2021-06-22
Il Pd vuole l’Italia in ginocchio con l’Austria
Gli ottavi ci riservano un avversario abbordabile, in compenso arriva Letta a spezzare la magia dopo che alcuni azzurri non si sono piegati alla manfrina antirazzista: «È stata una scena pessima». Draghi chiede di spostare la finale da Wembley: «Troppi contagi» C'è un'Italia che vince guardando negli occhi il mondo, ma Enrico Letta la vuole in ginocchio. Il segretario del Pd entra negli spogliatoi della Nazionale senza bussare, anzi idealmente sfonda la porta con un calcio, e nel salotto dem di Lilli Gruber pretende con arroganza di dettare la linea morale alla squadra azzurra di fronte alla farsa multicult del Black Lives Matter. «Vorrei fare un appello ai nostri giocatori, che si inginocchino tutti, perché francamente l'ho trovata una scena pessima. Se si mettono d'accordo sugli schemi di gioco, si mettono d'accordo anche su quello. È meglio, anche perché i gallesi si erano inginocchiati tutti, gli italiani no». La libertà di coscienza finisce in fuorigioco, il libero arbitrio non merita neppure il Var. Effettivamente il tenero Letta sembra parlare dal bar, come spesso gli capita negli ultimi mesi su temi delicati della politica. Senza distinguere il Nazareno da Coverciano, chiede ruvidamente anche ai sei ragazzi di Roberto Mancini che avevano tenuto la schiena dritta, di adeguarsi alle pantomime ideologiche del mondo dem. Una forzatura sgradevole che tende a condizionare una scelta personale, perfino a sostituirsi all'Uefa che non pretende nessuna genuflessione. Finora la faccenda era stata affrontata dal presidente della Federcalcio, Gabriele Gravina, in modo saggio: «I calciatori sono liberi, qualcuno ha seguito l'impulso, altri si sono limitati ad applaudire, ma non ritengo che questo debba essere frutto di politica federale. Ognuno scelga per sé». Ora l'uscita sgangherata di Letta rischia di minare l'armonia di un formidabile gruppo, libero di giocare e soprattutto libero di pensare. Tornando al torneo, il passaporto per l'Europa che conta è nella cripta dei Cappuccini. Sabato a Wembley negli ottavi di finale ci tocca l'Austria con l'aquila imperiale sulla maglia, una squadra generosa e modesta che a Bucarest ha toccato il cielo con un dito battendo (1-0) un'Ucraina senza idee e fisicamente imbarazzante. È l'Austria di David Alaba e Marcel Sabitzer, due calciatori veri: il primo pronto a rigenerare la retroguardia del Real Madrid dopo essere stato colonna del Bayern Monaco, il secondo attaccante verticale e moderno, micidiale in velocità. Il resto è classe operaia, difesa e contropiede. È guidata da Franco Foda, buon tecnico nato a Magonza da padre italiano e mamma tedesca, ex calciatore di un certo successo a fine anni Ottanta quando arrivò a disputare qualche partita con il Wunderteam di Franz Beckenbauer. A Brasilia, i tifosi accolsero il suo nome con grandi e sorprendenti applausi, non tanto per la stima ma perché in portoghese il suo nome significa «amore libero». Dopo Caporetto, fra mondiali ed europei, contro l'Austria non abbiamo mai perso. Sabato a Londra ci sarà un assaggio da brivido, ma non è detto che la finale si giochi a Wembley. A margine dell'incontro con Angela Merkel, ieri il premier Mario Draghi ha detto di non essere tranquillo per le complicazioni da variante Delta. «Mi adopererò per spostarla dove i contagi non sono in crescita». L'Italia affronterà l'Austria con sereno rispetto; nessun problema, solo felicità. Se proprio dovessimo andare a cercare il pelo nell'uovo di un gruppo che sembra un'orchestra guidata da Herbert Von Karajan, troveremmo quello dell'abbondanza. In tre partite il ct ha schierato 25 uomini, più di due squadre. Un pelo lungo e lucido, che va da Alessandro Bastoni a Federico Chiesa passando per Marco Verratti e Matteo Pessina. Ha ragione Roberto Mancini: «Sono tutti titolari e ho voluto dimostrarlo. Abbiamo recuperato Verratti, abbiamo avuto la conferma che questi ragazzi sono tutti pronti. Adesso sarà più difficile decidere la formazione e soffrirò a mandare in panchina calciatori così bravi, ma è meglio poter scegliere». I ballottaggi non sono mai facili, soprattutto a centrocampo, il motore del gioco: visto che Jorginho è ritenuto imprescindibile, meglio Manuel Locatelli o Verratti? Impossibile fare a meno di Nicolò Barella, ma allora Pessina farà sempre rima con panchina? Se Lorenzo Insigne è titolare fisso, non è detto che Federico Chiesa (eletto uomo partita con il Galles) non meriti chances e minuti. L'assedio è già cominciato. Anche i numeri sono allineati ai sogni. Tre vittorie consecutive senza subire reti, come a Italia 90. Difesa d'acciaio. ma in questi casi è il sistema di coperture a funzionare alla perfezione. Contro il Galles gli azzurri hanno chiuso con la porta inviolata l'undicesima partita di fila; l'ultima rete l'hanno incassata il 14 ottobre 2020 dall'Olanda. La prossima potrebbe essere considerata un dettaglio statistico o un trauma. La Nazionale di Mancini ha ottenuto 30 risultati utili consecutivi eguagliando il record di Vittorio Pozzo, vecchio di 82 anni.Tutto questo - numeri, abbondanza, avversaria teoricamente scarsa - mette pressione e crea responsabilità. Dopo l'Austria la musica cambierà: potremmo incontrare nei quarti il Belgio, in semifinale la Francia, infine Inghilterra o Germania in finale. Per affrontarle, più che professori inginocchiati stile Letta, servono guerrieri.
Matteo Salvini (Imagoeconomica)
La stazione di San Zenone al Lambro, dove il 30 agosto scorso un maliano ha stuprato una 18enne (Ansa)