2022-11-19
Il premio francese a Di Maio: 12.000 euro netti al mese
Selezionato dai tecnici Ue per aprire la scatoletta del Golfo Persico, avrà 12.000 euro netti al mese e una serie di benefit. Si occuperà di temi energetici, gas e petrolio. Ha il sostegno di Parigi, che gli è grata di aver affossato la Difesa italiana con Emirati e Arabia.Dalla scatoletta di tonno alla ventresca. L’ex numero uno dei grillini, Luigi Di Maio, ha avuto ieri la conferma di essere stato selezionato da un gruppo di tecnici guidati dall’alto rappresentante Ue, Josep Borrell, per l’incarico di inviato speciale nel golfo Persico. Per la cifra di circa 12.000 euro netti, staff e copertura totale delle spese, passaporto diplomatico e relativa immunità, si occuperà dei temi energetici, del prezzo di gas e petrolio. Giggino chiude così il cerchio perfetto di una carriera nata nel 2013 all’insegna dell’anti casta e adesso avviata sul sentiero dell’autocrazia europea. Le falangi di grillini guidate all’epoca dal comico ligure brandivano apriscatole nella direzione del Parlamento e biglietti di metrò per condannare chiunque viaggiasse con un’auto blu. Adesso, Di Maio in testa, gli eredi di quelle manifestazioni sembrano apprezzare la ventresca di lusso alla polpa di tonno da supermercato. Ma sebbene la moneta populista resti un buon metro di paragone per misurare i cambiamenti del Movimento e la capacità dei suoi rappresentanti di lasciarsi inglobare dai Palazzi, sarebbe riduttivo usare lo stesso parametro per l’ex ministro degli Esteri. Egli non è certo bidimensionale, Né paragonabile a un semplice deputato del Movimento. È un fenomeno 4.0 che parte da lontano. A stimolare la carriera di Di Maio e, dopo l’esito straziante del voto, la corsa verso Bruxelles, è stato il consigliere Ugo Zampetti che ebbe a conoscere l’ex leader grillino nel 2013. Di Maio era vice presidente della Camera e Zampetti segretario generale di Montecitorio. Da allora l’idillio non si è mai interrotto. In molti scommettono che al consigliere del Colle si debba la crescita del Di Maio politico e del network che lo ha portato a ricoprire un ruolo primario al fianco di Giuseppe Conte e poi alla Farnesina. Da rumor non confermati la candidatura all’incarico di inviato sarebbe stata avanzata dal precedente governo e ha sbaragliato tre pezzi da Novanta della diplomazia. A concorrere fino a ieri c’era Markos Kypianou, politico cipriota e già commissario Ue alla Sanità. Ha studiato all’Harvard e somma due lauree e vari master. Il secondo candidato era lo slovacco Jan Kubis, già inviato dell’Onu in Libia con il solo difetto di aver studiato in Russia. Il terzo in lizza era il collega greco, Dimitris Avramopoulos. Nel 2014 viene designato in seno alla commissione Juncker commissario alle migrazioni. In precedenza è stato ministro degli Esteri nel governo Samaras e prima ancora, sotto Papademos, titolare della Difesa. In precedenza ministro del Turismo e della Salute. Omettiamo per evitare il confronto diretto con il politico di Pomigliano, la carriera universitaria. Eppure Borrell ha ritenuto di scartare sia il cipriota sia il greco e scegliere il nostro alfiere della Farnesina. Che una buona parola del Colle abbia giovato a favore di Di Maio non è una opzione peregrina. Probabilmente però a spingere la congiunzione astrale deve esserci stato qualche altro supporter. I più maliziosi ci vedono Parigi. L’Eliseo non avrà dimenticato il sostegno indiretto dell’ex leader grillino che da ministro degli Esteri ha fatto saltare i rapporti diplomatici e militari con Emirati Arabi e Arabia Saudita. Di Maio bloccò circa due anni fa, via Farnesina, una fornitura di armi, interrompendo relazioni nel campo della Difesa ultra ventennali. A incassare i vantaggi sono state le aziende francesi. Abu Dhabi 11 mesi fa ha ordinato a Macron 80 aerei Rafale. Valore del contratto: 16 miliardi di euro. Nella stessa occasione, l’Eliseo ha portato con sé capi di aziende come Airbus, Thales, Air Liquide o Edf. Una mossa plastica di come Parigi sia riuscita a infilarsi nei buchi geopolitici che noi siamo riusciti ad aprire. I maliziosi a posteriori si interrogheranno sul perché Di Maio con quell’iniziativa abbia danneggiato la nostra industria. I maliziosi si chiedono anche se le nostre buone relazioni prevedano che in ruoli chiave Ue i francesi appoggino nostri uomini esclusivamente quando non hanno la certezza che non saranno ostili alle aziende di Parigi.Non esistendo un precedente (gli inviati Ue sono numerosi, ma solo adesso nasce la figura dedicata al Golfo) sarà interessante comprendere la routine quotidiana di Di Maio. Che poteri di trattativa avrà o se alla fine l’incarico sarà un ruolo di facciata, un po’ come la chimera del price cap di cui si parla sempre ma che tutti sanno essere irrealizzabile. L’altra domanda si pone invece nel caso in cui l’incarico di inviato sia realmente operativo. Visto i danni arrecati al comparto della Difesa nell’area se Di Maio dovesse tenere la stessa linea che cosa potrà accadere alle nostre aziende energetiche? La domanda è retorica e si augura di non dover essere seguita da una risposta.