2022-06-25
Il Pd vuole prendersi anche le case. Per loro la proprietà resta un furto
Enrico Letta (Imagoeconomica)
Dieci deputati dem firmano una mozione per chiedere ancora il blocco degli sfratti, la riduzione dei canoni di locazione, la schedatura degli immobili degradati. E poi basta cedolare secca e mazzata sugli affitti turistici.Ma com’è bello fare il welfare con la casa degli altri. L’assistenza sociale a spese dei proprietari sembra essere la grande passione del Pd. I lettori ricorderanno che all’inizio di maggio La Verità si era occupata di un’ipotesi di mozione - ventilata in sede di Comune di Roma - che in un colpo solo avrebbe travolto proprietà e stato di diritto: in quel caso, la maggioranza romana di centrosinistra sembrava intenzionata ad autorizzare anche gli occupanti abusivi di un immobile a chiedere e ottenere la residenza. Motivazioni? Le solite evocate a sinistra in quei casi: presenza di minori e anziani, possibilità di accesso ai servizi scolastici. Piccolo dettaglio: per definizione, gli occupanti abusivi non hanno alcun titolo a stare dove si trovano, e una misura del genere avrebbe rappresentato e rappresenterebbe un oggettivo incentivo alle occupazioni abusive.Stavolta il Pd ci riprova a livello nazionale, con una mozione a firma delle deputate e dei deputati Braga, Pellicani, Morassut, Buratti, Ciagà, Morgoni, Pezzopane, Rotta, D’Elia, Casu. I dieci esponenti dem partono dalle solite circostanze: il Covid, le disuguaglianze, la domanda di edilizia residenziale pubblica, la necessità di una casa definita «dignitosa, sicura e socievole» (sic), con una spolveratina politicamente corretta di «urgenza climatica», «rigenerazione delle città» e rischio di «consumo di suolo». E dopo tutto questo repertorio, dove si va a parare? Elementare, Watson: si parte all’arrembaggio per aggredire il diritto di proprietà, insomma per presentare il conto a chi ha il grave torto - immaginiamo - di aver comprato una casa facendo sacrifici. Il documento di indirizzo, se approvato, impegnerebbe il governo a una serie di passi. Vediamone alcuni. Il punto 5 impegna il governo «a promuovere la sottoscrizione di appositi protocolli di programmazione delle esecuzioni degli sfratti, mediante l’istituzione di cabine di regia territoriali coordinate dalle prefetture che permettano e facilitino la gradualità delle esecuzioni, al fine di contenere l’emergenza ed evitare conflitti sociali». Traduciamo in italiano: al Pd devono essere sembrati pochi i due anni di blocco formale degli sfratti, e ora chiede di bloccarli ulteriormente di fatto, attraverso la parola magica della «gradualità». Il che vorrebbe dire, per un proprietario che attende di tornare in possesso del suo immobile (su cui continua a pagare le tasse), dover aspettare ancora. Si dirà: lo sfrattato potrebbe trovarsi a disagio. Vero: ma allora perché il disagio va scaricato sul proprietario? Il punto 6 impegna il governo «ad adottare iniziative per prevedere incentivi fiscali per la rinegoziazione dei canoni di locazione e una loro diminuzione per prevenire le difficoltà e criticità che provocano la morosità incolpevole»: e fin qui poco male. Ma occhio alla parte successiva, che prefigura a chiare lettere un obbligo di rinegoziare, e quindi di ridurre gli affitti: il Pd impegna infatti il governo nella direzione dell’»introduzione di norme, anche procedurali, che prevedano esplicitamente la rinegoziazione dei canoni d’affitto in presenza di determinati elementi oggettivi e soggettivi, che possano essere valutati dal giudice in sede di contenzioso». Chiaro? In presenza di alcune condizioni (non si sa quali), il proprietario deve incassare di meno. Come se ciò che incassa non servisse anche a lui per il suo sostentamento, o per pagare le tasse, e così via. Il punto 8 impegna il governo «ad assumere iniziative per istituire una banca dati del patrimonio alloggiativo degradato, pubblico e privato, da finalizzare a un uso in tempi brevi per le gravi emergenze alloggiative con particolare riferimento alla disponibilità immediata degli enti previdenziali e degli altri enti pubblici (…), anche sostenendo l’azione dei Comuni per l’affitto o acquisto di alloggi da assegnare prioritariamente ai soggetti colpiti da provvedimenti di sfratto sulla base di una graduatoria definita dall’indicatore della situazione economica Isee». Anche qui è il caso di tradurre in italiano: si tratterebbe di schedare gli immobili anche privati cosiddetti «degradati» (ma chi stabilisce cosa si intenda per degradati?), come base per una vera e propria requisizione, e successiva assegnazione non si sa bene a chi. Il punto 9 ripropone un’antica ossessione dem, e cioè l’attacco a una misura che ha funzionato (la cedolare secca), e che dunque viene sistematicamente criminalizzata. Così, i dem impegnano il governo «ad adottare iniziative per prevedere una revisione del regime della cedolare secca prevista per contratti di locazione a canone libero, al fine di assicurare che il beneficio fiscale riconosciuto al proprietario si traduca in una effettiva sostenibilità della locazione da parte dell’inquilino». Dulcis in fundo, ecco il punto 12. Se per caso il proprietario - già vessato e stratassato - ha usato l’immobile a fini di locazione turistica, ricavandone qualcosa, ecco la bacchettata del Pd, che impegna il governo «ad adottare iniziative per prevedere la revisione della disciplina delle locazioni brevi di tipo turistico al fine di contrastare lo spopolamento dei centri storici delle città d’arte affetti dalla sregolata trasformazione del patrimonio residenziale in alloggi turistici». Chiaro, no? Il proprietario faccia il piacere di pagare l’Imu, ma non osi ricavare qualcosa. La proprietà è sempre trattata alla stregua di un furto, e i comunisti (comunque mascherati e imbellettati) non cambiano mai.
Jeffrey Epstein e Donald Trump (Ansa)
L'ad di SIMEST Regina Corradini D'Arienzo
La società del Gruppo Cdp rafforza il proprio impegno sui temi Esg e conferma anche la certificazione sulla parità di genere per il 2025.
SIMEST, la società del Gruppo Cassa depositi e prestiti che sostiene l’internazionalizzazione delle imprese italiane, ha ottenuto l’attestazione internazionale Human Resource Management Diversity and Inclusion – ISO 30415, riconoscimento che certifica l’impegno dell’azienda nella promozione di un ambiente di lavoro fondato sui principi di diversità, equità e inclusione.
Il riconoscimento, rilasciato da Bureau Veritas Italia, arriva al termine di un percorso volto a integrare i valori DE&I nei processi aziendali e nella cultura organizzativa. La valutazione ha riguardato l’intera gestione delle risorse umane — dal reclutamento alla formazione — includendo aspetti come benessere, accessibilità, pari opportunità e trasparenza nei percorsi di crescita. Sono stati inoltre esaminati altri ambiti, tra cui la gestione degli acquisti, l’erogazione dei servizi e la relazione con gli stakeholder.
L’attestazione ISO 30415 rappresenta un passo ulteriore nel percorso di sostenibilità e responsabilità sociale di SIMEST, in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni unite, in particolare quelli relativi alla parità di genere e alla promozione di condizioni di lavoro eque e dignitose.
A questo traguardo si affianca la conferma, anche per il 2025, della certificazione UNI/PdR 125:2022, che attesta l’efficacia delle politiche aziendali in tema di parità di genere, con riferimento a governance, crescita professionale, equilibrio vita-lavoro e tutela della genitorialità.
Valeria Borrelli, direttrice Persone e organizzazione di SIMEST, ha dichiarato: «Crediamo fortemente che le persone siano la nostra più grande risorsa e che la pluralità di esperienze e competenze sia la chiave per generare valore e innovazione. Questi riconoscimenti confermano l’impegno quotidiano della nostra comunità aziendale nel promuovere un ambiente inclusivo, rispettoso e aperto alle diversità. Ma il nostro percorso non si ferma: continueremo a coltivare una cultura fondata sull’ascolto e sull’apertura, affinché ciascuno possa contribuire alla crescita dell’organizzazione con la propria unicità».
Con questo risultato, SIMEST consolida il proprio posizionamento tra le aziende italiane più attive sui temi Esg, confermando una strategia orientata a una cultura del lavoro sostenibile, equa e inclusiva.
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