2020-12-01
Il «New York Times» smonta Conte. L’ecatombe di Bergamo fu colpa sua
Il quotidiano americano fa a pezzi la narrazione di Palazzo Chigi sull'ottima gestione italiana dell'epidemia. Il tragico bilancio è stato frutto dei ritardi del premier e di Roberto Speranza nel dichiarare la Val Seriana zona rossa.«I biscotti cominciavano a sapere di sabbia». Lo dice il signor Matteo Doneda, tifosissimo dell'Atalanta, una settimana dopo il sabba sanitario dei 40.000 di San Siro contro il Valencia. È il 26 febbraio e lo tsunami su Bergamo, sulla Lombardia, sull'Italia è già cominciato nel silenzio generale. I frollini senza sapore costituiscono il momento più originale del reportage del New York Times, che arriva con otto mesi di ritardo a ripercorrere la pandemia nella Bergamasca, dentro la città martire, epicentro della Regione più colpita. E a ribaltare la sua stessa narrazione (fasulla) di un successo italiano nella gestione del virus cinese.L'articolo si intitola «I giorni persi che hanno reso Bergamo una tragedia del coronavirus» ed è un riassunto di ciò che in Italia tutti sanno, tema di pubblicistica infinita e di inchieste ancora in corso. Ma a livello internazionale ha un peso specifico enorme perché - con una capriola da circo che in pochi sottolineano -, smonta una volta per tutte la sceneggiatura di palazzo Chigi. Da oggi è del tutto surreale la pretesa che altri Paesi possano invidiare la via italiana al superamento della pandemia. In questo il Nyt è chirurgico: «Perché oltre 3.300 persone siano morte in una ricca e colta provincia di poco più di un milione di abitanti, con ospedali di altissimo livello, resta un mistero difficile da risolvere. Un'ombra su cui il governo preferisce glissare, mentre illustra con orgoglio il successo dell'Italia nell'arginare la prima ondata della pandemia». La testata americana propone un collage di capi d'accusa soprattutto al premier Giuseppe Conte e al ministro della Salute, Roberto Speranza, concentrati nei «dieci giorni di indecisione» nei quali il territorio non fu trasformato in zona rossa, con un rimbalzo di responsabilità e un'iniziale superficialità nel considerare la situazione. Ecco l'amara conclusione: «Errori di gestione e ritardi hanno reso il bilancio molto peggiore di quel che doveva essere. Quando l'Italia ha bloccato l'intera regione e poi l'intero Paese, Bergamo era persa». Come se ciò che il prestigioso giornale ha scritto fino a ieri non contasse, il Nyt non risparmia neppure accuse all'Organizzazione mondiale della sanità, che aveva emesso linee guida (purtroppo seguite dal nostro Paese con un eccesso di zelo) nelle quali si indicava di «eseguire i tamponi soltanto su chi aveva legami con la Cina». Margareth Harris, portavoce dell'Oms: «Il motivo era limitare i test a una specifica popolazione a rischio» per non sprecare risorse all'inizio di una epidemia sconosciuta. Il quotidiano non aggiunge che le polmoniti bilaterali in quel territorio giravano da fine dicembre. Nel reportage si parla delle presunte pressioni degli imprenditori, si ripropongono mezze verità rimasticate sul posto. Ne usciamo malissimo, soprattutto il governo. A svettare per la loro inettitudine nella ricostruzione a posteriori sono Speranza e Conte. Il primo per la paura nel prendere la decisione di chiudere Nembro e Alzano: «Avevo chiesto al Comitato tecnico scientifico di spiegare nei dettagli i motivi. Ci dissero solo di chiudere, ma non si può togliere la libertà alle persone per due parole». Il secondo per la perdita di tempo una volta a conoscenza della gravità della situazione e per l'ostinazione nel non ammetterlo: «Non ci sono stati ritardi». Fra pennellate impressioniste buone per i lettori della Fifth Avenue, nell'articolo risalta l'ignoranza italiana su cosa rappresentino Nembro e Alzano a livello economico. Per giustificare lo scarso coordinamento informativo con Conte, Speranza risponde alla domanda del giornalista americano con una frase infantile: «Sono due piccole cittadine che oggi conoscono tutti, ma restano due piccole cittadine». Una simile sciocchezza è stata veicolata a marzo anche su tutti i canali televisivi quando, fra un involtino primavera e un'invettiva contro la gente lombarda, si paragonavano quei luoghi a Codogno e Vo Euganeo. Invece quello della Bassa Val Seriana è uno dei distretti industriali (soprattutto per macchinari tessili e metalmeccanica di alta tecnologia) più popolosi ed effervescenti d'Europa; quindi con rapporti strettissimi con la Cina.Nella sua ricostruzione il corrispondente del Nyt Jason Horowitz lascia per strada un paio di elementi decisivi. Dimenticanza grave, otto mesi dopo. Addebita agli industriali locali il «Bergamo is running» ma glissa sul fattivo contributo del Comune di Bergamo, con il sindaco Giorgio Gori in prima linea (ammetterà l'errore) a sottolineare che «Bergamo non si ferma». Con l'aggiunta delle corse gratis degli autobus per agevolare la movida giovanile in Città Alta, che si rivelerà l'ultima. Nei giorni successivi il governatore della Lombardia, Attilio Fontana, e tutti i sindaci firmano una lettera per supplicare il governo di istituire subito la zona rossa. Il capo della protezione civile, Angelo Borrelli, non coglie l'urgenza e risponde: «Ne parleremo». Quando con calma Conte chiude tutto, Bergamo è persa.
Francesco Nicodemo (Imagoeconomica)
(Ansa)
L'ad di Cassa Depositi e Prestiti: «Intesa con Confindustria per far crescere le imprese italiane, anche le più piccole e anche all'estero». Presentato il roadshow per illustrare le opportunità di sostegno.
Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)