2021-07-17
Il movimento pro neri tifa rosso: «I mali di Cuba? Colpa degli Usa»
La presa di posizione ufficiale del Blm riflette la più trita retorica filo-castrista: «L'embargo americano causa le sofferenze dei cubani». Non una parola contro il regime che le minoranze le ha rieducate o mandate a morte.Black lives matter - il movimento che piace al capitalismo che piace (citofonare Apple, Nike, Coca-Cola e Chiara Ferragni) - ha chiarito da che parte stare su Cuba. Difenderà mica i manifestanti che stanno sfidando il regime castrista? Non sia mai. La situazione tragica in cui versa l'isola non è dovuta, secondo il movimento, all'oppressione comunista. No: è dovuta nientemeno che al governo statunitense. «Black lives matter condanna il trattamento disumano dei cubani da parte del governo federale degli Stati Uniti e lo esorta a revocare immediatamente l'embargo economico», recita un comunicato. «Questa politica crudele e disumana, istituita con l'esplicita intenzione di destabilizzare il Paese e minare il diritto dei cubani di scegliere il proprio governo, è al centro dell'attuale crisi di Cuba». Del resto, non ci si poteva attendere qualcosa di diverso da un movimento la cui cofondatrice, Patrisse Khan-Cullors, si dichiarava «marxista» (salvo poi comprarsi un asset immobiliare dal valore complessivo di tre milioni di dollari). Ma non è tutto. Eh sì, perché, nel novembre 2016, il movimento diffuse un comunicato di encomio funebre a Fidel Castro. «Sebbene nessun leader sia privo di difetti, dobbiamo respingere la retorica della destra e venire in difesa di El Comandante», recitava la nota. «Mentre Fidel ascende al regno degli antenati, evochiamo la sua guida, la sua forza e il suo potere mentre ci impegniamo nuovamente nella lotta per la libertà universale. Fidel Vive!», concludeva. In particolare, Blm elogiava il Líder Máximo per aver dato rifugio all'attivista del Black liberation Army, Assata Shakur: condannata per omicidio, evasa e finita - otto anni fa - nella lista dei terroristi più ricercati dall'Fbi. Il movimento pare tuttavia dimenticare che, come riportato da Human rights watch, il regime castrista ancora oggi si macchia di detenzioni arbitrarie, imbavaglia i media e sottopone i sindacati al controllo statale. Tra l'altro, lascia perplessi che una realtà ufficialmente impegnata a favore della giustizia razziale si spertichi in elogi filocastristi. La rivista Foreign Policy sottolineava infatti a settembre che, nonostante Castro avesse annunciato la fine del razzismo a Cuba tre anni dopo la rivoluzione, la situazione non fosse così rosea. «Castro», si legge nella rivista, «ha essenzialmente proibito qualsiasi discorso pubblico sulla differenza razziale […] Coloro che hanno parlato del razzismo anti nero che ovviamente esisteva ancora, come Carlos Moore, sono stati bollati come controrivoluzionari e spesso imprigionati, inviati nei campi di rieducazione o costretti a lasciare l'isola in esilio». Tutto questo, senza dimenticare che, nel giugno 2020, il giovane afrocubano, Hansel Hernández Galiano, fu ucciso dalla Polizia nazionale rivoluzionaria: un evento che suscitò critiche e malcontento. Infine ricordiamo anche il clima persecutorio verso gli omosessuali che si è registrato sull'isola in passato (soprattutto negli anni Sessanta e Settanta). È quindi un po' paradossale che Blm venga oggi ad encomiare il Líder Máximo e il suo regime. A questo punto verrebbe da chiedersi per quale ragione gli attivisti di Blm non se ne vadano a vivere a Cuba, visto che ne apprezzano governo e ideologia. Una questione che si è ironicamente posto il senatore repubblicano della Florida, Marco Rubio. «Il mio ufficio è pronto ad aiutare i leader dell'organizzazione Black Lives Matter a emigrare a Cuba», ha twittato. Tuttavia, al di là della battuta, il punto è strutturale. E chiama in causa l'attività sistematicamente antiamericana che Blm porta avanti nella sua agenda, creando una narrazione che viene poi puntualmente cavalcata dagli avversari degli Stati Uniti: a partire dalla Cina, che - guarda caso - intrattiene strette connessioni politiche ed economiche con L'Avana. A tal proposito, il think tank conservatore Heritage Foundation ha messo in evidenza i legami tra una cofondatrice di Blm, Alicia Garza, e la Chinese progressive association of San Francisco: un'organizzazione che alcuni -non senza fondamento- ritengono abbia delle connessioni con il governo cinese. Del resto, era il giugno 2020 quando il Global Times (organo del Partito comunista cinese) pubblicò un articolo dal titolo: «L'Occidente deve rispettare Black lives matter». Quasi contemporaneamente, un altro organo propagandistico del partito, il China Daily, sottolineò il fatto che alcuni esponenti della Chinese progressive association avevano preso parte alle manifestazioni di Blm. Un dubbio quindi timidamente affiora: non è che per caso la propaganda filocastrista di Blm avvenga anche in funzione degli interessi di Pechino? Perché a pensar male si farà anche peccato. Ma spesso ci si azzecca.
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