2019-02-09
Giornalista della «Verità» rischia 5 anni per aver scritto la verità
Francesco Bonazzi ha saputo ieri, leggendo Il Fatto Quotidiano, di rischiare cinque anni di carcere. Sul giornale di Marco Travaglio era infatti pubblicata la notizia di un'indagine a suo carico per aver rivelato l'esistenza di conti correnti intestati ad alcuni uomini dei servizi segreti in una banca del gruppo Popolare di Vicenza. Scrivere sulle banche diventa pericoloso. Il nostro giornalista rischia cinque anni. Due cronisti scoprono d'essere sotto inchiesta da oltre un anno. Rivelarono i rapporti tra l'istituto di Zonin, in dissesto, e gli 007.Lo speciale comprende due articoli. Francesco Bonazzi ha saputo ieri, leggendo Il Fatto Quotidiano, di rischiare cinque anni di carcere. Sul giornale di Marco Travaglio era infatti pubblicata la notizia di un'indagine a suo carico per aver rivelato l'esistenza di conti correnti intestati ad alcuni uomini dei servizi segreti in una banca del gruppo Popolare di Vicenza. Dopo che la banca guidata da Gianni Zonin fece il botto, lasciando con un pugno di mosche in mano decine di migliaia di risparmiatori, il nostro Bonazzi passò al setaccio i conti dell'istituto veneto, per scoprire come fosse possibile che una solida Popolare fosse stata trasformata in un colabrodo. E per di più senza che nessuno, fra chi aveva il compito di vigilare, si accorgesse mai degli imbrogli. L'inchiesta di Bonazzi, pubblicata sulla Verità, portò alla luce tante cose, per esempio gli incarichi che i vigilanti assunsero all'interno del gruppo bancario vicentino una volta lasciato il posto di controllori. La rete di collegamenti scoperta fu impressionante e se non ha dato tutte le spiegazioni della bancarotta, certamente ha contribuito a chiarire il sistema di relazioni che ha consentito per anni di celare lo stato reale dell'istituto.Fra le notizie scovate da Bonazzi, anche il fatto che in una filiale della banca vicentina fossero custoditi i conti correnti degli 007, ovvero le somme a disposizione delle nostre agenzie per la sicurezza interna ed esterna. Anche chi sia a digiuno di misteri e operazioni sotto copertura, ovviamente può capire che lì probabilmente sono passati molti pagamenti e dunque i depositi sono custoditi con molta riservatezza, perché a ficcare il naso in quegli estratti conto si rischia di scoprire tanti altarini. Infatti, il giorno dopo la pubblicazione della notizia sull'esistenza di conti intestati ai vertici dei servizi segreti, un ufficiale della Guardia di finanza ha bussato alla porta della nostra redazione per ottenere informazioni. A disporre la richiesta la Procura di Roma, che poi si è rivolta allo stesso Bonazzi, il quale - come è nostra abitudine - ha collaborato con l'autorità giudiziaria, consegnando quel che aveva.Non dico che ci aspettassimo per Francesco una medaglia, ma almeno il riconoscimento che il collega aveva diligentemente fatto il proprio lavoro di cronista. E invece ieri, insieme con lui, abbiamo scoperto che è indagato e rischia cinque anni di carcere per aver rivelato segreti di Stato, ossia l'esistenza dei conti degli 007 presso la banca di Gianni Zonin. Bonazzi ha forse pubblicato i numeri dei conti correnti? Ha svelato i nomi di alcuni agenti sotto copertura? Oppure ha rese note le operazioni transitate su quei depositi bancari? Niente di tutto questo. Bonazzi ha solo scritto che i capi dei servizi avevano dei conti correnti nella tal banca e che dunque anche loro, che sono abituati a conoscere tutti i misteri d'Italia, evidentemente non sospettavano affatto di aver messo i soldi in un istituto ad alto rischio di chiusura.È grave tutto ciò? A noi non pare. Semmai è grave che ci sia finito di mezzo Bonazzi, il quale ha fatto solo il proprio mestiere di cronista, scovando una notizia e offrendola ai lettori. Nonostante la corte dei diritti dell'uomo di Strasburgo abbia già condannato il nostro Paese per le pene detentive inflitte ai giornalisti, l'Italia non ha ancora recepito le norme che tutelano la nostra professione. Per cui ancora si rischia il carcere con l'accusa di diffamazione. Ma ciò che viene imputato a Francesco è ancora più grave. Non si nega il fatto. Non si dice che lui abbia pubblicato una notizia falsa, diffamando qualcuno. No, si dice che ha fatto il suo mestiere e ha scovato una notizia, ma che quella notizia non doveva pubblicarla. Perché? Perché era coperta dal segreto di Stato. Raccontare qualche cosa che riguarda gli agenti dei servizi segreti è proibito, pena una condanna di almeno cinque anni. E la libertà di stampa? Il diritto dei cittadini ad essere informati? L'articolo 21 della Costituzione? Le sentenze della Corte di Strasburgo? Valgono zero davanti al segreto di Stato. Perché lo Stato - quello democratico - pretende di imporre per legge la censura. E gli organismi che difendono l'informazione? Al momento non risultano pervenuti. In silenzio stampa anche loro.
Il presidente di Assoprevidenza Sergio Corbello (Imagoeconomica)
Il presidente di Assoprevidenza Sergio Corbello: «Dopo il 2022 il settore si è rilanciato con più iscritti e rendimenti elevati, ma pesano precariato, scarsa educazione finanziaria e milioni di posizioni ferme o con montanti troppo bassi».