True
2020-03-02
Il mondo si blinda. Ma gli intellettuali invocano ancora i confini spalancati
Gad Lerner (Ansa)
C'è un metodo infallibile per diventare un intellettuale di sinistra. Consiste nel fornire sempre la stessa soluzione a qualunque dilemma si presenti. C'è l'emergenza coronavirus? Ecco che l'illustre pensatore arriva pronto a spiegarci che per uscirne dobbiamo aprire le frontiere. C'è una emergenza migratoria? Ovviamente bisogna aprire le frontiere. Il lavandino è otturato? Beh, se avessimo aperto le frontiere ora il problema non si porrebbe.
Sembra una barzelletta, ma davvero funziona così. Grazie al coronavirus, spiegava ieri il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, «abbiamo cominciato a capire che la logica del muro, e dell'ognun per sé, è quanto di peggio si possa contrabbandare in un mondo in cui nessuno si ammala e nessuno si salva sovranamente da solo». Piccolo problema: forse con un maggior controllo del territorio e degli spostamenti il virus non sarebbe circolato in questo modo, o comunque non avrebbe avuto questo impatto devastante e sregolato.
Tant'è che un bel po' di Paesi nel mondo hanno pensato bene di impedire l'accesso agli italiani, turisti e manager compresi. Una notizia che a certi insigni commentatori sembra quasi far piacere: «Ora», scrive sempre Tarquinio su Avvenire, «scopriamo che gli altri, i diversi, siamo noi». Già: noi siamo i diversi per un semplice motivo. Perché mentre gli altri pensano a difendere i propri confini e i propri popoli, noi continuiamo a ribadire la necessità dell'apertura.
Prendiamo la Francia. Emmanuel Macron insiste che le frontiere resteranno aperte. Intanto però il governo transalpino, pochi giorni fa ha comunicato che «chi è di ritorno da Veneto e Lombardia dovrà limitare il più possibile contatti con il suo entourage, evitare uscite in luoghi pubblici se non strettamente necessario e seguire la profilassi indicata». Il che significa confini aperti per modo di dire. Gli Stati Uniti cancellano i voli diretti, alle misure restrittive ricorre pure la Germania.
E di sicuro non abbiamo visto in giro politici stranieri impegnati a divorare piatti di pasta in segno di solidarietà con il popolo italiano. Anzi, il virus è stata l'occasione per rinverdire gli antichi pregiudizi nei nostri confronti. Ciò, secondo alcuni, dovrebbe servirci di lezioni e insegnarci, appunto, l'apertura. Purtroppo la lezione che dobbiamo apprendere è esattamente quella contraria: nei casi di emergenza ci si protegge, poi eventualmente si pensa alla buona educazione nei confronti di vicini, amici e conoscenti. Proteggere sé stessi, in questo mondo globalizzato, vuol dire proteggere anche gli altri: i cinesi che si mettono in autoquarantena o che, nel loro Paese, applicano misure draconiane, hanno di sicuro contribuito a rallentare la diffusione del coronavirus.
Noi, invece, abbiamo Massimo Cacciari che, dalle pagine dell'Espresso, teorizza: «Viviamo nell'epoca della mobilitazione universale, pandemica per definizione. Difendersi pensando di isolarsi è pure utopia». Il punto è che proteggere i confini, limitare quando necessario la circolazione non significa «isolarsi». Verificare che chi rientra da un Paese a rischio sia sano non è isolamento, è buon senso. Impedire a una marea di migranti irregolari di entrare clandestinamente nel nostro territorio non è isolamento, è una risposta razionale a un fenomeno indotto.
Eppure, di fronte a qualunque situazione, la morale che ci viene propinata è ogni volta la medesima: apertura, apertura! Gad Lerner, su Repubblica, se la prende al solito con i perfidi sovranisti: «Guerre, epidemie, catastrofi naturali, crisi economiche sono fenomeni tali da rendere impensabile fronteggiarli chiedendo i documenti ai confini e dispiegando la flotta in un blocco navale». Lerner scrive tutto ciò commentando quanto sta accadendo in Grecia, dove un governo non certo sovranista ha deciso di chiudere i confini per impedire l'accesso a un esercito di migranti provenienti dalla Turchia. Ebbene, se quei migranti si trovavano lì è perché qualcuno - in nome della globalizzazione e dell'esportazione dei diritti, non certo del sovranismo - ha deciso di bombardare la Siria. Qualcun altro - leggi la tedesca Angela Merkel - ha deciso a nome dell'Europa di pagare circa 6 miliardi di euro al turco Recep Erdogan per trattenere la massa di persone che la Germania non voleva prendersi. E adesso tocca ai greci pagarne le conseguenze. Sapete perché? Perché i nostri vicini, quando fa loro comodo, le frontiere le chiudono. Da noi, al contrario, se osi fermare una nave sulle coste vieni indagato. Tra l'altro, nello specifico parliamo di navi provenienti dalla Libia, territorio distrutto in nome della globalizzazione e della democrazia da esportare (tutte cose molto gradite ai vari Lerner sparsi per la Penisola), non certo del sovranismo.
I vari drammi che stiamo vivendo non sono frutto delle macchinazioni delle destre spargitrici di paura. Sono, piuttosto, il prodotto di un sistema globale basato, quello sì, sul terrore e la sofferenza. Un sistema che prevede apertura totale ai danni dei più deboli: i cittadini inermi, gli anziani sofferenti, i poveri di ogni latitudine. Che si tratti di virus, di migrazioni incontrollate, di crisi economiche, a pagare sono sempre gli stessi: i più deboli. I lavoratori che perdono il posto, i nonni che muoiono per l'epidemia ma alla fine chi se ne importa tanto sono vecchi. Queste persone sì che sono davvero «isolate». Ma ai nostri maestri del pensiero sta bene così.
La nave italiana respinge gli italiani
L'ansia da coronavirus colpisce anche gli italiani in crociera. Secondo quanto segnalatoci da un lettore, i passeggeri italiani della nave Costa Victoria sono stati costretti tre giorni fa a interrompere la crociera a Mumbai per rientrare in Italia. Ma andiamo con ordine. La crociera, iniziata lo scorso 22 febbraio con l'imbarco alle Maldive, ha successivamente proseguito verso l'India. Qui, la nave ha attraccato nel porto di Mumbai e - stando a quanto riporta la segnalazione - il giorno prima di scendere le autorità indiane avrebbero controllato la temperatura ai soli ospiti italiani, apponendo poi un timbro sul loro visto personale. I nostri connazionali avrebbero successivamente ottenuto l'autorizzazione allo sbarco, trascorrendo quindi l'intera giornata a Mumbai. Tuttavia - al momento del ritorno - avrebbero ricevuto comunicazione tassativa da Costa di sbarcare, in vista di un rientro anticipato in Italia.
In base alla documentazione fornita dal lettore, Costa ha recapitato agli ospiti connazionali una missiva, su cui era scritto: «Abbiamo riscontrato un ulteriore rafforzamento delle misure restrittive da parte delle autorità indiane e maldiviane che ci portano a dover modificare i suoi piani di viaggio, cancellando la sua attuale crociera. Siamo molto dispiaciuti nel dover prendere questa decisione, ma le condizioni che si stanno concretizzando ci impongono di interrompere la sua permanenza a bordo. Come immaginerà, questa misura si rende necessaria per proteggere lei e tutti i nostri ospiti italiani dalla possibilità di diventare oggetti di restrizioni sanitarie da parte delle autorità locali […] Per questo le chiediamo di sbarcare il prossimo 29 febbraio presso il porto di Mumbai da dove ci prenderemo cura del suo viaggio di rientro».
La notizia è stata inoltre riportata, nella mattinata di ieri, dal sito tedesco Schiffe und Kreuzfahrten, in cui si sottolinea come l'obbligo di sbarco sia stato rivolto ai soli cittadini italiani. Vi si legge infatti: «A bordo siamo stati informati che ieri (l'altro ieri per chi legge, ndr) a Mumbai tutti gli ospiti italiani hanno dovuto lasciare la nave, fare il check out e quindi terminare il viaggio». Anche il nostro segnalatore ha riportato che i passeggeri di altre nazionalità hanno proseguito la crociera, nonostante abbia aggiunto che il personale della reception avesse detto che tutti gli ospiti sarebbero dovuti scendere. Contattata dalla Verità, Costa ha affermato che lo sbarco degli italiani è stato stabilito in conseguenza di una scelta delle autorità indiane e che la compagnia avrebbe avuto tutto l'interesse e il piacere a far proseguire la crociera ai nostri connazionali.
Resta tuttavia il fatto che una società italiana abbia chinato il capo davanti a una pretesa - quella indiana - dalla dubbia legittimità: una pretesa che mette nel mirino i nostri connazionali in un modo arbitrario. Iniziamo con il ricordare che l'Italia non è certo l'unico Paese ad avere dei guai con il coronavirus. Il lettore che ha fatto la segnalazione ha, per esempio, affermato che sulla nave fossero presenti anche turisti francesi. Sotto questo aspetto, è opportuno ricordare che, il 29 febbraio, la Francia contava già ben 73 casi di contagio (contro i 38 di appena due giorni prima). Quella stessa Francia che ieri è arrivata a 100 casi complessivi.
Inoltre, al di là della discriminazione nei confronti degli italiani, c'è anche una certa illogicità sul fronte puramente sanitario. Come riportato dal nostro lettore, la crociera era iniziata il 22 febbraio, mentre - ricordiamolo - l'obbligo di rientro dei nostri connazionali è stato attuato diversi giorni dopo: ragion per cui, se anche ci fosse stato qualche soggetto infetto, avrebbe avuto tutto il tempo di trasmettere eventualmente il virus.
Certo: in un comunicato, Costa fa riferimento al fatto che - il 26 febbraio - le autorità indiane hanno annunciato che i passeggeri in arrivo dall'Italia a partire dal 10 febbraio scorso avrebbero potuto essere sottoposti a quarantena di 14 giorni al loro arrivo in India. Il discorso si fa quindi anche di natura politica. E chiama direttamente in causa la crisi di reputazione, in cui il nostro Paese è purtroppo piombato sul fronte internazionale a causa della questione del coronavirus.
American airlines e Delta fermano per due mesi i voli per Milano
L'ultimo bollettino del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie sull'epidemia di coronavirus (monitorato dal 31 dicembre 2019 a ieri) parla di 87.024 casi nel mondo. Di questi, 79.824 solo in Cina. I decessi, invece, sono 2.979 i decessi, 2.870 dei quali nella Repubblica popolare. In cima alla classifica europea c'è l'Italia, con 1.577 positivi e 34 pazienti con coronavirus morti. Numeri che fanno del nostro Paese il quarto per decessi nel mondo. Al secondo posto in Europa, stando ai risultati dei tamponi fatti finora, c'è la Germania, con 117 cittadini positivi al virus.
penisola umiliata
American Airlines ha sospeso fino al 24 aprile i voli da e per Milano per paura del contagio. Segue a ruota Delta Airlines, che ferma gli aerei verso la città lombarda fino al primo maggio. E nel capoluogo meneghino, niente spettacoli alla Scala almeno fino a domenica 8 marzo. Mentre il governo lavorava a un nuovo decreto previsto in nottata, il capo della Protezione civile, Angelo Borrelli, aggiornava il bilancio - 34 morti, 83 guariti, 1.577 casi positivi- specificando che non è ancora stata accertato che la causa dei decessi sia il coronavirus.
Ieri è uscita la bozza del decreto del governo che, per porre fine alle iniziative estemporanee degli enti locali, ha dichiarato «inefficaci» le ordinanze dei sindaci in materia di coronavirus. In base al documento dell'esecutivo, che Giuseppe Conte firmerà in giornata, l'Italia viene divisa, almeno fino all'8 marzo, in tre zone: rossa, gialla e il resto del territorio nazionale, per il quale si prevedono accorgimenti preventivi per scuole, uffici pubblici, trasporto pubblico e concorsi.
La chiusura delle scuole prosegue, prorogata fino all'8 marzo in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Dopo i nuovi casi positivi al test del coronavirus, scuole chiuse anche in Friuli Venezia Giulia e a Pesaro e Urbino. In Liguria riapriranno da mercoledì. A Roma è stata chiusa la chiesa di San Luigi dei francesi per «per misure precauzionali» e «fino a nuovo ordine»: il prete, 43 anni, è ricoverato a Parigi, dove è rientrato da poco e ha il virus. Niente messa ieri sera neppure alla chiesa di Sant'Ivo dei Bretoni, sempre a Roma. Allo Spallanzani è in isolamento la famiglia di Fiumicino risultata infetta. Oggi verranno distribuite al Centro operativo di Codogno, zona rossa, 19.000 delle 25.000 mascherine arrivate nei giorni scorsi.
transalpini nei guai
È però la Francia il Paese europeo che ieri ha vissuto la giornata più complicata. Il numero di contagi totale ha superato i 100. Ieri sono rimaste chiuse le porte del museo del Louvre (a causa di una «riunione di informazione» sul coronavirus che ha visto impegnati la direzione e i rappresentanti del personale): centinaia di turisti in fila per ore davanti all'ingresso lasciati senza informazioni. In mattinata era prevista l'apertura del museo per il pomeriggio ma alla fine i battenti sono rimasti chiusi. Nuovi casi di coronavirus sono stati registrati nelle Alpi Marittime, al confine con l'Italia: due pazienti di 69 e 75 rientrati dal soggiorno da una zona a rischio non specificata e un paziente di 69 anni italiano che soggiorna nelle Alpi Marittime. Da registrare la decisione del Santuario di Lourdes di chiudere al pubblico le piscine fino a data da destinarsi.
Regno Unito
Emergenza sanitaria per il Regno Unito. Ieri ha registrato dodici nuovi contagi in un solo giorno, che hanno fatto salire il totale a 35. E, stando a un'inchiesta del Guardian, non sembrano essere abbastanza posti letto per curare le insufficienze respiratorie più gravi. Il ministro della Salute ha spiegato che i posti «sono 50 e possiamo arrivare a 500» ma non sembrano comunque sufficienti nel caso in cui il contagio dovesse estendersi.
Stati Uniti
Tre nuovi casi di coronavirus negli Stati Uniti, dove sabato è stata registrata la prima vittima. Il totale dei contagiati è salito a 22. A fronte però di soltanto 500 test circa, a causa della carenza di kit. Per questo il vicepresidente Mike Pence ha annunciato che ne farà presto pervenire 65.000.
Continua a leggereRiduci
Gad Lerner, Massimo Cacciari e Marco Tarquinio sfruttano l'epidemia per attaccare il sovranismo. La crisi però è colpa della globalizzazione.Rispediti in patria i connazionali imbarcati sulla Costa Victoria durante la tappa in India della crociera, partita dalle Maldive. «Provvedimento preso solo contro di noi».Sbarrata San Luigi dei francesi. Contagi a quota 1.577. Parigi trema: Louvre chiuso.Lo speciale contiene tre articoli.C'è un metodo infallibile per diventare un intellettuale di sinistra. Consiste nel fornire sempre la stessa soluzione a qualunque dilemma si presenti. C'è l'emergenza coronavirus? Ecco che l'illustre pensatore arriva pronto a spiegarci che per uscirne dobbiamo aprire le frontiere. C'è una emergenza migratoria? Ovviamente bisogna aprire le frontiere. Il lavandino è otturato? Beh, se avessimo aperto le frontiere ora il problema non si porrebbe.Sembra una barzelletta, ma davvero funziona così. Grazie al coronavirus, spiegava ieri il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, «abbiamo cominciato a capire che la logica del muro, e dell'ognun per sé, è quanto di peggio si possa contrabbandare in un mondo in cui nessuno si ammala e nessuno si salva sovranamente da solo». Piccolo problema: forse con un maggior controllo del territorio e degli spostamenti il virus non sarebbe circolato in questo modo, o comunque non avrebbe avuto questo impatto devastante e sregolato.Tant'è che un bel po' di Paesi nel mondo hanno pensato bene di impedire l'accesso agli italiani, turisti e manager compresi. Una notizia che a certi insigni commentatori sembra quasi far piacere: «Ora», scrive sempre Tarquinio su Avvenire, «scopriamo che gli altri, i diversi, siamo noi». Già: noi siamo i diversi per un semplice motivo. Perché mentre gli altri pensano a difendere i propri confini e i propri popoli, noi continuiamo a ribadire la necessità dell'apertura.Prendiamo la Francia. Emmanuel Macron insiste che le frontiere resteranno aperte. Intanto però il governo transalpino, pochi giorni fa ha comunicato che «chi è di ritorno da Veneto e Lombardia dovrà limitare il più possibile contatti con il suo entourage, evitare uscite in luoghi pubblici se non strettamente necessario e seguire la profilassi indicata». Il che significa confini aperti per modo di dire. Gli Stati Uniti cancellano i voli diretti, alle misure restrittive ricorre pure la Germania.E di sicuro non abbiamo visto in giro politici stranieri impegnati a divorare piatti di pasta in segno di solidarietà con il popolo italiano. Anzi, il virus è stata l'occasione per rinverdire gli antichi pregiudizi nei nostri confronti. Ciò, secondo alcuni, dovrebbe servirci di lezioni e insegnarci, appunto, l'apertura. Purtroppo la lezione che dobbiamo apprendere è esattamente quella contraria: nei casi di emergenza ci si protegge, poi eventualmente si pensa alla buona educazione nei confronti di vicini, amici e conoscenti. Proteggere sé stessi, in questo mondo globalizzato, vuol dire proteggere anche gli altri: i cinesi che si mettono in autoquarantena o che, nel loro Paese, applicano misure draconiane, hanno di sicuro contribuito a rallentare la diffusione del coronavirus.Noi, invece, abbiamo Massimo Cacciari che, dalle pagine dell'Espresso, teorizza: «Viviamo nell'epoca della mobilitazione universale, pandemica per definizione. Difendersi pensando di isolarsi è pure utopia». Il punto è che proteggere i confini, limitare quando necessario la circolazione non significa «isolarsi». Verificare che chi rientra da un Paese a rischio sia sano non è isolamento, è buon senso. Impedire a una marea di migranti irregolari di entrare clandestinamente nel nostro territorio non è isolamento, è una risposta razionale a un fenomeno indotto.Eppure, di fronte a qualunque situazione, la morale che ci viene propinata è ogni volta la medesima: apertura, apertura! Gad Lerner, su Repubblica, se la prende al solito con i perfidi sovranisti: «Guerre, epidemie, catastrofi naturali, crisi economiche sono fenomeni tali da rendere impensabile fronteggiarli chiedendo i documenti ai confini e dispiegando la flotta in un blocco navale». Lerner scrive tutto ciò commentando quanto sta accadendo in Grecia, dove un governo non certo sovranista ha deciso di chiudere i confini per impedire l'accesso a un esercito di migranti provenienti dalla Turchia. Ebbene, se quei migranti si trovavano lì è perché qualcuno - in nome della globalizzazione e dell'esportazione dei diritti, non certo del sovranismo - ha deciso di bombardare la Siria. Qualcun altro - leggi la tedesca Angela Merkel - ha deciso a nome dell'Europa di pagare circa 6 miliardi di euro al turco Recep Erdogan per trattenere la massa di persone che la Germania non voleva prendersi. E adesso tocca ai greci pagarne le conseguenze. Sapete perché? Perché i nostri vicini, quando fa loro comodo, le frontiere le chiudono. Da noi, al contrario, se osi fermare una nave sulle coste vieni indagato. Tra l'altro, nello specifico parliamo di navi provenienti dalla Libia, territorio distrutto in nome della globalizzazione e della democrazia da esportare (tutte cose molto gradite ai vari Lerner sparsi per la Penisola), non certo del sovranismo.I vari drammi che stiamo vivendo non sono frutto delle macchinazioni delle destre spargitrici di paura. Sono, piuttosto, il prodotto di un sistema globale basato, quello sì, sul terrore e la sofferenza. Un sistema che prevede apertura totale ai danni dei più deboli: i cittadini inermi, gli anziani sofferenti, i poveri di ogni latitudine. Che si tratti di virus, di migrazioni incontrollate, di crisi economiche, a pagare sono sempre gli stessi: i più deboli. I lavoratori che perdono il posto, i nonni che muoiono per l'epidemia ma alla fine chi se ne importa tanto sono vecchi. Queste persone sì che sono davvero «isolate». Ma ai nostri maestri del pensiero sta bene così.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/il-mondo-si-blinda-ma-gli-intellettuali-invocano-ancora-i-confini-spalancati-2645351479.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-nave-italiana-respinge-gli-italiani" data-post-id="2645351479" data-published-at="1765410770" data-use-pagination="False"> La nave italiana respinge gli italiani L'ansia da coronavirus colpisce anche gli italiani in crociera. Secondo quanto segnalatoci da un lettore, i passeggeri italiani della nave Costa Victoria sono stati costretti tre giorni fa a interrompere la crociera a Mumbai per rientrare in Italia. Ma andiamo con ordine. La crociera, iniziata lo scorso 22 febbraio con l'imbarco alle Maldive, ha successivamente proseguito verso l'India. Qui, la nave ha attraccato nel porto di Mumbai e - stando a quanto riporta la segnalazione - il giorno prima di scendere le autorità indiane avrebbero controllato la temperatura ai soli ospiti italiani, apponendo poi un timbro sul loro visto personale. I nostri connazionali avrebbero successivamente ottenuto l'autorizzazione allo sbarco, trascorrendo quindi l'intera giornata a Mumbai. Tuttavia - al momento del ritorno - avrebbero ricevuto comunicazione tassativa da Costa di sbarcare, in vista di un rientro anticipato in Italia. In base alla documentazione fornita dal lettore, Costa ha recapitato agli ospiti connazionali una missiva, su cui era scritto: «Abbiamo riscontrato un ulteriore rafforzamento delle misure restrittive da parte delle autorità indiane e maldiviane che ci portano a dover modificare i suoi piani di viaggio, cancellando la sua attuale crociera. Siamo molto dispiaciuti nel dover prendere questa decisione, ma le condizioni che si stanno concretizzando ci impongono di interrompere la sua permanenza a bordo. Come immaginerà, questa misura si rende necessaria per proteggere lei e tutti i nostri ospiti italiani dalla possibilità di diventare oggetti di restrizioni sanitarie da parte delle autorità locali […] Per questo le chiediamo di sbarcare il prossimo 29 febbraio presso il porto di Mumbai da dove ci prenderemo cura del suo viaggio di rientro». La notizia è stata inoltre riportata, nella mattinata di ieri, dal sito tedesco Schiffe und Kreuzfahrten, in cui si sottolinea come l'obbligo di sbarco sia stato rivolto ai soli cittadini italiani. Vi si legge infatti: «A bordo siamo stati informati che ieri (l'altro ieri per chi legge, ndr) a Mumbai tutti gli ospiti italiani hanno dovuto lasciare la nave, fare il check out e quindi terminare il viaggio». Anche il nostro segnalatore ha riportato che i passeggeri di altre nazionalità hanno proseguito la crociera, nonostante abbia aggiunto che il personale della reception avesse detto che tutti gli ospiti sarebbero dovuti scendere. Contattata dalla Verità, Costa ha affermato che lo sbarco degli italiani è stato stabilito in conseguenza di una scelta delle autorità indiane e che la compagnia avrebbe avuto tutto l'interesse e il piacere a far proseguire la crociera ai nostri connazionali. Resta tuttavia il fatto che una società italiana abbia chinato il capo davanti a una pretesa - quella indiana - dalla dubbia legittimità: una pretesa che mette nel mirino i nostri connazionali in un modo arbitrario. Iniziamo con il ricordare che l'Italia non è certo l'unico Paese ad avere dei guai con il coronavirus. Il lettore che ha fatto la segnalazione ha, per esempio, affermato che sulla nave fossero presenti anche turisti francesi. Sotto questo aspetto, è opportuno ricordare che, il 29 febbraio, la Francia contava già ben 73 casi di contagio (contro i 38 di appena due giorni prima). Quella stessa Francia che ieri è arrivata a 100 casi complessivi. Inoltre, al di là della discriminazione nei confronti degli italiani, c'è anche una certa illogicità sul fronte puramente sanitario. Come riportato dal nostro lettore, la crociera era iniziata il 22 febbraio, mentre - ricordiamolo - l'obbligo di rientro dei nostri connazionali è stato attuato diversi giorni dopo: ragion per cui, se anche ci fosse stato qualche soggetto infetto, avrebbe avuto tutto il tempo di trasmettere eventualmente il virus. Certo: in un comunicato, Costa fa riferimento al fatto che - il 26 febbraio - le autorità indiane hanno annunciato che i passeggeri in arrivo dall'Italia a partire dal 10 febbraio scorso avrebbero potuto essere sottoposti a quarantena di 14 giorni al loro arrivo in India. Il discorso si fa quindi anche di natura politica. E chiama direttamente in causa la crisi di reputazione, in cui il nostro Paese è purtroppo piombato sul fronte internazionale a causa della questione del coronavirus. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/il-mondo-si-blinda-ma-gli-intellettuali-invocano-ancora-i-confini-spalancati-2645351479.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="american-airlines-e-delta-fermano-per-due-mesi-i-voli-per-milano" data-post-id="2645351479" data-published-at="1765410770" data-use-pagination="False"> American airlines e Delta fermano per due mesi i voli per Milano L'ultimo bollettino del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie sull'epidemia di coronavirus (monitorato dal 31 dicembre 2019 a ieri) parla di 87.024 casi nel mondo. Di questi, 79.824 solo in Cina. I decessi, invece, sono 2.979 i decessi, 2.870 dei quali nella Repubblica popolare. In cima alla classifica europea c'è l'Italia, con 1.577 positivi e 34 pazienti con coronavirus morti. Numeri che fanno del nostro Paese il quarto per decessi nel mondo. Al secondo posto in Europa, stando ai risultati dei tamponi fatti finora, c'è la Germania, con 117 cittadini positivi al virus. penisola umiliata American Airlines ha sospeso fino al 24 aprile i voli da e per Milano per paura del contagio. Segue a ruota Delta Airlines, che ferma gli aerei verso la città lombarda fino al primo maggio. E nel capoluogo meneghino, niente spettacoli alla Scala almeno fino a domenica 8 marzo. Mentre il governo lavorava a un nuovo decreto previsto in nottata, il capo della Protezione civile, Angelo Borrelli, aggiornava il bilancio - 34 morti, 83 guariti, 1.577 casi positivi- specificando che non è ancora stata accertato che la causa dei decessi sia il coronavirus. Ieri è uscita la bozza del decreto del governo che, per porre fine alle iniziative estemporanee degli enti locali, ha dichiarato «inefficaci» le ordinanze dei sindaci in materia di coronavirus. In base al documento dell'esecutivo, che Giuseppe Conte firmerà in giornata, l'Italia viene divisa, almeno fino all'8 marzo, in tre zone: rossa, gialla e il resto del territorio nazionale, per il quale si prevedono accorgimenti preventivi per scuole, uffici pubblici, trasporto pubblico e concorsi. La chiusura delle scuole prosegue, prorogata fino all'8 marzo in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Dopo i nuovi casi positivi al test del coronavirus, scuole chiuse anche in Friuli Venezia Giulia e a Pesaro e Urbino. In Liguria riapriranno da mercoledì. A Roma è stata chiusa la chiesa di San Luigi dei francesi per «per misure precauzionali» e «fino a nuovo ordine»: il prete, 43 anni, è ricoverato a Parigi, dove è rientrato da poco e ha il virus. Niente messa ieri sera neppure alla chiesa di Sant'Ivo dei Bretoni, sempre a Roma. Allo Spallanzani è in isolamento la famiglia di Fiumicino risultata infetta. Oggi verranno distribuite al Centro operativo di Codogno, zona rossa, 19.000 delle 25.000 mascherine arrivate nei giorni scorsi. transalpini nei guai È però la Francia il Paese europeo che ieri ha vissuto la giornata più complicata. Il numero di contagi totale ha superato i 100. Ieri sono rimaste chiuse le porte del museo del Louvre (a causa di una «riunione di informazione» sul coronavirus che ha visto impegnati la direzione e i rappresentanti del personale): centinaia di turisti in fila per ore davanti all'ingresso lasciati senza informazioni. In mattinata era prevista l'apertura del museo per il pomeriggio ma alla fine i battenti sono rimasti chiusi. Nuovi casi di coronavirus sono stati registrati nelle Alpi Marittime, al confine con l'Italia: due pazienti di 69 e 75 rientrati dal soggiorno da una zona a rischio non specificata e un paziente di 69 anni italiano che soggiorna nelle Alpi Marittime. Da registrare la decisione del Santuario di Lourdes di chiudere al pubblico le piscine fino a data da destinarsi. Regno Unito Emergenza sanitaria per il Regno Unito. Ieri ha registrato dodici nuovi contagi in un solo giorno, che hanno fatto salire il totale a 35. E, stando a un'inchiesta del Guardian, non sembrano essere abbastanza posti letto per curare le insufficienze respiratorie più gravi. Il ministro della Salute ha spiegato che i posti «sono 50 e possiamo arrivare a 500» ma non sembrano comunque sufficienti nel caso in cui il contagio dovesse estendersi. Stati Uniti Tre nuovi casi di coronavirus negli Stati Uniti, dove sabato è stata registrata la prima vittima. Il totale dei contagiati è salito a 22. A fronte però di soltanto 500 test circa, a causa della carenza di kit. Per questo il vicepresidente Mike Pence ha annunciato che ne farà presto pervenire 65.000.
Da sinistra: Bruno Migale, Ezio Simonelli, Vittorio Pisani, Luigi De Siervo, Diego Parente e Maurizio Improta
Questa mattina la Lega Serie A ha ricevuto il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, insieme ad altri vertici della Polizia, per un incontro dedicato alla sicurezza negli stadi e alla gestione dell’ordine pubblico. Obiettivo comune: sviluppare strumenti e iniziative per un calcio più sicuro, inclusivo e rispettoso.
Oggi, negli uffici milanesi della Lega Calcio Serie A, il mondo del calcio professionistico ha ospitato le istituzioni di pubblica sicurezza per un confronto diretto e costruttivo.
Il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, accompagnato da alcune delle figure chiave del dipartimento - il questore di Milano Bruno Migale, il dirigente generale di P.S. prefetto Diego Parente e il presidente dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive Maurizio Improta - ha incontrato i vertici della Lega, guidati dal presidente Ezio Simonelli, dall’amministratore delegato Luigi De Siervo e dall’head of competitions Andrea Butti.
Al centro dell’incontro, durato circa un’ora, temi di grande rilevanza per il calcio italiano: la sicurezza negli stadi e la gestione dell’ordine pubblico durante le partite di Serie A. Secondo quanto emerso, si è trattato di un momento di dialogo concreto, volto a rafforzare la collaborazione tra istituzioni e club, con l’obiettivo di rendere le competizioni sportive sempre più sicure per tifosi, giocatori e operatori.
Il confronto ha permesso di condividere esperienze, criticità e prospettive future, aprendo la strada a un percorso comune per sviluppare strumenti e iniziative capaci di garantire un ambiente rispettoso e inclusivo. La volontà di entrambe le parti è chiara: non solo prevenire episodi di violenza o disordine, ma anche favorire la cultura del rispetto, elemento indispensabile per la crescita del calcio italiano e per la tutela dei tifosi.
«L’incontro di oggi rappresenta un passo importante nella collaborazione tra Lega e Forze dell’Ordine», si sottolinea nella nota ufficiale diffusa al termine della visita dalla Lega Serie A. L’intenzione condivisa è quella di creare un dialogo costante, capace di tradursi in azioni concrete, procedure aggiornate e interventi mirati negli stadi di tutta Italia.
In un contesto sportivo sempre più complesso, dove la passione dei tifosi può trasformarsi rapidamente in tensione, il dialogo tra Lega e Polizia appare strategico. La sfida, spiegano i partecipanti, è costruire una rete di sicurezza che sia preventiva, reattiva e sostenibile, tutelando chi partecipa agli eventi senza compromettere l’atmosfera che caratterizza il calcio italiano.
L’appuntamento di Milano conferma come la sicurezza negli stadi non sia solo un tema operativo, ma un valore condiviso: la Serie A e le forze dell’ordine intendono camminare insieme, passo dopo passo, verso un calcio sempre più sicuro, inclusivo e rispettoso.
Continua a leggereRiduci
Due bambini svaniti nel nulla. Mamma e papà non hanno potuto fargli neppure gli auguri di compleanno, qualche giorno fa, quando i due fratellini hanno compiuto 5 e 9 anni in comunità. Eppure una telefonata non si nega neanche al peggior delinquente. Dunque perché a questi genitori viene negato il diritto di vedere e sentire i loro figli? Qual è la grave colpa che avrebbero commesso visto che i bimbi stavano bene?
Un allontanamento che oggi mostra troppi lati oscuri. A partire dal modo in cui quel 16 ottobre i bimbi sono stati portati via con la forza, tra le urla strazianti. Alle ore 11.10, come denunciano le telecamere di sorveglianza della casa, i genitori vengono attirati fuori al cancello da due carabinieri. Alle 11.29 spuntano dal bosco una decina di agenti, armati di tutto punto e col giubbotto antiproiettile. E mentre gridano «Pigliali, pigliali tutti!» fanno irruzione nella casa, dove si trovano, da soli, i bambini. I due fratellini vengono portati fuori dagli agenti, il più piccolo messo a sedere, sulle scale, col pigiamino e senza scarpe. E solo quindici minuti dopo, alle 11,43, come registrano le telecamere, arrivano le assistenti sociali che portano via i bambini tra le urla disperate.
Una procedura al di fuori di ogni regola. Che però ottiene l’appoggio della giudice Nadia Todeschini, del Tribunale dei minori di Firenze. Come riferisce un ispettore ripreso dalle telecamere di sorveglianza della casa: «Ho telefonato alla giudice e le ho detto: “Dottoressa, l’operazione è andata bene. I bambini sono con i carabinieri. E adesso sono arrivati gli assistenti sociali”. E la giudice ha risposto: “Non so come ringraziarvi!”».
Dunque, chi ha dato l’ordine di agire in questo modo? E che trauma è stato inferto a questi bambini? Giriamo la domanda a Marina Terragni, Garante per l’infanzia e l’adolescenza. «Per la nostra Costituzione un bambino non può essere prelevato con la forza», conferma, «per di più se non è in borghese. Ci sono delle sentenze della Cassazione. Queste modalità non sono conformi allo Stato di diritto. Se il bambino non vuole andare, i servizi sociali si debbono fermare. Purtroppo ci stiamo abituando a qualcosa che è fuori legge».
Proviamo a chiedere spiegazioni ai servizi sociali dell’unione Montana dei comuni Valtiberina, ma l’accoglienza non è delle migliori. Prima minacciano di chiamare i carabinieri. Poi, la più giovane ci chiude la porta in faccia con un calcio. È Veronica Savignani, che quella mattina, come mostrano le telecamere, afferra il bimbo come un pacco. E mentre lui scalcia e grida disperato - «Aiuto! Lasciatemi andare» - lei lo rimprovera: «Ma perché urli?». Dopo un po’ i toni cambiano. Esce a parlarci Sara Spaterna. C’era anche lei quel giorno, con la collega Roberta Agostini, per portare via i bambini. Ma l’unica cosa di cui si preoccupa è che «è stata rovinata la sua immagine». E alle nostre domande ripete come una cantilena: «Non posso rispondere». Anche la responsabile dei servizi, Francesca Meazzini, contattata al telefono, si trincera dietro un «non posso dirle nulla».
Al Tribunale dei Minoridi Firenze, invece, parte lo scarica barile. La presidente, Silvia Chiarantini, dice che «l’allontanamento è avvenuto secondo le regole di legge». E ci conferma che i genitori possono vedere i figli in incontri protetti. E allora perché da due mesi a mamma e papà non è stata concessa neppure una telefonata? E chi pagherà per il trauma fatto a questi bambini?
Continua a leggereRiduci
Il premier: «Il governo ci ha creduto fin dall’inizio, impulso decisivo per nuovi traguardi».
«Il governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo traguardo. Ringrazio i ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier, ma è stata una partita che non abbiamo giocato da soli: abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano. Questo riconoscimento imprimerà al sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi».
Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio celebrando l’entrata della cucina italiana nei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. È la prima cucina al mondo a essere riconosciuta nella sua interezza. A deliberarlo, all’unanimità, è stato il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India.
Ansa
I vaccini a Rna messaggero contro il Covid favoriscono e velocizzano, se a dosi ripetute, la crescita di piccoli tumori già presenti nell’organismo e velocizzano la crescita di metastasi. È quanto emerge dalla letteratura scientifica e, in particolare, dagli esperimenti fatti in vitro sulle cellule e quelli sui topi, così come viene esposto nello studio pubblicato lo scorso 2 dicembre sulla rivista Mdpi da Ciro Isidoro, biologo, medico, patologo e oncologo sperimentale, nonché professore ordinario di patologia generale all’Università del Piemonte orientale di Novara. Lo studio è una review, ovvero una sintesi critica dei lavori scientifici pubblicati finora sull’argomento, e le conclusioni a cui arriva sono assai preoccupanti. Dai dati scientifici emerge che sia il vaccino a mRna contro il Covid sia lo stesso virus possono favorire la crescita di tumori e metastasi già esistenti. Inoltre, alla luce dei dati clinici a disposizione, emerge sempre più chiaramente che a questo rischio di tumori e metastasi «accelerati» appaiono più esposti i vaccinati con più dosi. Fa notare Isidoro: «Proprio a causa delle ripetute vaccinazioni i vaccinati sono più soggetti a contagiarsi e dunque - sebbene sia vero che il vaccino li protegge, ma temporaneamente, dal Covid grave - queste persone si ritrovano nella condizione di poter subire contemporaneamente i rischi oncologici provocati da vaccino e virus naturale messi insieme».
Sono diversi i meccanismi cellulari attraverso cui il vaccino può velocizzare l’andamento del cancro analizzati negli studi citati nella review di Isidoro, intitolata «Sars-Cov2 e vaccini anti-Covid-19 a mRna: Esiste un plausibile legame meccanicistico con il cancro?». Tra questi studi, alcuni rilevano che, in conseguenza della vaccinazione anti-Covid a mRna - e anche in conseguenza del Covid -, «si riduce Ace 2», enzima convertitore di una molecola chiamata angiotensina II, favorendo il permanere di questa molecola che favorisce a sua volta la proliferazione dei tumori. Altri dati analizzati nella review dimostrano inoltre che sia il virus che i vaccini di nuova generazione portano ad attivazione di geni e dunque all’attivazione di cellule tumorali. Altri dati ancora mostrano come sia il virus che il vaccino inibiscano l’espressione di proteine che proteggono dalle mutazioni del Dna.
Insomma, il vaccino anti-Covid, così come il virus, interferisce nei meccanismi cellulari di protezione dal cancro esponendo a maggiori rischi chi ha già una predisposizione genetica alla formazione di cellule tumorali e i malati oncologici con tumori dormienti, spiega Isidoro, facendo notare come i vaccinati con tre o più dosi si sono rivelati più esposti al contagio «perché il sistema immunitario in qualche modo viene ingannato e si adatta alla spike e dunque rende queste persone più suscettibili ad infettarsi».
Nella review anche alcune conferme agli esperimenti in vitro che arrivano dal mondo reale, come uno studio retrospettivo basato su un’ampia coorte di individui non vaccinati (595.007) e vaccinati (2.380.028) a Seul, che ha rilevato un’associazione tra vaccinazione e aumento del rischio di cancro alla tiroide, allo stomaco, al colon-retto, al polmone, al seno e alla prostata. «Questi dati se considerati nel loro insieme», spiega Isidoro, «convergono alla stessa conclusione: dovrebbero suscitare sospetti e stimolare una discussione nella comunità scientifica».
D’altra parte, anche Katalin Karikó, la biochimica vincitrice nel 2023 del Nobel per la Medicina proprio in virtù dei suoi studi sull’Rna applicati ai vaccini anti Covid, aveva parlato di questi possibili effetti collaterali di «acceleratore di tumori già esistenti». In particolare, in un’intervista rilasciata a Die Welt lo scorso gennaio, la ricercatrice ungherese aveva riferito della conversazione con una donna sulla quale, due giorni dopo l’inoculazione, era comparso «un grosso nodulo al seno». La signora aveva attribuito l’insorgenza del cancro al vaccino, mentre la scienziata lo escludeva ma tuttavia forniva una spiegazione del fenomeno: «Il cancro c’era già», spiegava Karikó, «e la vaccinazione ha dato una spinta in più al sistema immunitario, così che le cellule di difesa immunitaria si sono precipitate in gran numero sul nemico», sostenendo, infine, che il vaccino avrebbe consentito alla malcapitata di «scoprire più velocemente il cancro», affermazione che ha lasciato e ancor di più oggi lascia - alla luce di questo studio di Isidoro - irrisolti tanti interrogativi, soprattutto di fronte all’incremento in numero dei cosiddetti turbo-cancri e alla riattivazione di metastasi in malati oncologici, tutti eventi che si sono manifestati post vaccinazione anti- Covid e non hanno trovato altro tipo di plausibilità biologica diversa da una possibile correlazione con i preparati a mRna.
«Marginale il gabinetto di Speranza»
Mentre eravamo chiusi in casa durante il lockdown, il più lungo di tutti i Paesi occidentali, ognuno di noi era certo in cuor suo che i decisori che apparecchiavano ogni giorno alle 18 il tragico rito della lettura dei contagi e dei decessi sapessero ciò che stavano facendo. In realtà, al netto di un accettabile margine di impreparazione vista l’emergenza del tutto nuova, nelle tante stanze dei bottoni che il governo Pd-M5S di allora, guidato da Giuseppe Conte, aveva istituito, andavano tutti in ordine sparso. E l’audizione in commissione Covid del proctologo del San Raffaele Pierpaolo Sileri, allora viceministro alla Salute in quota 5 stelle, ha reso ancor più tangibile il livello d’improvvisazione e sciatteria di chi allora prese le decisioni e oggi è impegnato in tripli salti carpiati pur di rinnegarne la paternità. È il caso, ad esempio, del senatore Francesco Boccia del Pd, che ieri è intervenuto con zelante sollecitudine rivolgendo a Sileri alcune domande che son suonate più come ingannevoli asseverazioni. Una per tutte: «Io penso che il gabinetto del ministero della salute (guidato da Roberto Speranza, ndr) fosse assolutamente marginale, decidevano Protezione civile e coordinamento dei ministri». Il senso dell’intervento di Boccia non è difficile da cogliere: minimizzare le responsabilità del primo imputato della malagestione pandemica, Speranza, collega di partito di Boccia, e rovesciare gli oneri ora sul Cts, ora sulla Protezione civile, eventualmente sul governo ma in senso collegiale. «Puoi chiarire questi aspetti così li mettiamo a verbale?», ha chiesto Boccia a Sileri. L’ex sottosegretario alla salute, però, non ha dato la risposta desiderata: «Il mio ruolo era marginale», ha dichiarato Sileri, impegnato a sua volta a liberarsi del peso degli errori e delle omissioni in nome di un malcelato «io non c’ero, e se c’ero dormivo», «il Cts faceva la valutazione scientifica e la dava alla politica. Era il governo che poi decideva». Quello stesso governo dove Speranza, per forza di cose, allora era il componente più rilevante. Sileri ha dichiarato di essere stato isolato dai funzionari del ministero: «Alle riunioni non credo aver preso parte se non una volta» e «i Dpcm li ricevevo direttamente in aula, non ne avevo nemmeno una copia». Che questo racconto sia funzionale all’obiettivo di scaricare le responsabilità su altri, è un dato di fatto, ma l’immagine che ne esce è quella di decisori «inadeguati e tragicomici», come ebbe già ad ammettere l’altro sottosegretario Sandra Zampa (Pd).Anche sull’adozione dell’antiscientifica «terapia» a base di paracetamolo (Tachipirina) e vigile attesa, Sileri ha dichiarato di essere totalmente estraneo alla decisione: «Non so chi ha redatto la circolare del 30 novembre 2020 che dava agli antinfiammatori un ruolo marginale, ne ho scoperto l’esistenza soltanto dopo che era già uscita». Certo, ha ammesso, a novembre poteva essere dato maggiore spazio ai Fans perché «da marzo avevamo capito che non erano poi così malvagi». Bontà sua. Per Alice Buonguerrieri (Fdi) «è la conferma che la gestione del Covid affogasse nella confusione più assoluta». Boccia è tornato all’attacco anche sul piano pandemico: «Alcuni virologi hanno ribadito che era scientificamente impossibile averlo su Sars Cov-2, confermi?». «L'impatto era inatteso, ma ovviamente avere un piano pandemico aggiornato avrebbe fatto grosse differenze», ha replicato Sileri, che nel corso dell’audizione ha anche preso le distanze dalle misure suggerite dall’Oms che «aveva un grosso peso politico da parte dalla Cina». «I burocrati nominati da Speranza sono stati lasciati spadroneggiare per coprire le scelte errate dei vertici politici», è il commento di Antonella Zedda, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, alla «chicca» emersa in commissione: un messaggio di fuoco che l’allora capo di gabinetto del ministero Goffredo Zaccardi indirizzò a Sileri («Stai buono o tiro fuori i dossier che ho nel cassetto», avrebbe scritto).In che mani siamo stati.
Continua a leggereRiduci