2018-11-26
Il Re carciofo. Le mille ricette del «fiore dell’orto» che domina su ogni tavola italiana
Ciascuna regione ha il suo modo di cucinarlo e servirlo: alla giudea, alla romana, alla milanese, alla Cavour, la frittedda sarda. E grazie alle sue proprietà medicinali aiuta chi soffre di calcoli e dolori al fegato.Il carciofo, nome botanico Cynara scolymus, è uno degli ortaggi più amati dagli italiani. E dalla terra italiana. Difatti, deteniamo il primato mondiale di coltivazione della pianta che ama il clima mediterraneo (a noi seguono Egitto e Spagna) e il nome botanico latino che deriva dal fatto che, nell'antichità, se ne fertilizzasse la coltivazione con la cenere. Solo nello Stivale, si produce ben il 30% mondiale annuo dei carciofi. Il carciofo sarebbe una pianta dal ciclo autunnale-primaverile, cioè con raccolta a primavera. Ma nelle regioni più calde della nostra nazione si utilizza da tempo una tecnica di forzatura che ne bissa la produzione in estate. Si prelevano le gemme dai rizomi della coltura precedente, si fanno germogliare e, a fine giugno, si mettono a dimora, si irriga abbondantemente, in modo che la crescita svetti durante l'estate e che a settembre si arrivi a fiore, così che in ottobre e novembre si possano finalmente raccogliere i carciofi. Perciò - li avrete già visti comparire sui banchi dei mercati e supermercati - abbiamo carciofi durante tutta la primavera, ma anche in autunno e fino all'inizio dell'inverno.Ecco perché i carciofi sono un ingrediente caratteristico dei menù delle festività pasquali, con leccornie come la Torta pasqualina ai carciofi: la ricetta tradizionale della torta salata ligure col ripieno di uova e ricotta prevede che la base di questa sia di bietole, ma la variante più canonica è quella che le sostituisce coi carciofi. Ingrediente pasquale, dicevamo, ma anche natalizio: nel tipico vassoio di fritti della cena della vigilia di Natale o del cenone di Capodanno non possono mancare, oltre a cavolfiori, funghi e quant'altro la regionalità impone, i carciofi. Ricette tipiche coi carciofi, poi, caratterizzano anche i menù dei giorni non festivi e sono disseminate lungo tutta la nazione. Sono abbondanti nel Lazio, dove il carciofo indigeno, che lì si chiama romanesco o anche mammola, rappresenta un indiscutibile caposaldo della cucina ebraica e romana: coratella con i carciofi, carciofo alla giudea, carciofo alla romana, frittata di carciofi, carciofi ripieni di carne sono solo alcune delle deliziose ricette tipiche. Ma il carciofo affascina tutta l'Italia. I carciofi alla milanese sono una sorta di versione vegetariana della costoletta alla milanese, come quella in cui - dopo essere stati sbollentati - si passano in farina, uovo e pangrattato e si friggono nel burro. La frittedda (frittella) palermitana è un nutriente e gustoso stufato di fave, piselli e carciofi. I carciofi alla Cavour e quelli in fricassea con salsa d'uovo sono preparazioni piemontesi: i carciofi non erano coltivati nella regione, trattandosi di coltura che non sopporta le temperature invernali troppo rigide, ma la presenza dei Savoia e dei nobili fece sviluppare una sorta di culto per ingredienti «d'importazione» come i carciofi. Averli sulle tavole voleva dire poter vantare uno status symbol ortofrutticolo e quindi gli chef al servizio degli aristocratici si dilettavano a prepararli in modi molto ricercati. Le ricette italiane coi carciofi sono decisamente infinite. Dal risotto - nelle versioni più recenti non si usa solo il carciofo in fettine, ma anche il centrifugato di carciofo come liquido di cottura del riso al posto del brodo, provateci - al patè da spalmare sui crostini di pane, dalla vellutata di carciofi alla torta detta Carciofo o Carciofi dolci, variante umbra della Torta delle rose, ma anche laziale, per la precisione di Orte, dove si prepara per la festa di San Sebastiano in fiore (25/26 maggio) e si chiama Carciofo ortano: nell'originale Torta delle rose mantovana le strisce dell'impasto si arrotolano a formare delle rose che poi si dispongono in verticale nella tortiera. Il dolce finale sembra un cesto di rose. Prima di arrotolare l'impasto, lo si spalma di burro e zucchero. Nel Carciofo dolce e in quello ortano al composto da spalmare si aggiunge anche cioccolato fondente e, volendo, canditi, poi si infila una ciliegia candita in cima ad ogni carciofo di pasta e si imbeve di latte e alchermes. Esistono poi veri e propri dolci di carciofo, dalla marmellata di carciofi (che si fa con 4 carciofi puliti, acidulati con succo di limone e ridotti in tocchetti, 200 grammi di zucchero e 30 centilitri di aceto di mele, il procedimento è quello delle classiche marmellate in pentola e questa marmellata si accosta molto bene anche a formaggi e carni) alla Torta dolce di carciofi, nella quale i cuori di carciofo, cotti in acqua e zucchero, sono usati nell'impasto come fossero pezzetti di mela. E c'è perfino il miele di carciofo, prodotto per buongustai rarissimo e tipico, per esempio, dell'isoletta veneziana Sant'Erasmo, sulla quale viene coltivata l'omonima varietà, il carciofo violetto di Sant'Erasmo. Si tratta di un miele monofloreale dal gusto amaragnolo e dal colore verde-violaceo, che fa a gara, nell'ambito delle produzioni di nicchia italiane, col miele di fiori di carciofo di Zafferana Etnea. Già, perché il carciofo è una pianta floreale. Noi la mangiamo nel momento in cui il fiore non è completamente dischiuso perché ci serve il suo capolino: ne mangiamo, cioè, l'infiorescenza immatura.Come mai tanta diffusione del carciofo? Beh, si tratta di una pianta coltivata fin dall'antichità per ragioni alimentari, per il suo gusto articolato e sofisticato e, soprattutto oggi, per la versatilità delle preparazioni che consente. Poi, per la sua ottima resa dal punto di vista agronomico, rispetto ad altre colture. Inoltre, per le sue proprietà medicinali.Conosciamolo meglio. Il carciofo ha un gambo molto lungo, sulla cima del quale stanzia il cosiddetto capolino. Sembra quasi una rosa gigantesca, la cui testa ha lo stesso colore verde del gambo. Non siamo i soli - insieme a chi ha trasformato la Torta delle rose in Carciofo - ad accostare la morfologia del fiore e dell'ortaggio: la scrittrice sarda Grazia Deledda, nella novella Il tesoro degli zingari - che oggi dovrebbe pubblicare col titolo politicamente corretto «Il tesoro dei rom» - scrisse che i carciofi sembrano, appunto, «grandi boccioli di rose». Seppure siano venduti in mazzi per comodità, ci piace pensare che le mani di chi li assembla in bouquet li tratti e li veda come fiori dell'orto. A proposito, se li comprate freschi ancora da pulire, ponete i gambi nell'acqua, proprio come fosse un mazzo di bei fiori. In questo modo, i carciofi dureranno di più. Torniamo al capolino: è composto dal cosiddetto cuore di carciofo, cioè il suo fondo che tecnicamente si chiama ricettacolo, dal quale partono le brattee, che possono essere spinate oppure no. Il carciofo con le brattee che si concludono con una spina si chiama carciofo spinoso (è, tipicamente, quello sardo). Quindi, la parte edule del carciofo è rappresentata dal gambo (la parte più vicina al capolino, che va ben ben sbucciata per ripulirla dai filamenti), il capolino (che va mondato della barba che si trova tra cuore e brattee e va alleggerito dalle brattee più esterne, dure e coriacee, e pareggiato in punta). All'architettura così particolare del carciofo, rispetto alla finitezza non scomponibile in parti di una longilinea zucchina o di una tonda patata, corrisponde un'architettura aromatica ma anche materica del gusto: le brattee non hanno la consistenza e il sapore del cuore, né del gambo (ci riferiamo alla parte del gambo che si può mangiare, cioè al massimo qualche centimetro perché, com'è per gli asparagi, più si scende verso la base, più la consistenza diventa dura) e questo è vero per ognuna delle parti edibili confrontate con le altre.Ma il carciofo non è solo un raffinato viaggio sensoriale-alimentare. Il carciofo fa bene. Il suo più utile elemento è la cinarina, che favorisce e fluidifica la secrezione biliare e per questo motivo va evitato da chi soffre di calcoli biliari. Stimolando produzione e secrezione della bile, indirettamente potenzia la capacità digestiva, in particolare dei grassi. Sempre la cinarina aiuta il fegato, lo protegge sia in caso di fegato sano, sia in caso di epatite, cirrosi e ittero. La cinarina, che è un flavonoide ed è anche responsabile del sapore leggermente amaro del carciofo, si trova principalmente nelle foglie (nelle foglie vere, ricordatevi che quella sorta di foglie o petali del capolino si chiamano brattee). Le foglie, tuttavia, sono decisamente immangiabili. L'ideale è consumare il carciofo crudo, essendo la cinarina termolabile: basta affettarlo sottilmente, dopo averlo ben pulito, e condirlo «a carpaccio» con olio, sale, pepe e tanto succo di limone. O, almeno, cotto in modo delicato. L'alternativa è assumere estratti di carciofo, tisane oppure integratori di estratto di carciofo che solitamente hanno una concentrazione in cinarina dal 2,5 al 5%. Utili, volendo assumere il carciofo a fine pasto come digestivo, l'amaro di carciofo, che non esiste solo nell'arcinota versione del Cynar, utile al «logorio» della digestione oltre che a quello della vita moderna - così recitava la famosa pubblicità interpretata da Ernesto Calindri, la ricordate? L'amaro di carciofo c'è anche in versione analcolica, è prodotto dalla svizzera Nahrin.Grazie all'inulina, poi, il carciofo aiuta a combattere il colesterolo Ldl (colesterolo cattivo) e ad incrementare quello Hdl (colesterolo buono), nonché a limitare l'ipertrigliceridemia e a tenere a bada la glicemia nei diabetici. Per l'acido folico, la biotina e il manganese il carciofo presenta proprietà diuretiche naturali che possono aiutare chi soffre di ritenzione idrica e chi sta cercando di dimagrire e di depurare l'organismo. Per il contenuto di fibre (11 grammi di carboidrati in 100 grammi di carciofo, di cui 5 grammi di fibre), il carciofo è poi considerato una sorta di lassativo naturale. A bilanciare i carboidrati, anche le proteine: 3,3 grammi. 100 grammi di carciofo contengono soltanto 47 calorie, e poi interessanti quantitativi di sali minerali (94 mg di sodio, ben 370 mg di potassio, 60 mg di magnesio, 1,3 mg di ferro, 44 mg di calcio) e poi 11,7 mg di vitamina C e poche, ma comunque presenti, vitamina A e vitamina B6. Ricordatevi, dopo averli puliti, freschi, di strofinarli con un bel mezzo limone e così fate anche con le dita prima di iniziare a pulire: in questo modo non si anneriranno né i carciofi, né la punta delle dita che li maneggia. E se non dovete cucinarli immediatamente, ricordatevi di metterli poi a bagno in acqua ancora acidulata con succo di limone. Se li lasciate all'aria anche poco tempo, ossidano.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/il-re-carciofo-le-mille-ricette-del-fiore-dellorto-che-domina-su-ogni-tavola-italiana-2621471191.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="una-passione-che-accomuna-giunone-a-marilyn-monroe" data-post-id="2621471191" data-published-at="1757611840" data-use-pagination="False"> Una passione che accomuna Giunone a Marilyn Monroe Giphy Greci e romani conoscevano il carciofo e gli attribuivano poteri afrodisiaci: secondo la mitologia, Cynara era una ninfa molto bella e molto amata da Giove che punì il rifiuto delle attenzioni che le offriva trasformandola in un carciofo. In altre versioni, è Giunone, moglie di Giove, che «carciofizza» la squinzia che attentava al suo matrimonio. In entrambi i casi, la povera Cynara fa una brutta fine. Secondo molti il carciofo, apprezzato già nell'Italia antica, figuriamoci in quella successiva, sarebbe stato portato in Francia proprio da Caterina de' Medici quando sposò Enrico II di Francia. Ne andava poi pazzo anche Luigi XIV, che ne faceva coltivare diverse varietà. In Inghilterra, invece, venne portato dagli olandesi, e anche Enrico VIII lo faceva coltivare nell'orto di Newhall. I colonizzatori franco-spagnoli invece lo portarono in America e anche lì è stato, come dire, apprezzato: Castroville in California è il centro di un'area già quasi leggendaria all'inizio del secolo scorso per la produzione di carciofi. Dal 1947 si svolge addirittura il Festival del carciofo (Castroville Artichoke Food & Wine Festival), la cui prima reginetta eletta fu nientemeno che una certa Marilyn Monroe.
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