2022-07-10
Solito Pd: sa che perde e cambia le regole
Il campo largo è destinato al fallimento, Enrico Letta ne è consapevole e allora punta sul cambio della legge elettorale. I giornaloni si accodano subito e il tema diventa il primo in agenda, alla faccia dei problemi veri: inflazione, guerra e fabbisogno energetico. All’improvviso sei arrivata tu. Non so chi l’ha deciso, mi ha preso sempre più. Una quotidiana guerra con la razionalità. Ci vorrebbe la canzone di Max Pezzali (883) per raccontare questo nuovo folle innamoramento del palazzo per l’oggetto del desiderio di ogni Parlamento in via di sepoltura: la legge elettorale. Per quanto possa sembrare strano, per la politica è il tema del giorno. Della guerra in Ucraina come volevasi dimostrare non frega più niente a nessuno. L’emergenza climatica ha già stancato. Sulla crisi economica non sanno che cosa dire. E così non si trova niente di meglio che rilanciare il tema più appassionante che ci sia: Rosatellum o no? Maggioritario o proporzionale? Liste bloccate? Coalizioni primo o dopo il voto? «Il dibattito entra nel vivo», scrive euforico il Corriere della Sera. «Il dialogo è ripreso», conferma La Stampa. E tutti i quotidiani s’entusiasmano: «La notizia agita il Parlamento», «Riapre il cantiere», «si auspica un’ampia discussione» ovviamente capace di «coinvolgere tutte le forze». Immaginiamo che questo innamoramento sia condiviso dagli italiani, che sicuramente non vedevano l’ora di conoscere il pensiero dei partiti sull’argomento. Come spiega sul Qn, in modo definitivo, il cerimoniere di Palazzo, Bruno Vespa: «Legge elettorale? È ora di parlarne». Punto. È ora di parlarne. Altro che bollette e prezzi che aumentano. È ora di parlare di clausola di sbarramento e premio di maggioranza. Così hanno deciso, la seduta è tolta. Il segretario del Pd Enrico Letta, per dire, è a Aix en Provence per un importante incontro sull’economia. E trova il tempo per rispondere al telefono al Foglio. Per affrontare il tema dell’inflazione? Dei prezzi? Del gas? Della benzina? Dei nuovi poveri? No, fra la crisi economica, l’orrore per l’omicidio di Shinzo Abe e la guerra in Ucraina, come sottolinea il medesimo quotidiano, Letta sceglie di commentare la legge elettorale. Ovvio: è più importante. «Noi siamo determinati a cambiarla», dice il segretario Pd. Determinati. Del resto i leader politici sono così: quando ci sono le cose fondamentali scoprono all’improvviso la determinazione. Mica come sui tagli delle tasse che sono tutti sor Tentenna. No. Sulla legge elettorale sono determinati. Così determinati che sono «disposti a parlare con tutti», come precisa ancora Letta, aggiungendo che si sono accorti (evidentemente all’improvviso, proprio come nella canzone di Max Pezzali) che «quella che abbiamo è la peggior legge elettorale possibile». Se ne sono accorti ora, ecco. Perciò bisogna fare in fretta. Impegnarsi molto. Subito. «Il mese di luglio è decisivo». Decisivo per vedere quante aziende sopravviveranno al massacro d’autunno? No, decisivo per vedere quanti partiti sopravviveranno alle elezioni di primavera. In effetti questa improvvisa passione per la legge elettorale da parte del Pd nasce da una profonda motivazione ideale: non sanno come fare dal momento che il progetto del campo largo si è trasformato rapidamente nel progetto di un camposanto. Tramontata l’idea della coalizione allargata, infatti, il segretario Letta si è trovato spiazzato. Come salvare la ghirba? Ovvio: mettendo mano alla legge elettorale. Che fino a ieri (con il campo largo) andava benissimo, oggi invece diventa «pessima», come da nota ufficiale del duo Malpezzi-Serracchiani. «È importante cambiarla», dicono. Ovvio. Ma importante per chi? Non certo per i cittadini. Di sicuro per il Pd. E chi altro? Dovendo cercare alleati per questa riforma fondamentale per il futuro del Paese, il Pd a chi guarda? A chi si sente improvvisamente vicino? A chi chiede collaborazione? Sorpresa: alla Lega. Motivazioni di principio? Condivisioni ideali? Vicinanza di vedute? Macché: siccome la Lega, stando agli attuali sondaggi, avrebbe meno voti di Fratelli d’Italia, al Pd pensano che a Salvini potrebbe interessare cambiare legge e far saltare anche la coalizione di centrodestra, esattamente come è saltato il campo largo. Capite come passano le giornate i leader politici? Capite la profondità e la generosità dei loro pensieri? E capite perché poi con un sistema elettorale o con l’altro gli italiani non li votano più? Su Repubblica il vicedirettore Stefano Cappellini lo spiega in modo chiaro: «Perché Salvini vuole tenersi una legge elettorale che lo obbliga ad allearsi con una Meloni, ormai largamente avanti con i voti e dunque, in caso di vittoria del centrodestra, a consegnare a lei Palazzo Chigi e a lui il ruolo di vassallo?». Già: perché dovrebbe? Se lo facesse sarebbe un «errore tattico». Per evitare il quale, dicono i bene informati sarebbero già al lavoro, fianco a fianco, gli esperti della materia, i senatori Dario Parrini del Pd e Roberto Calderoli della Lega. Allo studio una nuova forma alchemica per mandare tutti al voto in modo sparpagliato (con il proporzionale) e dare il premio di maggioranza alle coalizione che si formano dopo il voto. Per tentare Salvini lo stuzzicano in tutti i modi: non vorrai mica fare il «minor party della Meloni»?, gli chiede per esempio Matteo Ricci (Pd). «Salvini il ministro della Meloni», titola Repubblica. Mentre lunedì sera si tiene un convegno della Fondazione Astrid, coordinata da Franco Bassanini, sul tema: «Rosatellum o nuova legge elettorale?». Roba forte, insomma. Non sappiamo come proseguirà l’avvincente dibattito nelle prossime ore. Ma già solo il fatto che nel palazzo, dove si dovrebbero risolvere i problemi degli italiani, si pensi soltanto a risolvere i problemi dei partiti (e delle relative seggiole), è piuttosto irritante. Tanto più che non si capisce come mai in Italia si scopre sempre che una legge elettorale fa schifo quando si arriva a pochi mesi dalle elezioni. Questo è il sistema più sicuro per non avere mai un sistema che fa il bene del Paese, ma solo un sistema che tutela i meschini interessi del momento. Se proprio si deve discutere di legge elettorale perché il Parlamento non ne discute a inizio legislatura? Se davvero i leader politici hanno a cuore la stabilità, la rappresentanza e la democrazia, come dicono (e non i giochetti di potere), perché non si mettono d’accordo quando le urne e i relativi calcoli sono lontani? Perché si fanno cogliere da raptus amorosi proprio alla vigilia del voto? Non so chi l’ha deciso, proprio come cantava Max Pezzali. Ma sembra davvero una quotidiana guerra con la razionalità. E, a dirla tutta, anche con la dignità.
Edoardo Raspelli (Getty Images)
Nel riquadro: Mauro Micillo, responsabile Divisione IMI Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo (Getty Images)
L'ex procuratore di Pavia Mario Venditti (Ansa)