2020-05-14
«Il Mes? No, grazie». Madrid, Lisbona e Atene non ricadono nell’eurotrappola
Nadia Calvino, ministro dell'Economia spagnolo (Ansa)
I tre Paesi, che sperimentarono l'austerità imposta dal Fondo, adesso fuggono dalla tagliola che scatterà a prestito erogato.Il Mes sta diventando come il bail in. Se nessuno si sogna di usarlo, tenendosene anzi a debita distanza, allora significa che probabilmente qualche problema c'è. A nulla valgono le parole dell'«oste» (Klaus Regling) che rassicura gli avventori circa la bontà del suo vino.In pochi giorni Spagna, Portogallo e Grecia hanno preso le distanze. Il primo è stato il viceministro portoghese, Ricardo Mourinho Félix, che ha confermato che il suo Paese «attualmente ha condizioni di accesso al mercato regolari, che sono abbastanza favorevoli», quindi «non sembra che l'uso di questo strumento abbia senso». Poi si è aggiunta il ministro dell'Economia spagnolo, Nadia Calvino, la quale, in un'intervista a El País, ha dichiarato che la Spagna non ha bisogno del Mes perché «al momento le condizioni del nostro Paese sono molto favorevoli, ci siamo finanziati a tassi negativi nelle ultime aste. Non abbiamo problemi ad andare sui mercati». Per finire con il ministro delle Finanze greco, Christos Staikouras che, in un'intervista televisiva, ha dichiarato che «la Grecia, sulla base degli attuali dati economici, non ha bisogno di indebitarsi col Mes». Allora di chi sono le impronte digitali sul Mes? Forse del nostro ministro Roberto Gualtieri, chi ci lavora alacremente con i suoi uomini sin dal primo Eurogruppo del 16 marzo? Ma perché proprio questi Paesi hanno subito dichiarato la sostanziale inutilità del Mes? Spagna (circa 41 miliardi di euro tra 2012 e 2013 per ricapitalizzare il settore bancario), Portogallo (circa 26 miliardi tra 2011 e 2014) e Grecia (142 miliardi dall'Efsf tra 2012 e 2014 e 62 dal Mes tra 2015 e 2018), assieme a Irlanda e Cipro sono stati finora gli unici clienti del Mes.La Spagna ha dovuto subire l'imposizione a luglio 2012 di ben 192 condizioni da rispettare - tutte relative alle norme regolatrici del settore bancario - per ottenere il prestito del Mes. Ancora peggio è andata al Portogallo, sul quale si è abbattuta, tra maggio 2011 e febbraio 2014, una tempesta di ben 1.993 condizioni da rispettare. Dal sistema fiscale, al contenimento dei costi della sanità, alla riduzione degli stipendi dei dipendenti pubblici, al mercato del lavoro. Tutta la vita del Paese è finita sotto le condizioni stabilite all'atto della stipula del protocollo d'intesa e delle successive revisioni.Va subito fatto notare che il protocollo d'intesa che sarà firmato tra gli Stati membri e la Commissione non conterrà nulla di tutto questo. Ammesso e non concesso che questa notevole torsione interpretativa delle regole del Trattato Mes regga allo scrutinio dei Parlamenti nazionali e della Corte di giustizia europea, è quindi vero che le condizioni poste in passato, già all'atto della concessione della linea di credito, non ci saranno nel caso della linea di credito per Covid-19.Invece sarà effettiva la cosiddetta sorveglianza post programma (Pps) prevista dall'articolo 14 del regolamento 472/2013. E la totale operatività viene confermata direttamente da Regling, nell'intervista all'Ansa rilasciata martedì: «Il sistema di allerta è previsto dal Trattato del Mes ma non ha nulla a che fare con le condizioni. Noi dobbiamo essere informati sulla situazione economica del Paese debitore e, come fa una qualsiasi banca, analizziamo la capacità di rimborso nei successivi 12 mesi e valutiamo il rischio di mancato pagamento. Quanto vi descrivo, c'è già da 10 anni. C'è l'esempio del Portogallo e ci comporteremo ugualmente».L'approfondimento del tema della «sorveglianza», che continuerà ad applicarsi, conferma i peggiori timori per l'Italia. La premessa è fondamentale: «Il Pps ha lo scopo di un ampio monitoraggio della capacità di rimborso dello Stato membro. Non ci sono condizioni di politica economica da rispettare, sebbene il Consiglio può raccomandare misure correttive, se ritenuto necessario ed adeguato». Ci sono state finora 12 missioni per la Spagna e 10 per il Portogallo. Gli uomini della Commissione e della Bce si insediano ogni 6 mesi per una settimana a Lisbona ed analizzano a fondo tutti i principali fondamentali macroeconomici del Paese. Tra questi, è centrale l'analisi di sostenibilità del debito (Dsa) eseguita dalla Commissione Ue. E qui c'è la trappola per noi. Già nella Dsa del 6 maggio scorso, la Commissione ha ritenuto il nostro debito sostenibile, sotto l'ipotesi che dal 2022 cominci un percorso di rientro con massicci avanzi primari. Basterà una Dsa non favorevole, magari a causa di un futuro governo che non intenda imporre ai propri cittadini tagli di spesa ed aumenti di tasse, e le «misure correttive» scatteranno come una tagliola.Ecco perché spagnoli e portoghesi appena sentono Mes scappano a gambe levate. Ma, ove anche tutto ciò fosse evitabile, resta da smentire la clamorosa bufala della convenienza. Osservando le ultime aste, il Mes spunta tassi più favorevoli rispetto a quelli italiani. Ma il Mes è un creditore privilegiato e per capire la differenza basta chiedere in banca un tasso per un mutuo senza garanzie e uno con ipoteca. Capirete da soli che con il Mes non si risparmia nulla, anzi. Ci sono fondati motivi per credere che il mercato possa offrire a un titolo italiano, portante le stesse garanzie concesse al Mes, un tasso molto vicino, se non inferiore, al tasso «da favola» offerto dal signor Regling che include anche il suo margine. A quel punto la «denuncia per danno erariale» bisognerà farla se il governo decidesse di chiedere il Mes, non il contrario, come improvvidamente dichiarato dal deputato Davide Faraone di Iv.