2020-04-18
Il Papa smonta i fan della fede fai da te: «Senza una comunità non c’è la Chiesa»
Papa Francesco (Vatican Pool - Corbis/Getty Images)
Bergoglio mostra che non di solo streaming vivono i cristiani. «La comunione spirituale non basta: il rischio è la gnosi».«Quelli che hanno chiesto di aprire le Chiese per guadagnare qualche punto nei sondaggi fanno parte di quel genere di uomini che hanno sempre usato Dio per i loro traffici terreni. Ci sono sempre stati. Non hanno mai avuto niente a che fare con la spiritualità». Così parlò, pochi giorni fa, Vito Mancuso, teologo vagamente di moda tra i massimi tifosi del nuovo modello di «fede fai-da-te», e per questo graditissimo a sinistra. Si può dire che costui sia stato il capofila di una tendenza alla privatizzazione del cristianesimo che negli ultimi mesi si è intensificata oltre ogni possibile immaginazione. Più o meno ovunque - persino sul quotidiano della Cei - abbiamo sentito parlare di un solo comandamento: «Resterai in casa». Chi ricordava che, per un cattolico, andare a Messa è - nei fatti - una questione di vita o di morte, veniva deriso trattato da «fascista» (così Michele Serra), accusato di strumentalizzare la fede per bassi scopi elettorali. «Potete fare da soli», ripetevano tutti; «In fondo cambia poco», cavillavano gli intellettuali theological chic; «Meglio aprire le librerie che le Chiese», insistevano gli editorialisti per bene. Poi è arrivato il Papa. Ieri, durante la quotidiana celebrazione a Santa Marta, il Pontefice ha pronunciato parole difficili da fraintendere: «La familiarità con il Signore dei cristiani è sempre comunitaria. Sì, è intima, è personale ma in comunità», ha detto. Bergoglio ha spiegato che la «Comunione spirituale» da sola non basta: «L'ideale della Chiesa è sempre con il popolo e con i Sacramenti. Sempre». Ha raccontato un episodio: un bravo vescovo lo ha invitato a celebrare i riti della Settimana Santa «con 20-30 persone perché “la basilica è grande e così si può vedere la gente"». Il Papa sulle prime è rimasto contrariato: «Pensai: “Questo che cosa ha nella testa?". Poi ho capito: voleva dire stai attento, non viralizzare la Chiesa, non viralizzare i sacramenti, non viralizzare il popolo di Dio perché sono concreti».Sono pietre, queste parole di Francesco, e non è un trito modo di dire. Sono pietre dure, pesanti, materiche. Pietre di cui la Chiesa ha necessità per fiorire sulla concretezza. Come sosteneva Carl Schmitt, il grande scontro che va in scena da diversi decenni a questa parte è fra la terra e il mare: concretezza da una parte, liquidità dall'altra. Dove liquidità significa perdita di forma e di identità. È stata uno dei mantra della globalizzazione, questa liquidità. E, nonostante l'attuale epidemia abbia mostrato i limiti del mondialismo scriteriato, in molti continuano a sostenerlo, cogliendo l'occasione per smaterializzare persino la Chiesa. Per renderla «virtuale», privata, liquida: inesistente. Ma, ecco, c'è di nuovo il Papa: «Una familiarità senza comunità, una familiarità senza il pane, una familiarità senza la Chiesa, senza il popolo, senza i sacramenti è pericolosa. Può diventare una familiarità - diciamo - gnostica, una familiarità per me soltanto, staccata dal popolo di Dio. La familiarità degli apostoli con il Signore sempre era comunitaria, sempre era a tavola, segno della comunità. Sempre era con il Sacramento, con il pane». La gnosi è la Grande Avversaria della Chiesa, da sempre. Nelle parole di Benedetto XVI essa è «una dottrina la quale affermava che la fede insegnata nella Chiesa sarebbe solo un simbolismo per i semplici, che non sono in grado di capire cose difficili; invece, gli iniziati, gli intellettuali - gnostici, si chiamavano - avrebbero capito quanto sta dietro questi simboli, e così avrebbero formato un cristianesimo elitario, intellettualista». È il tipo di cristianesimo che in troppi, negli ultimi tempi, hanno tentato di imporre. Una fede fai-da-te che fa molto comodo, buona per fornire qualche indicazione moralistica, più che morale, pronta a soggiacere alla potenza dello Stato, capace di disgregare la comunità per creare un tanti singoli spaesati. Per questo Benedetto ribadiva: «La Tradizione apostolica è pubblica, non privata o segreta». E, altrove, spiegava che «il senso primario della Comunione non è l'incontro del singolo con il suo Dio - per questo ci sarebbero anche altre vie - ma proprio la fusione dei singoli tra loro per mezzo di Cristo». Se non c'è questa fusione, dice oggi Bergoglio, non c'è Chiesa. Poiché, appunto, la Chiesa è «familiarità concreta con i sacramenti e il popolo fedele di Dio». Popolo, comunità, famigliarità e vicinanza. Concretezza, non virtualità. Non è forse un caso che, sempre ieri, il Papa abbia pregato pure per le donne incinte, richiamando un altro meraviglioso passaggio dalla liquidità alla concretezza, quello del bambino che si sviluppa nel liquido amniotico e poi viene al mondo formato e definito. Quel bambino diviene parte di una famiglia, poi di una comunità. Senza famiglia, senza comunità, nessuno sopravvive. Nemmeno la Chiesa. Francesco, dopo settimane un po' ondivaghe, lo ha dichiarato con decisione. E ha ricordato a tutti (compreso il governo che finora ha molto sostenuto) che è venuto il momento di uscire dalle fumisterie e dalla liquidità indistinta. È ora di avere concretezza. E, magari, di ripartire.