2024-12-08
Il riscatto delle donne è iniziato con Maria
L’Immacolata concezione, che si celebra oggi, ha elevato la Madonna al di sopra degli uomini del suo tempo. Adesso l’approccio alla Natività di molti intellettuali passa attraverso la sua rappresentazione artistica, che la rende più viva agli occhi dei fedeli.scienziato e studioso delle icone, filosofo e teologo, fu fucilato dal regime comunista sovietico; lui che aveva il culto di Maria e che definiva Deipara: «Osservo l’icona e dico dentro di me: È Lei stessa, non la sua raffigurazione, ma Lei stessa, [...]. Come attraverso una finestra vedo la Madre di Dio, la Madre di Dio in persona, e Lei prego, faccia a faccia, non la sua raffigurazione». Proprio quel giorno Florenskij lasciò il mondo, crivellato dai colpi, andò via in compagnia di Maria. La Madonna è stata la prima donna che si è elevata sopra gli uomini, la prima donna che suscitava rispetto e devozione, e questo si rifletteva sulle madri e sulle donne; la prima figura umana che saliva in cielo dal Padre che era invece disceso in terra come suo Figlio. Ogni riscatto della donna nasce da lì, dall’elevazione di Maria, assunta in cielo, Vergine e Madre Immacolata. Per questa Natività due autori che non sono certo ferventi devoti di Gesù e della Madonna, due caratteri piuttosto litigiosi, uno individualista, esteta e amante di se stesso e delle donne, l’altro venuto dal comunismo, dall’operaismo e dalla filosofia della crisi, abbiano dedicato i loro ultimi libri a lei, a Maria: Vittorio Sgarbi alla Natività, alla Madre e al Figlio, e Massimo Cacciari alla Passione secondo Maria, dopo aver dedicato un altro libretto alla Madonna (Generare Dio). Capisco Antonio Socci, cattolico praticante, che, a proposito di Cacciari, ha criticato questo madonnismo intellettuale, senza fede, che lui reputa egocentrico (del genere «sono apparso alla Madonna») in un orizzonte gnostico, non cristiano; ma è tutto sommato positivo, come ha scritto su queste pagine Francesco Borgonovo, che due intellettuali così lontani dalla fede, riflettano non solo sulla Madonna, ma sulla Natività, sul Parto. Soprattutto in un’epoca che critica la maternità, che rigetta il ruolo di madre nella donna, e reputa un bene non negoziabile l’aborto, non la nascita o la gravidanza. Anzi è quasi un miracolo mariano che due figure così s’inchinino davanti al ventre di Maria. Torna la religione delle madri, come già capitò a Pier Paolo Pasolini che nel suo Vangelo secondo Matteo, fece interpretare il ruolo della Madonna da sua madre.Del resto, di autori, artisti e pensatori, che hanno reso gloria alla fede cristiana pur non essendo devoti e praticanti, è piena la storia dell’arte, del pensiero e del potere, da millenni; nulla da stupirsi o da indignarsi. Quanti papi, cardinali e santi erano consapevoli di questo ma reputavano importante che i loro messaggi, le loro opere, travalicassero le loro intenzioni e le loro reali posizioni. Ma c’è un aspetto da non trascurare: il loro approccio alla Natività passa dall’arte, dalle opere d’arte dedicate alla Madonna. E questo lo si potrebbe liquidare, soprattutto nel caso di Sgarbi, amante della bellezza e critico d’arte, come una passione da esteta, in cui la religione è assunta come arte, già Richard Wagner riteneva che l’arte avrebbe preso il posto della religione.In realtà, arrivare alla Madonna, a Dio e alla religione attraverso la bellezza dell’arte e il valore delle icone, è un modo per cogliere l’essenza del cristianesimo, il suo amore per l’essere e per la vita, la sua spiritualità che si fa carne, corpo e mondo. Nella bellezza della forma c’è l’amore della sostanza; c’è la pietà dei corpi mortali salvati come immagini divine.L’impareggiabile ricchezza del cattolicesimo è quella di figurare l’amor di Dio attraverso i volti, i corpi e le figure del sacro, che sono invece assenti nelle altre religioni e nel protestantesimo. Una speciale attenzione all’umanità, alla terra, alla storia e alla bellezza si riflette in quelle figure. Ma non solo: la religione cattolica ha il dono della visibilità, come già notava Carl Schmitt, stabilisce ponti tra l’umano e il divino, tra il corpo e lo spirito, e si rende dunque vivente agli occhi dei fedeli, al sentire comune, alla portata di tutti. Un esteta che ama la bellezza e un filosofo che ama la sapienza si ritrovano al cospetto di una religione che parla al mondo, che si fa vedere ai più umili, che non disdegna di scendere nell’umanità, caricandosi del dolore, della morte e dei limiti della vita terrena. Senza perdere il carisma della bellezza divina, come del resto aveva già detto Dante Alighieri: «Vergine Madre, figlia del tuo figlio,/ umile e alta più che creatura,/termine fisso d’etterno consiglio,/ tu se’ colei che l’umana natura/ nobilitasti sì, che ’l suo fattore/ non disdegnò di farsi sua fattura». Nessun teologo prima e dopo Dante ha saputo rappresentare come lui la Visione divina.Cacciari da anni legge, commenta e cita Florenskij e a lui s’ispira nel viaggio tra le icone sacre alla scoperta della «metafisica concreta»; Sgarbi parlando d’arte e di ciò che la ispira, si trova a veicolare simboli, culti e devozioni che vanno al di là dell’opera d’arte e del genio dell’artista. Accade così che pur non professandosi credenti e praticanti diventano testimoni di una fede e di un culto; cattolici impliciti, perfino, loro malgrado, portatori di un messaggio che trascende l’arte e la filosofia; s’inchinano davanti alla maternità, alla natività come misteri della vita. Non può esistere vera arte, vero pensiero e vera umanità facendo a meno dell’ispirazione, del sacro e del senso divino. Il rischio è che la religione si riduca solo a reliquia, ricordo, eredità culturale e fonte d’arte; ma è già un grande passo rivolgersi a Dio, alla Madonna e all’arte sacra per comprendere il cammino umano e cercare un senso alla vita nostra.Nell’epoca delle stelle spente e della morte di Dio, tornare a quelle opere, quelle figure, quell’ispirazione è già un segno promettente di vita nuova. «Par che sia una cosa venuta da cielo in terra a miracol mostrare».
La maxi operazione nella favela di Rio de Janeiro. Nel riquadro, Gaetano Trivelli (Ansa)
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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Viktor Orbán durante la visita a Roma dove ha incontrato Giorgia Meloni (Ansa)