Ci mancava pure il coronavirus. Non bastavano le accuse di razzismo contro gli immigrati, solo perché la maggioranza degli italiani vorrebbe che fossero fermati gli sbarchi di presunti profughi e di spacciatori veri. Ora ci si è messa anche l'epidemia cinese a dare una mano per far sembrare il nostro Paese un posto abitato da gente xenofoba, che discrimina le persone in base alla provenienza o al colore della pelle.
Sì, sono bastati un paio di episodi e all'improvviso l'Italia è diventata razzista anche nei confronti dei cinesi, solo perché c'è chi è preoccupato di beccarsi l'influenza e dunque cerca di prendere precauzioni. Una mamma per esempio ha mandato a scuola il proprio figlio con una mascherina, ma il ragazzino è stato ripreso dal professore che gli ha ingiunto di togliersi lo schermo antiinfluenza, perché mettersene uno davanti a naso e bocca poteva ritenersi altamente discriminatorio nei confronti degli studenti cinesi. Che i cinesi poi spesso girino con le mascherine, coprendosi naso e bocca da possibili contagi è naturalmente un dettaglio. Se un turista proveniente da Pechino o Shanghai si aggira per le nostre città con un filtro sulla faccia lo fa perché nel suo Paese è abituato a difendersi dallo smog e da virus tipo quello della Sars. Se invece la mascherina la mette un italiano, significa che è razzista. Così sono cominciate le prediche, e pure i tour con i cinesi al seguito per dimostrare quanto sono xenofobi gli italiani. Guardate il cartello affisso fuori dal bar che invita chi è stato in Cina a non entrare. Osservate come si scansa la gente quando vede un tipo con gli occhi a mandorla. Sentite i commenti di quelli che credono che i cinesi siano i nuovi untori. E poi sul web gira pure il messaggio di un tizio che dice di chiamarsi Gennaro e affitta cinesi con la tosse per non fare la fila alle poste o al supermercato: un ironico colpo di genio di un napoletano pronto a guadagnare anche sulla psicosi e sul pregiudizio. Sì, gli italiani sono razzisti, perché ce l'hanno sempre con il diverso. Immaginiamo che a questo punto la colpa sarà data a Matteo Salvini, reo di gridare «Prima gli italiani», di voler fermare l'invasione dall'Africa e ora pure di voler stoppare l'invasione del virus.
Non si può aver paura di qualcuno solo perché si pensa che magari possa contagiare gli altri. A dirlo, naturalmente, sono le stesse persone che fino all'altroieri erano pronte a tener fuori dalla scuola i bambini che non si erano vaccinati, come il ministro Beatrice Lorenzin aveva ordinato. Senza il certificato in regola con il morbillo un ragazzino era costretto per legge a restare a casa, perché potenzialmente pericoloso per la salute degli altri. Così dei minori sono stati definiti ufficialmente probabili untori, ma questo non è razzismo e nemmeno allarmismo, ma solo prevenzione. Poi però arriva il coronavirus, e quelli che sentenziavano «vaccinatevi tutti», all'improvviso cambiano idea e non sono più per adottare misure precauzionali, ma spiegano quanto sia sciocco temere l'epidemia o disertare un ristorante cinese. E sono pronti a dispensare consigli e suggerimenti per evitare che qualcuno sfrutti la paura.
Io non ce l'ho con i cinesi e non li guardo affatto come propalatori di virus: ne conosco alcuni e non ho smesso certo di frequentarli o di parlare con loro in questi giorni. Io ce l'ho con un regime comunista che ci ha nascosto fino a quando ha potuto le notizie sul contagio. E soprattutto ce l'ho con chi vorrebbe proibire per legge la paura e per farlo usa argomenti come il razzismo e le discriminazioni, questioni troppo importanti per essere lasciati nelle mani degli sciocchi o delle sardine.





