
Il Sahel continua ad allontanarsi dall’orbita occidentale. Sabato, il governo del Niger ha sospeso la cooperazione militare con gli Stati Uniti. “Il governo del Niger, tenendo conto delle aspirazioni e degli interessi del suo popolo, decide con piena responsabilità di denunciare con effetto immediato l’accordo relativo allo status del personale militare degli Stati Uniti e dei dipendenti civili del Dipartimento di Difesa americano nel territorio della Repubblica del Niger”, ha dichiarato Niamey, secondo cui l'accordo tra i due Paesi, che era stato firmato nel 2012, sarebbe stato imposto al Niger e avrebbe violato le “regole costituzionali e democratiche” della sua sovranità. “Questo accordo non solo è profondamente ingiusto nella sua sostanza, ma non soddisfa nemmeno le aspirazioni e gli interessi del popolo nigerino”, ha proseguito il governo di Niamey. L’annuncio del Niger è arrivato poco dopo la visita nel Paese di una delegazione statunitense che, secondo i vertici nigerini, “non ha rispettato le pratiche diplomatiche”. “Il governo del Niger si rammarica del desiderio della delegazione americana di negare al popolo nigerino il diritto di scegliere i propri partner e il tipo di partnership in grado di aiutarlo a combattere veramente contro i terroristi”, ha reso noto Niamey. “Siamo a conoscenza della dichiarazione del Consiglio Nazionale per la Salvaguardia della Patria in Niger, che fa seguito alle franche discussioni a livello senior svoltesi questa settimana a Niamey sulle nostre preoccupazioni riguardo alla traiettoria del Consiglio Nazionale per la Salvaguardia della Patria. Siamo in contatto col Consiglio Nazionale per la Salvaguardia della Patria e forniremo ulteriori aggiornamenti come richiesto”, ha commentato il Dipartimento di Stato americano. Secondo l’Afp, gli Stati Uniti avrebbero al momento un migliaio di soldati in territorio nigerino, stanziati in una base dal valore di circa cento milioni di dollari. In particolare, le relazioni tra Washington e Niamey sono peggiorate dopo il golpe nigerino, verificatosi lo scorso luglio. È abbastanza evidente come la svolta di Niamey, annunciata sabato, rappresenti un duro colpo all’influenza americana sul Sahel. Non dimentichiamo d’altronde che, nel corso degli ultimi due anni, anche la Francia ha subito duri colpi nella regione, mentre Mali, Burkina Faso e Niger sono progressivamente entrati nell’orbita di Mosca. Non solo. A settembre scorso, questi tre Paesi hanno siglato un patto di sicurezza che, di fatto benedetto dalla Russia, ha inferto uno schiaffo sia a Parigi che all’Ecowas. A rendere il quadro più preoccupante sta il fatto che, sulla scia della crescente influenza russa, anche l’Iran sta rafforzando la propria longa manus su vari Paesi dell’area: soprattutto il Mali e lo stesso Niger. Non è quindi da escludere che, dietro l’addio di Niamey a Washington, si celi (anche) una manovra congiunta di Mosca e Teheran. Purtroppo l’amministrazione Biden non sembra ancora capire l’assoluta centralità dell’Africa. E la necessità di rilanciare urgentemente il fianco meridionale della Nato: un contesto, questo, in cui l’Italia potrebbe giocare un ruolo di primo piano.
Il toro iconico di Wall Street a New York (iStock)
Democratici spaccati sul via libera alla ripresa delle attività Usa. E i mercati ringraziano. In evidenza Piazza Affari: + 2,28%.
Il più lungo shutdown della storia americana - oltre 40 giorni - si sta avviando a conclusione. O almeno così sembra. Domenica sera, il Senato statunitense ha approvato, con 60 voti a favore e 40 contrari, una mozione procedurale volta a spianare la strada a un accordo di compromesso che, se confermato, dovrebbe prorogare il finanziamento delle agenzie governative fino al 30 gennaio. A schierarsi con i repubblicani sono stati sette senatori dem e un indipendente affiliato all’Asinello. In base all’intesa, verranno riattivati vari programmi sociali (tra cui l’assistenza alimentare per le persone a basso reddito), saranno bloccati i licenziamenti del personale federale e saranno garantiti gli arretrati ai dipendenti che erano stati lasciati a casa a causa del congelamento delle agenzie governative. Resta tuttavia sul tavolo il nodo dei sussidi previsti ai sensi dell’Obamacare. L’accordo prevede infatti che se ne discuterà a dicembre, ma non garantisce che la loro estensione sarà approvata: un’estensione che, ricordiamolo, era considerata un punto cruciale per gran parte del Partito democratico.
2025-11-10
Indivia belga, l’insalata ideale nei mesi freddi per integrare acqua e fibre e combattere lo stress
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In autunno e in inverno siamo portati (sbagliando) a bere di meno: questa verdura è ottima per idratarsi. E per chi ha l’intestino un po’ pigro è un toccasana.
Si chiama indivia belga, ma ormai potremmo conferirle la cittadinanza italiana onoraria visto che è una delle insalate immancabili nel banco del fresco del supermercato e presente 365 giorni su 365, essendo una verdura a foglie di stagione tutto l’anno. Il nome non è un non senso: è stata coltivata e commercializzata per la prima volta in Belgio, nel XIX secolo, partendo dalla cicoria di Magdeburgo. Per questo motivo è anche chiamata lattuga belga, radicchio belga oppure cicoria di Bruxelles, essendo Bruxelles in Belgio, oltre che cicoria witloof: witloof in fiammingo significa foglia bianca e tale specificazione fa riferimento al colore estremamente chiaro delle sue foglie, un giallino così delicato da sfociare nel bianco, dovuto a un procedimento che si chiama forzatura. Cos’è questa forzatura?
Zohran Mamdani (Ansa)
Nella religione musulmana, la «taqiyya» è una menzogna rivolta agli infedeli per conquistare il potere. Il neosindaco di New York ne ha fatto buon uso, associandosi al mondo Lgbt che, pur incompatibile col suo credo, mina dall’interno la società occidentale.
Le «promesse da marinaio» sono impegni che non vengono mantenuti. Il detto nasce dalle numerose promesse fatte da marinai ad altrettanto numerose donne: «Sì, certo, sei l’unica donna della mia vita; Sì, certo, ti sposo», salvo poi salire su una nave e sparire all’orizzonte. Ma anche promesse di infiniti Rosari, voti di castità, almeno di non bestemmiare, perlomeno non troppo, fatte durante uragani, tempeste e fortunali in cambio della salvezza, per essere subito dimenticate appena il mare si cheta. Anche le promesse elettorali fanno parte di questa categoria, per esempio le promesse con cui si diventa sindaco.
Ecco #DimmiLaVerità del 10 novembre 2025. Il deputato di Sud chiama Nord Francesco Gallo ci parla del progetto del Ponte sullo Stretto e di elezioni regionali.






