2022-07-05
«Il riscaldamento nasce da cicli che sono naturali»
Nel riquadro, Franco Prodi
Parla il fisico Franco Prodi: «In passato ghiacci anche più ritirati di così. Si ascolta Greta ma non gli scienziati, questo la dice lunga».Cavallo di razza, il professor Franco Prodi. Uno dei nove figli di Mario, ingegnere, e di Enrichetta, maestra elementare. Il più noto dei fratelli è naturalmente Romano, ma molti degli altri sono scienziati di valore e tenuti in gran considerazione. Di tutti mi piace citare Giovanni, autore del testo sul quale, quand’ero studente, ho imparato l’analisi matematica, e Giorgio, scienziato in oncologia, mente poliedrica, epistemologo e scrittore, e che, oltre che in medicina, era anche laureato in chimica. Franco, invece, è fisico, ed è stato per molti anni forse l’unico professore di fisica dell’atmosfera in servizio in Italia. Lo conobbi più di quindici anni fa quando m’ero riproposto di capirci qualcosa di più sulla questione climatica, di cui avevo due sole certezze: 1) l’origine antropica dell’attuale riscaldamento globale è una congettura che fa acqua da tutte le parti e 2) quella di governare il clima tenendo sotto controllo uno solo delle diverse decine di parametri che lo determinano – il contributo antropico alla concentrazione atmosferica dell’anidride carbonica – è una pretesa priva di alcuna scientificità. E così andai a seguire alcune lezioni che il professore tenne in pubblica conferenza. Professore, quanto giovane è la scienza del clima? Glie lo chiedo perché l’ex vicepresidente Usa, Al Gore, ebbe da dire che «la scienza non ha null’altro da dire sull’argomento: il clima attuale è governato dall’uomo». «La climatologia è nata insieme alla meteorologia e le si affianca necessariamente. Essa nasceva infatti come trattazione statistica del dato meteorologico: trattando statisticamente il dato meteorologico si definiscono anzitutto i climi delle località (di vetta, di costa, di valle, continentale, insulare, etc), e questo per tutte le località del pianeta, per tutti i continenti. Come è cresciuta la meteorologia negli ultimi due secoli, così è cresciuta la climatologia, chiamata a rispondere a interrogativi fondamentali per l’umanità intera: quale è stato il clima durante l’intera storia del pianeta e come sarà il suo clima futuro. Fino alla tremenda e dirimente domanda attuale: quali le basi scientifiche della conoscenza del clima e quali le possibilità di una previsione? Spiegazione e previsione sono infatti i due grandi momenti della vera scienza. Se Gore ha detto la frase riportata ha detto un’estrema stupidaggine. Ci sono cause naturali e cause antropiche dei cambiamenti ma le affermazioni dei Rapporti dell’Ipcc – il comitato dell’Onu che vorrebbe studiare il contributo antropico al clima – sono scientificamente infondate, i loro sono solo scenari, non previsioni sulle quali basare il destino dell’umanità». Ha un commento da fare sulla valanga alla Marmolada? «Viviamo certamente in un periodo di riscaldamento globale e quindi è chiaro che ogni periodo caldo comporta una fase di ritiro di ghiacciai con fenomeni, del tipo di quello occorso recentemente. Qualche anno fa ho visto i resti del crollo di una delle famose 5 Torri vicino al Falzarego. La montagna purtroppo fa quello che deve e dobbiamo essere consapevoli che nel passato i ghiacciai alpini sono stati anche più ritirati di oggi. V’è a questo proposito un eccellente e accurato lavoro di Walter Kutschera della facoltà di fisica dell’università di Vienna che mostra l’andamento ciclico del ritiro dei ghiacciai alpini degli ultimi 10.000 anni. Il riscaldamento globale che stiamo vivendo è un fatto naturale e fa parte di cicli naturali. Una componente antropica nei cambiamenti climatici c’è ma non è al momento quantificabile con serietà scientifica. Altra cosa è l’inquinamento a livello planetario, che va naturalmente combattuto, anche con accordi internazionali vincolanti: ma la CO2 non è un gas inquinante». Cosa sappiamo sull’influenza delle nubi sul clima? «Lascio a colleghi specialisti di spiegare le cause astronomiche ed astrofisiche dei cambiamenti climatici. A me, fisico dell’atmosfera, e delle nubi in particolare, è bastato vedere come sono trattate le nubi, l’aerosol fuori da nubi ed i gas poliatomici nei loro modelli per farmi lanciare un grido di allarme. Le nubi hanno un effetto diretto sul clima del pianeta: la radiazione solare viene da esse riflessa, mentre la radiazione infrarossa dalla superficie terrestre viene ritrasmessa al suolo. Il loro effetto sulla radiazione dipende dalla loro fase (se di acqua o di ghiaccio), dalla loro altezza, dalla compresenza di altre nubi, dalla loro forma. Certo l’attività umana immettendo in atmosfera particelle e gas cambia anche la struttura e composizione delle nubi (effetto indiretto), ma in maniera non quantificabile nei modelli attualmente in uso». Lei sottoscrisse una petizione evidenziando che fondare politiche energetiche con la pretesa di governare il clima avrebbe potuto essere quanto mai esiziale. Vuole spiegare in breve il suo punto di vista? «Ho sottoscritto una petizione insieme a scienziati italiani, ripresa da mille scienziati nel mondo, mettendo in guardia le autorità politiche dalla supina accettazione delle raccomandazioni dell’Ipcc e dalla conseguente ”lotta al riscaldamento globale”. Ma ormai questo pseudo Verbo è talmente diffuso che le richieste di nostri rappresentanti di colloqui con le autorità politiche vengono ignorate sistematicamente. Questo la dice lunga sul credito della scienza in Italia». I fatti di questi ultimi mesi stanno dando ragione a quella vostra petizione, le pare? La possibilità di importare meno gas dalla Russia avrebbe dovuto essere di sostegno con quelle politiche e invece tutti stanno cercando di soppiantare il gas russo con gas da altri importatori. «Non entro nel merito delle scelte di politica energetica che vengono fatte come reazione alle criticità generate da questa terribile guerra di aggressione. Certo questi avvenimenti mettono in crisi l’equazione Pil = energia. La fine dell’era del fossile in tutte le sue forme si avvicina, ma il “quando” avverrà questa fine è una informazione che, se esiste ed è attendibile, è nel possesso di pochi. Credo che la ricerca debba rivolgersi alle forme possibili di sobrietà energetica».Che opinione s’è fatto dell’odierna politica che ascolta Greta Thunberg anziché uomini e donne che hanno studiato scienza, magari un’intera vita? «L’ascolto accordato alla Thunberg e negato alla nostra petizione la dice lunga sul discredito del quale gode la scienza nel nostro Paese. Penso tristemente che si sia raggiunto il punto di non ritorno. E lo dico sulla base di altri importanti riscontri personali dei quali non è il caso di parlare in questo contesto». V’è un certo grado di corruzione, se così può chiamarsi, nella comunità scientifica, con troppi pronti a negare l’evidenza scientifica pur di compiacere alla politica dominante? «Palerei di una “giornalistura” che intimidisce anche scienziati di vaglia che non sono necessariamente dei cuor di leone. A questo si aggiunge la disonestà intellettuale dilagante nel nostro campo, almeno nella fisica, per la quale fisici importanti pensano di potere parlare di clima senza essersene veramente occupati. Una cosa del genere in altri Paesi, negli Stati Uniti ad esempio, non succede».
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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Riduci
Mark Zuckerberg (Getty Images)