2020-06-28
Il re verde della Tesoreria custodisce Torino
Nei giardini pubblici di Villa Sartirana svetta un platano di Spagna. Nella capitale sabauda di arbusti simili ve ne sono a bizzeffe ma questo li batte tutti per altezza e circonferenza imponenti. C'è chi dice che l'anziano individuo possa avere addirittura 300 anni.Dalla profonda provincia di confine rientriamo nelle geometrie caotiche della città. Percorrendo la strada - Corso Francia, un tempo Stradone di Rivoli - che carambola dal Castello di Rivoli, oggi splendida sede di uno dei più affascinanti musei d'arte contemporanea del nostro paese, alla porta occidentale del capoluogo sabaudo - Porta Susa, un tempo Susina - possiamo fare tappa nei giardini pubblici che circondano la settecentesca Villa Sartirana, meglio nota come La Tesoriera. I viali del giardino all'inglese disegnato a metà Ottocento vengono attraversati da centinaia di visitatori ogni giorno, mentre le sale della biblioteca restano al momento inaccessibili a causa della pandemia da covid-19. Querce, tigli, tassi, aceri nostrani e esotici, platani, pioppi, un roseto, una coriacea sughera, ginkgo, e molto altro. L'albero più noto è anche il maggiore della città, per dimensione e volumetria del tronco, trattasi di un platano di Spagna o acerifolia - con la foglia a forma d'acero - o anche London Plane, ibrido fra il platano orientale mediterraneo e il platano nordamericano, importato in Europa nel primo Seicento. Questo gigante svetta coi suoi 30 metri nel prato che si interpone fra la facciata barocca della villa e l'ingresso principale al parco da Corso Francia. Un sovrano con la sua solida e salda corona verdeggiante in testa.Quasi sempre trovo qualcuno che siede ai suoi piedi. Così oggi, un bambino gioca accanto sua madre, vestita in un candido bianco. Resto un osservatore combattuto, quando vedo piedi che calpestano le radici dei grandi alberi, perché una parte di me vorrebbe tutelarli e quindi impedirne l'avvicinamento; assistere però al gioco di questo bambino che pacificamente esercita il proprio diritto alla fantasia mi confonde le idee. Mi era capitato lo stesso, anni fa a Palermo, ai giardini esotici di Villa Garibaldi, dove riposa uno dei due maggiori ficus australiani secolari della città; anche qui le madri che abitano il vecchio quartiere vicino al porto accompagnano i bambini a giocare intorno agli alberi, e lì si arrampicano, scavalcano, si ubriacano di pax arborea e si fanno compagnia con i ficus.Il platano Re della Tesoriera ostenta un tronco tornito, circolare, una «geometria a zampa» che si allarga raggiungendo terra. Qui il tronco tocca e supera i sette metri di circonferenza, mentre a petto d'uomo - ricordo la misura standard, ovvero 130 cm dal terreno - misura 660 cm, record per quanto riguarda un albero nel capoluogo piemontese. La città è dominata dai platani, è l'albero più diffuso nelle ricche alberature dei viali alla francese, ma ve ne sono diversi che superano i cinque metri di circonferenza del tronco, come avviene all'orto botanico e nei vasti giardini del Parco del Valentino. Nessuno di loro però compete con questo. La sua chioma si eleva e si proietta a candelabro nel cielo. Una macchia di giallo e verde smeraldino, le foglie a cinque punte che ricordano l'effigie della bandiera canadese. Anni fa le piogge avevano sovralimentato l'albero e la popolazione interna di funghi aveva proliferato tanto da sostenere nuove formazioni funginee - carpofori - che iniziarono ad abbellire le ramificazioni in diversi punti. Anche se non vi è un cartello che esibisce l'albero quale campione cittadino, tutti coloro che lo ammirano e vi si avvicinano si rendono conto che è un vegliardo, che rigoglisce qui da lungo tempo, forse non i tre secoli che qualcuno in comune sostiene, probabilmente è stato piantato nella prima metà del XIX secolo, ma poco importa. La sua mole maestosa, i rigonfiamenti del tronco, il portamento generale, lo impongono come un campione fra i grandi alberi silenziosi delle nostre città. Anni fa, mentre tagliavo e cucivo confezionando una lunga lettera immaginaria che divenne il libro-guida Vecchi e grandi alberi di Torino, m'imbattei nel nome di un noto sconosciuto, tale Monsieur Giuseppe Francesco Baruffi (1801-1875), sacerdote ma anche gran camminatore regio, nonché autore di libelli molto amati dal pubblico del proprio tempo, come Le passeggiate nei dintorni di Torino, Peregrinazioni autunnali, Cenni d'una peregrinazione da Torino a Londra. Come molte intelligenze acute di questo luccicante Paese consumò gli ultimi suoi anni in povertà e malattia. La sua tomba è al Monumentale di Torino, dove viene descritto quale «viaggiatore indefesso». Utili per comprendere come fosse la situazione del verde pubblico e privato della città al principio dell'unità nazionale, i volumi delle passeggiate baruffiane garantiscono parecchio godimento. La campagna al tempo dominava il paesaggio circostante la villa, non c'era la colonia di cemento che in seguito ha inglobato quest'area nella periferia urbana. Il vialone che puntava al castello di Rivoli era albero a olmi, poi uccisi dalla grafiosi nella prima metà del Ventesimo secolo, i campi erano coltivati a cereali, con la presenza di gelsi, una costante nel paesaggio pianeggiante di Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia. Quando il Baruffi descrive i giardini di Villa Sartirana informa che i prati, quello antistante la facciata dell'edificio, e quello posteriore, erano decorati di ortensie, poi sfumate via. Vi sorgevano una serra, laddove venivano coltivate piante tropicali, e una voliera, per fagiani, pappagalli e addirittura gru pare di passaggio - viene il dubbio che potessero essere cicogne, visto che nella non distante Racconigi c'è un punto di transito ben noto alle migrazioni, dove tutt'oggi è possibile ascoltarne il rintoccante richiamo a testa rovesciata, fra i superbi nidi appollaiati in cima ai tetti e ai camini della cittadina cresciuta intorno al magnifico castello. Alla scalinata d'ingresso cresceva un glicine cinese monumentale, mentre si aggiravano, come accadeva in diverse residenze signorili, mufloni, daini, gazzelle e cervi. Una folta siepe di carpino circondava la proprietà e disegnava i viali interni. Scelta musicale del giorno: di fronte ad un maestoso canto vivente come questo ci vuole un po' di musica sacra. Ogni tanto, quantomeno, mi sia concessa. E allora, fra i tanti esempi eccelsi, potremmo rovistare nel catalogo di compositori come l'estone Arvo Pärt, l'inglese John Tavener, il polacco Zbigniew Preisner o l'americano Philip Glass. La mia scelta cade sul motivo corale The Lamb, ovvero L'agnello, del Tavener, baronetto e mistico del secolo che abbiamo alle spalle. Venne composto nel 1982, periodo di confronto con la poesia verticale di William Blake. Una versione magnificamente eseguita è quella del coro del Temple Church di Londra, una perla presente nella ricca colonna sonora di un film che avrete quasi sicuramente visto, La grande bellezza.
Kim Jong-un (Getty Images)
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È stato pubblicato sul portale governativo InPA il quarto Maxi Avviso ASMEL, aperto da oggi fino al 30 settembre. L’iniziativa, promossa dall’Associazione per la Sussidiarietà e la Modernizzazione degli Enti Locali (ASMEL), punta a creare e aggiornare le liste di 37 profili professionali, rivolti a laureati, diplomati e operai specializzati. Potranno candidarsi tutti gli interessati accedendo al sito www.asmelab.it.
I 4.678 Comuni soci ASMEL potranno attingere a queste graduatorie per le proprie assunzioni. La procedura, introdotta nel 2021 con il Decreto Reclutamento e subito adottata dagli enti ASMEL, ha già permesso l’assunzione di 1.000 figure professionali, con altre 500 selezioni attualmente in corso. I candidati affrontano una selezione nazionale online: chi supera le prove viene inserito negli Elenchi Idonei, da cui i Comuni possono attingere in qualsiasi momento attraverso procedure snelle, i cosiddetti interpelli.
Un aspetto centrale è la territorialità. Gli iscritti possono scegliere di lavorare nei Comuni del proprio territorio, coniugando esigenze professionali e familiari. Per gli enti locali questo significa personale radicato, motivato e capace di rafforzare il rapporto tra amministrazione e comunità.
Il segretario generale di ASMEL, Francesco Pinto, sottolinea i vantaggi della procedura: «L’esperienza maturata dimostra che questa modalità assicura ai Comuni soci un processo selettivo della durata di sole quattro settimane, grazie a una digitalizzazione sempre più spinta. Inoltre, consente ai funzionari comunali di lavorare vicino alle proprie comunità, garantendo continuità, fidelizzazione e servizi migliori. I dati confermano che chi viene assunto tramite ASMEL ha un tasso di dimissioni significativamente più basso rispetto ai concorsi tradizionali, a dimostrazione di una maggiore stabilità e soddisfazione».
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Roberto Occhiuto (Imagoeconomica)