carlo Rienzi, ha annunciato di esser pronto a promuovere un ricorso contro l'ordinanza del governatore pd: «La mascherina è fondamentale, ma indossarla quando si è soli è assurdo. È necessario che venga abolito subito l'obbligo di mascherine all'aperto nel caso in cui non ci dovessero essere assembramenti». D'altronde, i contagi crescono, è vero, ma non c'è allarme e, soprattutto, non c'è necessità di imporre le mascherine ovunque, dato che «all'aperto il rischio di contagio è molto basso, se si rispettano le distanze», come dice alla Verità Carlo Signorelli, epidemiologo e past president della Società italiana di igiene (Siti). Sul tavolo del ministero della Salute, però, ormai è approdata l'ipotesi di estendere a livello nazionale l'obbligo della mascherina anche all'aperto - già scattato in Campania, Calabria, Sicilia e, da oggi, nel Lazio. La conferma arriva dal sottosegretario Sandra Zampa. L'esponente dem ha dichiarato che «non è da escludere un provvedimento nazionale», anche perché, «di fronte a una ripresa dei contagi, molti sindaci e presidenti di Regione stanno andando in questa direzione». Da Bruxelles, il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha ammesso che è al vaglio del governo l'ipotesi di estendere l'obbligo di indossare la mascherina all'aperto su tutto il territorio nazionale. La misura, ha detto, «è stata appena adottata da qualche Regione», ha ricordato Conte. «Siamo in costante aggiornamento con il ministro della Salute e gli esperti del Cts. Torneremo a confrontarci con le Regioni e deliberemo». Nel confermare l'intenzione di chiedere la proroga dello stato di emergenza fino al 31 gennaio, Conte ha però precisato che sulla questione dell'obbligo delle mascherine anche all'aperto, «al momento non abbiamo deliberato nessuna misura». Quindi, almeno questo provvedimento non dovrebbe figurare tra le misure del nuovo Dpcm che il cdm discuterà lunedì e il ministro Roberto Speranza illustrerà martedì in Parlamento, il giorno prima della scadenza di quello attualmente in vigore. La questione però resta aperta e pronta ad essere riproposta in caso di necessità, più politica che di salute. Gli esperti infatti concordano sul fatto che l'accortezza per evitare il contagio, anche all'aperto, è il mantenimento delle distanze, più che la mascherina. «Negli stadi», spiega Signorelli, «se c'è un tifoso ogni quattro posti, il rischio di contagio è basso. All'Olimpico, per esempio, 20.000 spettatori potrebbero starci tranquillamente, all'aperto, senza mascherina», continua l'epidemiologo. «Il problema è piuttosto nelle code all'ingresso, nei mezzi pubblici» in cui le distanze potrebbero non essere rispettate. Da queste considerazioni il numero di tifosi consentiti è arrivato a 1.000. «Nel 95% dei casi, dal punto di vista scientifico», osserva Signorelli, «all'esterno, la mascherina non serve, stando alla distanza di almeno un metro». La politica però segue altre logiche. In Lombardia, alla fine del lockdown, l'obbligo della mascherina all'aperto è stato prolungato rispetto al resto d'Italia. Ma erano altri numeri e si era a ridosso dello tsunami sanitario. «Obbligando a tenere sempre la mascherina si fa in modo che quando vengono meno le distanze, anche all'aperto, non ci si esponga al rischio di contagio», spiega l'epidemiologo. Questione d'opportunità, non di necessità. All'estero, intanto, ci sono medici, come l'austriaco Peer Eifler, talmente convinti di questo, da rilasciare certificati per «esonerare dall'obbligo della mascherina» i pazienti in cui crea problemi fisici o psicologici. Ieri, come riporta Wochenblick, è stato perquisito il suo studio, dopo che gli è stata sospesa la licenza per poter praticare la professione medica. Ma i suoi certificati, ironia della sorte, sono ancora validi.
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