2023-12-11
Il presepe ha 800 anni (e fa ancora paura)
La prima rappresentazione della nascita di Gesù risale al 1223. E dopo tanto tempo è sempre amatissima dalla gente comune. Ma per il politicamente corretto è un simbolo di intolleranza.Danneggiamenti e distruzioni sono in aumento. Le istituzioni dovrebbero chiamarli col loro nome: atti di «cristianofobia»Il portavoce dell’associazione di Manarola (La Spezia) Stefano Cassigoli: «Tutto nasce dall’idea di un ferroviere. A volte ci tagliano l’elettricità».Lo speciale contiene tre articoliAlda Merini ricorda che ammirandolo, da bambina, si sentiva come «in un regno di favola bello che abbiamo perduto». La gioia che dava realizzarlo ripagava l’allora giovane e povero Mario Rigoni Stern e i suoi amici «di tutte le rinunce che la situazione delle famiglie imponeva». Un altro scrittore, Giovannino Guareschi, il «papà» di don Camillo e Peppone, se ne costruì uno perfino mentre era detenuto in un campo di concentramento nazista. Stiamo naturalmente parlando del presepe, simbolo natalizio per antonomasia che quest’anno conosce una ricorrenza speciale: quella delle 800 candeline. Proprio così. Risale difatti al Natale 1223, in quel di Greccio, la prima sacra rappresentazione della nascita di Gesù Bambino; e, come noto, l’artefice ne fu san Francesco d’Assisi. Meno nota è forse la dinamica che vide la nascita del presepe. In breve, ci dicono le Fonti Francescane, accadde questo: circa due settimane prima della solennità natalizia il Poverello convocò un tale Giovanni dandogli disposizioni ben precise.«Se vuoi che celebriamo a Greccio il Natale di Gesù», furono le parole dell’Assisiate, «precedimi e prepara quanto ti dico: vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello». Da quanto sappiamo, Giovanni – servendosi d’una nicchia naturale – non realizzò propriamente un «presepe vivente», limitandosi a predisporre una greppia, colma di fieno, il bue e l’asino. La rappresentazione però colpì molti frati, giunti il 25 dicembre di quell’anno a Greccio, e lo stesso Poverello ne fu estasiato. «In quella scena commovente», ebbe infatti a commentare, «risplende la semplicità evangelica, si loda la povertà, si raccomanda l’umiltà. Greccio è divenuto come una nuova Betlemme». 800 anni dopo «la nuova Betlemme» è diventata un pilastro dell’infanzia di tanti, anche celebri, con ciascuno che ha una sua personalissima memoria del presepe. Per esempio, in aggiunta agli autori ricordati in apertura, possiamo segnalare il commovente ricordo condiviso sul mensile Il Timone da Pupi Avati. Si era nel 1943, c’era la guerra, il futuro regista aveva allora solo cinque anni, la sua Bologna era occupata dai nazisti e lui e la sua famiglia erano sfollati. Ciò nonostante, con l’avvicinarsi del Natale, il piccolo Avati soffriva l’assenza del presepe. «Allora mio padre e mio nonno», ricorda il regista, «rischiando enormemente, di sera, si avviarono a piedi a piazza Marconi, a Bologna, cercando di evitare tutti i contatti con i luoghi abitati e le strade frequentate dai tedeschi, per andare al mercato di Santa Lucia, un mercato in cui vendono tutto l’occorrente per poter fare il presepe e l’albero di Natale». «Così, mio padre e mio nonno», continua il viaggio avatiano nella memoria, «rischiando di essere portati in Germania, arrivarono, per di più a piedi, a Bologna e mi comprarono le statuine del presepe. Dunque quel primo presepe che riuscimmo a fare durante l’occupazione nazista sicuramente fu il più importante di tutta la mia esistenza».Ma il presepe non è solo eredità del passato, è anche un’attrazione molto seguita perfino – paradossalmente – nell’Italia laica e secolarizzata di oggi, come mostrano l’enorme seguito che hanno rappresentazioni, «viventi» e non, della grotta di Betlemme. Praticamente in ogni angolo della penisola in queste settimane è possibile ammirare presepi, in ogni allestimento e dimensione. In Liguria, precisamente a Manarola, c’è per esempio il presepe più grande del mondo - di cui parliamo nella pagina accanto. E dove non ci sono numeri record per la singola rappresentazione, sono le singole rappresentazioni a moltiplicarsi in modo stupefacente. Basti pensare alle vie di Ossana, comune trentino di neanche 1.000 anime in Val di Sole, dove ogni anno si rinnova una tradizione che vede esporre per le vie del paese oltre 1.600 presepi fatti a mano; un’iniziativa che porta da quelle parti fino a 30.000 presenze. E poi ci sono anche i presepi di sabbia. In Veneto, a Jesolo l’ultima edizione della Jesolo Sand Nativity prima di quella attuale aveva superato la soglia delle 80.000 presenze, 25.000 delle quali solo nei primi quattro giorni del 2023.La passione per «la nuova Betlemme» riguarda naturalmente anche le isole. In Sardegna il presepe di Assolo, in provincia di Oristano, con i suoi oltre 200 figuranti è celebrato come il più significativo dell’isola, e la Sicilia non è da meno; ad Ispica, Ragusa, il presepe vivente attira 11.000 presenze, mentre ad Agira dal 1989 c’è una seguitissima rappresentazione della nascita di Gesù che viene allestita proprio la notte di Natale. Insomma, paese che vai presepe che trovi. Ciò nonostante, il presepe è talvolta occasione di polemiche. Al punto che, al di là delle solite polemiche di chivorrebbe eliminarlo perché lo ritiene un’offesa ai musulmani, negli anni c’è chi è stato in grado di vederci, udite udite, perfino del «fascismo». Non è uno scherzo: nel 2018 l’Anpi Provinciale di Milano è arrivata a rivolgersi ufficialmente nientemeno che a Laura Boldrini e ad Emanuele Fiano denunciando come sulla pagina Facebook del presidente della commissione sicurezza del Municipio 4, Francesco Rocca di Fratelli d’Italia, si potesse scorgere «una pastorella nell’atto di fare il saluto romano». Nel 2019 in Francia, precisamente a Tolosa, era invece toccato ad una cinquantina di militanti dell’Union Antifasciste Toulousaine interrompere un presepe vivente di bambini delle elementari, allestito in place Saint-Georges, al grido di: «Stop ai fascisti». Visti i tempi, non ci sarebbe da stupirsi se il presepe fosse accusato di rappresentare una «famiglia patriarcale». Aspettiamoci di tutto.Anche perché un po’ politicamente scorretta, in effetti, la riproduzione della Natività lo è. Tanto per cominciare perché il presepe – se si escludono i Magi – non rappresenta affatto l’incontro fra «culture diverse», essendo popolato esclusivamente da ebrei. Non è neppure vero che esso offra l’immagine di Gesù Bambino «povero». Anzitutto perché se ci fosse stata tutta questa attenzione alla povertà san Giuseppe – come ironicamente notava il cardinal Giacomo Biffi – ai Magi avrebbe dovuto rispondere: «L’oro non lo possiamo accettare, perché è segno di ricchezza e contamina chi lo dà e chi lo riceve». Lo stesso Bambinello, inoltre, risulta perfino di origini nobili: il padre, Giuseppe, era infatti «figlio di Davide» (Mt 1,20) e la madre, Maria, era molto probabilmente appartenente alla stirpe di Aronne per la sua stretta parentela con Elisabetta, senza poter escludere antenati davidici. E che dire del fatto che nel presepe vediamo rappresentata, inutile negarlo, una famiglia composta ad un uomo ed una donna perfino sposati? Ironie a parte, se solo ci si riflettesse più spesso non si potrebbe dubitare del fatto che il presepe sia la più formidabile rappresentazione di civiltà, umanità e progresso. Vi troviamo infatti una giovane donna che mette al mondo suo figlio dopo aver detto un libero e coraggioso «sì» alla vita; un uomo vero, che sceglie di non ripudiare questa madre, proteggendola; Dio che si fa Bambino, imprimendo una svolta decisiva nell’affermazione storica dei diritti dei più piccoli e della persona; infine, semplici pastori che – pur essendo socialmente ben poco considerati, se non visti male – sono i primi ad avere il privilegio di far visita alla Sacra famiglia. Scusate se è poco.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/il-presepe-ha-800-anni-e-fa-ancora-paura-2666510402.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="durante-le-feste-ne-viene-vandalizzato-uno-al-giorno" data-post-id="2666510402" data-published-at="1702172685" data-use-pagination="False"> Durante le feste ne viene vandalizzato uno al giorno Il fatto che abbia 800 anni di storia e sia parte integrante dell’identità italiana non protegge il presepe da atti vandalici. Al contrario, episodi di distruzione della Natività o di furto di statuine si verificano con frequenza preoccupante da ormai diversi anni. Adesso è ancora per ovvie ragioni impossibile tracciare un bilancio di quanto accadrà nelle festività natalizie alle porte, anche se degli episodi preoccupanti già si sono verificati. Come a Pietrasanta, in Versilia, dove a fine novembre i soliti ignoti si son divertiti a prendere a calci, rovinandole, alcune figure del presepe. Che sono state subito riparate, anche se ciò non rende l’accaduto meno grave. «Sono azioni che si commentano da sole e che lasciano tanta amarezza», è stato il commento di Adamo Pierotti, una delle menti insieme a Paolo Bazzichi, Giacomo Vannucci e Paolo Bigi del presepe locale. Il dato che colpisce è che non c’è un periodo dell’anno in cui la rappresentazione della Natività di Gesù sia al sicuro da bravate o presunte tali. Basti vedere che cosa è accaduto lo scorso maggio – quindi ben lontano dal periodo natalizio – a Cuggiono, Milano, dove soggetti non identificati si sono introdotti nella sede dell’Apc, acronimo di Associazione presepio Cuggiono, rovinando i presepi realizzati negli anni dai soci del gruppo. Ciò non toglie come il periodo in cui le distruzioni di presepi si fanno più frequenti, va da sé, sia quello in cui essi sono più allestiti, e cioè sotto Natale. La Verità si è presa la briga di fare un conteggio di quanto accaduto durante le feste dello scorso anno, spulciando le cronache locali nel periodo compreso dal 19 dicembre 2022 a fine gennaio 2023. Risultato: in poco più di un mese sono stati vandalizzati o distrutti oltre 40 presepi. Uno al giorno, in pratica. Da Firenze a Milano, da Pisa a Foggia, da Busto Arsizio a Trapani, non c’è città né provincia della penisola che sia insomma stata risparmiata da tali episodi. E non c’è neppure ambiente in cui il presepe possa considerarsi al sicuro, come dimostra quanto accaduto a Verona, dove qualcuno è giunto a rubare le statuine dell’allestimento del reparto di radiologia dell’ospedale di Borgo Roma «Un episodio vergognoso soprattutto in un periodo come questo e in un luogo che si dovrebbe considerare con la giusta sensibilità», era stato in quella occasione il commento, indignato, del presidente della Regione, Luca Zaia. Pochi giorni prima di quel fatto avvenuto in Veneto una statua di Gesù Bambino era stata rubata nottetempo pure dal presepe di piazza Duomo a Firenze, suscitando lo sdegno del cardinale Giuseppe Betori, che aveva definito «molto triste» il dover suo malgrado «ancora una volta registrare atti come questi che offendono il presepe, simbolo della fede e della tradizione della nostra gente». Va detto che in qualche caso i ladri di statuine, fortunatamente, si ravvedono. Così è per esempio avvenuto ad inizio 2023 a Missaglia, Lecco, dove chi aveva rubato la statua del presepe allestito vicino alla grotta della Nostra signora di Lourdes ad Ossola, frazione del paese, è tornato sui suoi passi rimettendola al suo posto. Sono però eccezioni. La gran parte delle volte i presepi distrutti o vandalizzati tali restano, fino a quando non ci si prende la briga di sistemarli. Quel che colpisce è come dinnanzi a cotanti, sistematici episodi non ci sia nessuno, tanto meno nelle istituzioni, che si prenda la briga di chiamarli per quello che sono: esempi di cristianofobia, di odio più o meno dichiarato non già contro un allestimento natalizio, bensì verso il simbolo cristiano per antonomasia. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/il-presepe-ha-800-anni-e-fa-ancora-paura-2666510402.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="il-nostro-e-quello-piu-grande-del-mondo-eppure-e-boicottato" data-post-id="2666510402" data-published-at="1702172685" data-use-pagination="False"> «Il nostro è quello più grande del mondo. Eppure è boicottato» 8 km di cavi elettrici, 17.000 lampadine, circa 250 figure a grandezza naturale, tutte ricavate da materiali inutilizzati o riciclati, e migliaia di visitatori ogni anno. Bastano già questi numeri per comprendere l’eccezionalità del presepe di Manarola, paesello ligure in provincia della Spezia che non arriva a 400 abitanti ma che, dal 2007, può vantare l’inserimento nientemeno che nel Guinness dei primati: per il presepe più grande del mondo, ovviamente. Un record che la località ligure deve a Mario Andreoli, ex ferroviere e primo realizzatore, nel lontano 1976, di quest’opera. Andreoli è morto a 94 anni nel dicembre dello scorso anno. Ma il suo presepe vive ancora, grazie al lavoro dell’associazione «Presepe di Manarola Mario Andreoli», composta da una trentina di persone. Il loro portavoce è Stefano Cassigoli, 35 anni, che La Verità ha avvicinato per saperne di più su questa rappresentazione della Natività, che ogni anno viene inaugurata l’8 dicembre e resta visibile fino al 14 di gennaio, con l’illuminazione programmata dal tramonto alle 22 nei giorni feriali e fino a mezzanotte nei giorni festivi. Cassigoli, partiamo dal principio. Com’è nata questa attrazione di Manarola? «Tutto ebbe inizio nel 1961 quando il padre di Mario Andreoli, in punto di morte, gli chiese di ripristinare tre croci che erano nel campo di famiglia - infatti la collina dove c’è il presepe si chiama “collina delle tre croci” - e che, essendo in legno, erano usurate e stavano cadendo a pezzi. Poi Mario, di sua iniziativa, decise di illuminare queste tre croci con la batteria di una macchina e la cosa ebbe successo perché il paese non era molto illuminato, e tutt’ora di notte la collina è completamente buia». Come si è arrivati al presepe? «Fu una iniziativa di Mario, che dopo un paio di anni da questa illuminazione delle croci decise di ampliare quello che c’era, realizzando delle figure per rappresentare la Natività fino ai numeri che ci sono oggi». Ma chi era Mario Andreoli? «Era un addetto delle pulizie dei treni, quindi qualcuno che svolgeva un lavoro che non c’entrava assolutamente con l’elettricità o con cose legate al presepe, che fu per lui un hobby. È stato quindi per passione che lui ha creato questo presepe enorme. Le figure aveva iniziato a costruirle come in realtà sono ancora oggi, prendendo pezzi di legno, ferro e plastica- tutto materiale riciclato. Sono tutte figure a grandezza naturale». Addirittura? «Sì, alcune di queste figure sono alte un metro e ottanta, anche un metro e novanta e neppure leggerissime. Infatti ancora noi oggi ci chiediamo come facesse Mario nei primi anni a fare tutto da solo, perché la collina è grande. Non esagero se dico che fino a dieci anni fa lui non voleva assolutamente nessuno ad aiutarlo». Faceva tutto da solo? «Tutto completamente da solo. Praticamente, nel momento in cui smontava il presepe - intorno ad aprile o maggio - di lì ad un mese doveva ricominciare a rimettere tutto su. Era insomma per lui un lavoro di mesi, perché quelle che compongono il presepe sono sempre state attorno alle 200, 250 figure. E tutte le figure che ancora oggi sono presenti nel presepe sono ancora quelle realizzate da Mario. Lui era la mente artistica del presepe e non voleva assolutamente che venissero allestite figure non sue. Erano tutte sue idee». Ci sono stati dei cambiamenti dal presepe realizzato da Andreoli a quello di oggi? «Le uniche cose rimaste uguali sono le pecorelle, che all’interno hanno ancora le lampadine ad incandescenza, diciamo, come si usavano una volta. Tutte le altre figure sono oggi illuminate da del tubo luminoso, che è molto più pratico soprattutto per la protezione della pioggia e dal vento, essendo più isolate dagli agenti atmosferici». Quanti visitatori avete ogni anno per il vostro presepe? «Un numero preciso è difficile da dare. Noi ogni anno cerchiamo più che altro di avere un’idea sulla giornata inaugurale, che è l’8 dicembre. Posso dirle che capita di avere anche 2 o 3.000 persone. Poi a vederlo vengono comunque centinaia di persone al giorno, anche perché non c’è un posto preciso da dove il presepe si può guardare. Tanta gente lo ammira dal piazzale della chiesa o nella via alta del paese». Da tempo, a danno dei presepi sono frequenti degli atti vandalici. Ne avete avuti anche voi? «Sì, purtroppo anche noi abbiamo registrato degli atti vandalici. La cosa peggiore che si possa fare al nostro presepe è tagliare i fili che portano l’elettricità dal quadro generale fino alle figure ed è già successo più volte. In uno o due casi siamo sicuri che non si sia trattato di un errore - le figure sono in mezzo a dei campi coltivati e può succedere che uno con il decespugliatore tagli i fili -, ma sia stato fatto apposta». Lei che lo allestisce ogni anno, prova ancora emozione davanti al vostro presepe? «Sì, l’emozione è sempre tanta. Ormai il presepe è diventata una cosa caratteristica di Manarola. Appena si nomina il presepe in automatico la gente pensa subito a Manarola, quindi è diventato qualcosa a cui tutta la comunità tiene molto, non solo i volontari che ogni anno lo allestiscono bensì tutta la gente del posto. Passano gli anni, però il momento dell’accensione del presepe è sempre un’emozione».