2019-04-19
Il pianto dei sindaci contro Salvini: «No alle zone rosse anti degrado»
Da Giuseppe Sala a Leoluca Orlando, da Virginia Raggi a Dario Nardella, i primi cittadini si oppongono al Viminale: «I prefetti non ci scavalcheranno».Almeno sono finalmente venuti allo scoperto. Adesso sappiamo che ci sono numerosi sindaci, in Italia, a cui semplicemente non interessa garantire più sicurezza e tranquillità nelle proprie città. Sono i primi cittadini che guidano la «rivolta» (l'ennesima) contro un provvedimento emanato dal ministro dell'Interno: sono più impegnati a far polemica con Matteo Salvini che a tutelare i propri concittadini. L'oggetto del contendere è la direttiva ministeriale sulle cosiddette «zone rosse». In sostanza, si consente ai prefetti di prendere provvedimenti «che vietano lo stazionamento a persone dedite ad attività illegali, disponendone l'allontanamento, nelle aree urbane caratterizzate da una elevata densità abitativa e sensibili flussi turistici, oppure che si caratterizzano per l'esistenza di una pluralità di istituti scolastici e universitari, complessi monumentali e culturali, aree verdi ed esercizi ricettivi e commerciali». I prefetti potranno dunque emanare delle ordinanze contro il degrado, in modo da tenere lontani spacciatori, abusivi e altri criminali da alcune zone delle città. Non sembra un'idea così assurda, no? E invece ecco che arrivano i sindaci a protestare e a gridare alla lesa maestà. Beppe Sala, primo cittadino milanese del Pd, sostiene che il provvedimento salviniano si collochi «tra l'inutile e l'autolesionista» e che Salvini medesimo sia arrogante. Il palermitano Leoluca Orlando, invece, al solito opta per la linea morbida: «È la conferma che abbiamo un ministro dell'Interno eversivo», sbraita. «Il Viminale vuole creare un clima di scontro sociale. Dovesse mai accadere ricorrerò all'ordine giudiziario. Resistere a questo neofascismo è un dovere». «Noi sindaci amministriamo ogni giorno, tra mille difficoltà, e non abbiamo bisogno di essere commissariati da nessuno», grida Antonio Decaro, il presidente dell'Anci. Curioso davvero. Adesso i primi cittadini fanno gli offesi temendo di venire scavalcati. Ma quando i prefetti, senza sentire i sindaci, smistavano migranti in giro per le città, di rivolte non ne abbiamo viste. Piuttosto, abbiamo visto alcuni prefetti e viceprefetti finire sotto inchiesta, ma questa è un'altra storia. Le prefetture allora potevano decidere sulla sistemazione dei profughi, ma se ora dovessero dare una mano per rendere le città più sicure, bisogna impedirglielo. Virginia Raggi liquida la direttiva sulle «zone rosse» come «l'ennesima trovata elettorale», spiegando che «è solo un foglio di carta». Nemmeno riescono a mettersi d'accordo: o è inutile oppure è un atto fascista, chiaritevi almeno. In realtà, del paradosso si è accorto (in parte) il segretario del Pd, Nicola Zingaretti: «È l'ennesimo esempio di trasformismo», ha detto ieri. «Ricordo che Salvini in campagna elettorale diceva che le prefetture andavano chiuse perché antidemocratiche e bisognava stare vicino ai sindaci che erano l'unica autorità democratica». In realtà, se i prefetti contribuiscono a mantenere l'ordine pubblico allontanando spacciatori e violenti da alcune zone delle città, stanno semplicemente svolgendo il proprio mestiere. Per altro, come prevede il provvedimento salviniano, dovrebbero collaborare con i sindaci prima di prendere iniziative. È il Viminale a spiegarlo: «L'esercizio di tale potere», si legge in una nota del ministero riguardante la nuova direttiva, «si affianca a quelli riconosciuti al sindaco in tema di contrasto al degrado urbano e alla illegalità diffusa. In tale direzione costituisce uno strumento operativo da adottare in via straordinaria per un immediato impatto su specifiche aree cittadine, fatte salve tutte le iniziative che intendano assumere i primi cittadini». Insomma, nessuno sta scavalcando i sindaci, anzi. Quel che avveniva fino a qualche tempo fa era un po' diverso. Stiamo parlando di quando i prefetti erano utilizzati come distributori di migranti nei vari centri d'accoglienza, compito che svolgevano tenendo all'oscuro la cittadinanza e i rappresentanti eletti dal popolo. Ma a Zingaretti, al Pd e ai progressisti in generale la differenza sfugge. Anche secondo Dario Nardella «questo provvedimento sa di spot elettorale», e qui la faccenda si fa comica. Già, perché è lo stesso Viminale a notare che «ordinanze di questo tipo erano già state ufficializzate a Bologna e Firenze: i sindaci interessati le avevano condivise, compreso Nardella che aveva espresso soddisfazione nei comitati provinciali per l'ordine e la sicurezza». A quanto pare pure Nardella ha qualche problema di trasformismo. O di memoria. Il più esagitato di tutti, però, è Luigi De Magistris: non sia mai che perda l'occasione per farsi bello sputando su Salvini. «Siamo di fronte a un'operazione che punta ad attaccare le città e i sindaci», ha tuonato il sindaco di Napoli. Interessante: proprio un paio di giorni fa De Magistris, ad Agorà, ha dichiarato: «Al governo chiediamo la sicurezza, che è un compito dello Stato, prevenire e reprimere». Quando però lo Stato si fa sentire, Giggino si lamenta. E con lui gli altri sindaci. Poi ti ricordi che sono gli stessi che trattano Mimmo Lucano come un eroe, e allora tutto si spiega.
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